Elisabetta Sirani, una donna che diventò identità

  • Postato il 9 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Elisabetta Sirani è una donna, una pittrice e, ancora prima di tutto questo, una persona vissuta nel Seicento.

Cresciuta all’interno della bottega del padre, Giovanni Andrea Sirani, anche lui pittore, Elisabetta decide di voler fare la pittrice. Dapprima inizia come apprendista, poi diventa un’artista di importante fama.

Quello che Elisabetta fa di particolare — e così importante da rompere i costumi e le mode del tempo, soprattutto in riferimento al mondo femminile — è apporre la sua firma sulle sue opere, cioè sui suoi quadri o, meglio, sulle sue creature.

È stata la prima donna a firmare i propri quadri: qualche volta si è persino autoritratta con piccole immagini, come se fossero la sua firma.

Già: la sua firma, il suo nome, lei, la sua persona.

Elisabetta ha aperto la strada ad altre pittrici, ha dato la possibilità ad altre donne di affermarsi in questo mondo — quello della pittura e dell’arte — non più come presenze minori, ma come protagoniste delle arti maggiori.

Come la poesia. Come la pittura, appunto.

Tutto questo viene raccontato in uno spettacolo portato in scena da Martina Vianovi, intitolato La firma di Elisabetta.

Martina Vianovi lo ha scritto e lo interpreta.

Lo ha scritto, lo interpreta e ce lo mette davanti agli occhi: qualche volta con gentilezza, qualche volta con calma, altre con un ritmo fortissimo.

Altre volte, semplicemente, ce lo schiaffa in faccia e basta.

Le parole di questa drammaturga e attrice arrivano dentro, arrivano dritte, ti si imprimono nella mente.

E se sei donna, lasciano un segno profondo, scavano nei tanti anni in cui le donne non hanno potuto nemmeno firmarsi.

E se sei uomo, si posano da qualche parte della memoria, dove forse si può comprendere la storia dalla quale veniamo.

Questo è uno spettacolo nello spettacolo: musiche, luci, parole.

Una storia raccontata da un’unica persona, come del resto è stata un’unica persona — un’unica donna — a mettere la propria firma, inizialmente.

Una firma.

Quello che oggi chiamiamo logo.

Quello che racconta di noi, come un marchio, un segno riconoscibile, un gesto che ci rappresenta.

È il segno di un’identità, visibile o invisibile, ma sempre personale.

Oggi quel segno si chiama “tag”, si trasforma in un nome scritto sotto una foto, in una citazione, in un’immagine condivisa — spesso senza chiedere nemmeno il permesso.

Il nome: il nome di una persona, il nome di una donna, il nome dell’identità di una persona.

Prima ancora di essere un selfie.

Prima ancora di essere un video, un audio, una foto in un messaggio.

Prima ancora di essere gettata in pasto ai social.

Prima ancora di essere esposta — magari per aver avuto una relazione intima o sessuale con un uomo, o con chi si vuole.

Una firma.

Elisabetta Sirani non ha solo inaugurato ciò che oggi chiameremmo diritto di proprietà o royalties da depositare: ha sancito l’importanza della persona, dell’identità.

E non riconoscere questa identità è una violazione.

Darla per scontata è una violazione.

Mettere la propria firma su un quadro, su una lettera, su qualsiasi altra cosa, significa metterci un pezzo di sé.

E questo Martina ce lo racconta — e insieme a lei ce lo racconta Elisabetta.

Alla quale, tra le altre cose, è stato dedicato un cratere su Venere.

E quindi Elisabetta è su Venere: forse a firmarsi su un altro pianeta.

Chissà che anche lassù, magari, si possa portare con fierezza la propria identità, qualunque sia.

Autore
Panorama

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