Elezioni Regionali, Lo Schiavo (Avs): «Ripartire dai territori, non da Roma, per un progetto comune»

  • Postato il 11 ottobre 2025
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Elezioni Regionali, Lo Schiavo (Avs): «Ripartire dai territori, non da Roma, per un progetto comune»

Il consigliere uscente Antonio Lo Schiavo (Avs), raddoppia i voti ma non ottiene la riconferma in Consiglio alle recenti elezioni regionali e lancia un appello al fronte progressista per i futuri appuntamenti elettorali, soffermandosi anche sui possibili risvolti al Comune di Vibo,


VIBO VALENTIA – Da un lato la soddisfazione per una affermazione personale molto positiva alle recenti elezioni regionali, dall’altro il rammarico per non aver centrato il bis anche per via del mancato raggiungimento del quorum da parte della lista, Avs, per la quale correva; Antonio Lo Schiavo – e non solo lui – lo aveva però fatto presente a tempo debito: troppi candidati vibonesi nell’area progressista avrebbero potuto impedire di avere un rappresentante in consiglio regionale. Così è stato e l’opposizione adesso si ritrova senza più rappresentanti locali, perdendo i due uscenti: lui e Mammoliti del Pd. Ma qualche sassolino, come vedremo, lo toglierà dalla scarpa anche con riguardo ad altri alleati. Ad ogni modo, dopo la cocente sconfitta elettorale della coalizione bisogna però ripartire e Lo Schiavo ha bene in mente qual è la strada da seguire.

Notaio, il dato che fa più specie è che lei hai ottenuto quasi il doppio dei voti della volta scorsa elezione ma non è stato eletto. Un paradosso?

«Sì, diciamo conoscendo bene la legge elettorale dico che è davvero pazzesca, nel senso che non premia la rappresentanza. Devi incastrare tutta una serie di fattori, tra cui lista, quorum, quozienti. Quello che potevo fare ho fatto, nel senso di aver raddoppiato i voti e devo dire anche che ho avuto un riscontro positivo sulla mia persona, perché quando fai il consigliere regionale hai uno storico: puoi salire come voti o scendere e questo è facile vederlo».

È stato il candidato del centrosinistra più votato a Vibo città. Anche qui un paradosso.

«Soprattutto se sei in Avs che ho portato al 10% della città di Vibo, facendola diventare prima forza politica del centro-sinistra. Non so dove il partito ha simili percentuali in Italia, forse in Toscana. In più siamo quasi  all’8%  nella provincia. Evidentemente la gente mi ha votato perché mi ha riconosciuto di avere operato bene sul territorio. Però poi conta sempre il risultato finale e in questo caso non conta nulla. Era meglio prendere mille voti ed essere eletto che non 4.200 e rimanere escluso. Tra l’altro, avevo presentato una proposta di legge per modificarla ma, ovviamente, non l’hanno presa neanche in considerazione».

Parla della sua affermazione personale ma forse è più grande il rammarico per aver lasciato un percorso a metà.

«Sì, molto rammarico e le dico anche di aver ricevuto tantissimi messaggi da parte di gente, anche  inaspettata, che mi ha riconosciuto un lavoro fatto e questo mi fa ancora più male. Un lavoro che non sono riuscito a completare e ricostruire in una prospettiva fra cinque anni ora è abbastanza complicato».

ELEZIONI REGIONALI, LO SCHIAVO: «SE MI FOSSI CANDIDATO NELLA LISTA DI TRIDICO SAREI SALITO»

Rammarico accentuato dal fatto che se fosse stato candidato nella lista di Tridico sarebbe entrato. Ma evidentemente i tempi non c’erano per via del suo recente passaggio in Avs. Insomma la mossa di Occhiuto ha spiazzato anche lei.

«Anche, sì. Se mi fossi candidato nella lista del presidente, e avrei potuto tranquillamente farlo, avremmo parlato oggi di un altro film in quanto avrei potuto fare il consigliere regionale. In realtà non faccio il consigliere regionale, mi sono caricato sulle spalle il peso di una scelta politica. Insomma, sono stato “vittima” di coincidenze un po’ sfortunate perché questo passaggio, avvenuto il 14 luglio scorso, era costruito a medio e lungo termine non certo così ravvicinato. A fine agosto le dimissioni di Occhiuto e quindi non c’è stato il tempo e le cose sono andate diversamente».

Abbiamo visto la “Caporetto” del fronte progressista in queste elezioni regionali dalla quale bisogna chiaramente ripartire: può essere Antonio Lo Schiavo una delle persone da cui farlo? Chiaramente lei mi risponderà che non spetta lei a dirlo, tuttavia visti i suoi risultati e la sua esperienza…

«Allora, io mi ritengo una persona molto leale. Avevo detto e ho sostenuto con lealtà Enzo Romeo sindaco, avevo presentato anche una lista di nomi quando tutti pensavano che in quel momento volessi candidare alla guida della città. Quello che dico poi faccio e la lealtà la dimostro con i fatti. Cosa farò oggi e quale sarà la battaglia politica che potrà riguardarmi nel futuro è troppo presto per dirlo. Di certo, voglio e posso dare una mano politica, nel senso che oggi penso sia giusto tenere in considerazione anche questo risultato elettorale che parla e dice che in questa città il sottoscritto ha un suo seguito importante e rappresenta una parte rilevante delle forze progressiste. Non voglio dire di essere il più votato, anche se lo sono, tra l’altro, però non mi si può non riconoscere esperienza, lucidità e serenità per poter costruire, non per distruggere, perché qualcuno vuole distruggere, io voglio costruire».

Senta, il campo largo continua a non portare risultati, non solo in Calabria. Secondo lei, bisogna ancora insistere su questa strada e, se sì, cambiare qualcosa, oppure  c’è un’alternativa?

«Intanto, bisogna valutare a seconda della tipologia di elezioni. Per le amministrative ad esempio valgono alcune regole e qui vi è anche la capacità di andare oltre l’appartenenza dei partiti come è avvenuto per Enzo Romeo che è riuscito a capitalizzare un voto che va al di là centro-sinistra, ma anche alle regionali è la stessa cosa. Per le future regionali e le prossime politiche bisognerà partire da un assunto: dare spazio ai territori, perché da Roma non hanno la reale percezione di cosa è la Calabria, e si ha la solita impostazione di decidere prescindendo e non conoscendo le realtà territoriali, andando quindi ad  imporre continuamente scelte col manuale “Cencelli” che poi molte volte si sconfiggono con la realtà».

Quindi, a suo giudizio, candidare Tridico è stato un errore? Meglio un amministratore del territorio?

«No, questa è stata un’eccezione. Questa elezione non fa testo per via di come è nata. Anzi, Tridico era l’unico che poteva tenere tutti assieme, al di là dei risultati elettorali. Io non vedevo altre candidature. Però, per il futuro queste vanno costruite per tempo mettendo in campo anche i soggetti che ci mettono la faccia. Non puoi pensare di stare a Roma, potendo essere nominato perché la legge elettorale ti blinda e ti fa fare il capolista. Spero, quindi, che le prossime elezioni politiche il capolista dei partiti sia gente che ci ha messo la faccia e si sia misurato con la realtà territoriale dove si ha un riconoscimento di rappresentanza. E vedrà che i risultati arriveranno. Ma se si pensa che sia sufficiente stare a Roma, mantenere il rapporto solo col segretario nazionale del partito, per poi venire qui e imporre la candidatura, non si andrà da alcuna parte. E i partiti arriveranno svuotati».

Parliamo in prospettiva: come vede il centro-sinistra sia a livello locale che a livello regionale da qua a cinque anni. Lei ha detto che servirà un salto di qualità superiore da fare per tempo, come avvenne qui a Vibo per Enzo Romeo, e non farsi trovare impreparati come in questa elezione.

«L’esempio di Romeo è lampante. Fra un anno e mezzo noi abbiamo un passaggio decisivo che sono le elezioni politiche. Bisogna lavorare già da ora per quell’appuntamento. Chiaramente abbiamo un Collegio molto difficile che va con Reggino, però anche questa volta il Vibonese deve cominciare a ragionare da subito sul candidato di coalizione, oltre che sui candidati che saranno imposti nei partiti. La domanda ha una risposta facile: bisogna lavorare ma anche avere la capacità costruttiva. Nei prossimi giorni proverò a contattare tutta una serie di persone che sono fuori dal mio partito ma che sono nella stessa scuola. In questo momento dobbiamo fare squadra, di non disperdere le potenzialità individuali, ma metterle in un ragionamento politico complessivo in cui ciascuno deve essere protagonista. Non siamo riusciti a farlo oggi, anche se ci abbiamo provato a disegnare un percorso. Vediamo se nel futuro questo almeno riusciamo a farlo, superando l’individualismo».

ELEZIONI REGIONALI, LO SCHIAVO AFFRONTA LA SITUAZIONE AL COMUNE DI VIBO

Comito ha detto che ci sono stati troppi candidati del vibonese a queste elezioni. Lei, e non solo lei, lo aveva affermato, seppur non pubblicamente, in precedenza. Resta dello stesso parere?

«Io ritengo che il Vibonese abbia fatto un errore in questo. Io avevo intravisto i rischi, e cioè che la frammentazione del voto anche nel centro-sinistra avrebbe portato a indebolire complessivamente il territorio, fermo restando che rispetto chi si è candidato, perché poi ciascuno è giusto che abbia le proprie ambizioni e poi perché sono di altre forze politiche».

Legittime le aspirazioni, però, ad un certo punto bisogna anche scontrarsi con la realtà.

«E forse c’è stata, come dire, una errata valutazione di come funzionano le Regionali che io invece ben conosco. Penso che non avere un consigliere di centrosinistra della città capoluogo sia un indebolimento anche per l’amministrazione comunale. E ritengo che una visione politica anche sulle Regionali poteva essere fatta, ma  mi rendo conto che poi si sono fatte delle scelte diverse e questo poi porta, oggi, a dover ragionare su un quadro sicuramente peggiore rispetto di quello di quattro anni fa. Un giudizio obiettivo, il giudizio obiettivo è che Vibo aveva due consiglieri regionali di centro-sinistra e oggi non ce l’ha, ferme le ambizioni legittime di ciascuno, molto probabilmente servirebbe volere un po’ più bene il nostro territorio».

Notaio Lo Schiavo, all’esito di queste elezioni regionali, secondo lei c’è bisogno di un cambiamento nell’amministrazione comunale?

«Il sindaco valuterà se e come farlo. Io non dico nulla perché penso, che tra l’altro, a caldo non bisogna fare niente. Togliere un assessore per metterne un altro con una casacca differente non penso sia la soluzione per avere una visione di città. Noi dobbiamo rafforzare la politica e poi c’è un dato che noi dobbiamo tenere conto: ci sono rapporti di forza in consiglio comunale che a volte non coincidono. Oggi a me non cambia nulla avere cinque consiglieri rispetto ad averne zero. Io do solamente un consiglio: rafforziamo politicamente l’ultimo baluardo che abbiamo che è l’amministrazione comunale e lavorare tutti assieme per raggiungere i migliori risultati possibili».

Ma quando vi riunirete in una interpartitica dirà ai suoi alleati “Ve l’avevo detto di non candidarvi così tanti”?

«No, non lo dirò perché non avrebbe più senso adesso. Lo avevo fatto nei tempi in cui bisognava dirlo, oggi sarebbe inutile. C’è però un giudizio oggettivo: Vibo aveva due consiglieri regionali di centro-sinistra e oggi non ne ha. Ferme le ambizioni legittime di ciascuno ma molto probabilmente servirebbe volere un po’ più bene il nostro territorio».

Secondo lei, l’amministrazione comunale, con questo voto, più che altro col voto dei cosiddetti “alecciani” può cominciare a traballare? La sua recente apertura forse era dettata dal fatto che aveva capito quale sarebbe stato l’andazzo. Che ne pensa?

«Secondo me non possiamo indebolire l’amministrazione comunale ma rafforzarla perché chi gioca allo sfascio oggi è un pazzo, uno che non conosce la politica. Se il sindaco vorrà il mio consiglio sarà ben lieto di darglielo. Bisognerà poi fare una valutazione politica a vedere come noi veniamo anche percepiti da parte dell’opinione pubblica, cioè dobbiamo fare in maniera intelligente un’analisi tutti assieme per capire cosa vogliono i cittadini vibonesi e, nel caso, come rilanciare se va rafforzata l’azione amministrativa».

E quindi bisognerà coinvolgere anche altri?

«Certo. Quando sarà il momento lo deciderà il sindaco ma dovrà farlo collegialmente anche con gli “alecciani” presenti. C’è bisogno di un tasso più alto di politica, chiarirci tra di noi e rilanciare un patto politico, programmatico, tenendo conto anche dei risultati elettorali delle regionali con risultati  anche di candidati che non impegnati nei partiti, come ad esempio Del Giudice che dovremo cercare di tirare dentro il progetto non escluderlo o parlare sempre agli stessi».

Lei un passaggio lo farà?

«Il prossimo sarà chiamare Tassone e Mammoliti perché io e loro, anche se non eletti, siamo parti di un contesto che deve viaggiare insieme in vista dei prossimi appuntamenti alle urne».

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