Emergenza casa, a Milano è un diritto sotto sequestro

  • Postato il 28 aprile 2025
  • Di Panorama
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Milano cresce. Milano attira. Milano promette. Ma oggi, Milano non mantiene. E mentre l’ombra lunga delle inchieste urbanistiche, che da due anni tiene la città in stallo, centinaia di famiglie che hanno già sborsato cifre ingenti per il proprio immobile si ritrovano senza nulla tra le mani. A Milano, oggi, nemmeno pagare garantisce il diritto alla casa.
Il Comitato famiglie sospese, nato nei mesi scorsi per sopperire all’inerzia politica, ha stimato in circa 14.500 i nuclei familiari coinvolti dall’emergenza abitativa. «È un numero che purtroppo ci aspettavamo» spiega Filippo Borsellino, portavoce del Comitato «perché da mesi raccogliamo dati, testimonianze, contratti e storie. E la dimensione di questo dramma è evidente». Secondo il Comitato, 1.625 sono gli appartamenti «bloccati». Ma includendo i progetti fermi in Comune che non rilascia più autorizzazioni per paura, il numero delle famiglie già coinvolte sale a 4.167. Considerando invece tutti gli immobili con almeno una delle problematiche contestate dalla Procura – inclusi quelli con lavori conclusi da meno di quattro anni o già contrattualizzati – si arriva a 14.481 famiglie che non hanno più la certezza della propria casa, per un totale di oltre 39 mila persone. Una situazione kafkiana.

C’è per esempio la storia di Lucia, 35 anni in via Savona, zona Navigli-Giambellino-Lorenteggio. Qui, dove un tempo aveva sede la Osram, dovrebbe essere costruita una nuova palazzina residenziale che potrebbe migliorare l’intera zona, valorizzando il quartiere. Il cantiere però è fermo. «Non è una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività, ndr), ma un progetto di riqualificazione con compensazione di oneri: edilizia residenziale sociale, un parco, una palazzina multiservizi per il Municipio» racconta Lucia, spiegando quello che è il cuore dell’inchieste dei magistrati milanesi. I dirigenti di palazzo Marino sono accusati di aver concesso in questi anni autorizzazioni a costruire come semplici ristrutturazioni e non come interventi edilizi ben più gravosi che avrebbero richiesto un altro iter autorizzativo.
«Il calvario sta andando avanti da ormai due anni. La convenzione con il Comune l’hanno firmata, ma l’autorizzazione vera non arriva mai» spiega la nostra interlocutrice. È uno dei tanti acquirenti bloccati nei meandri della burocrazia e della paralisi politica, con due figli e un cane. Ha già versato più di 200 mila euro per la casa tanto desiderata.

«Prima eravamo in affitto, poi siamo stati un anno e mezzo ospiti dai suoceri in un bilocale. Ci hanno sfrattati, ci siamo guardati attorno per comprare» continua. «Una quotidianità precaria, fatta di valigie e compromessi. «Io ci spero ancora. Mio marito ha perso fiducia. Ora spero in un intervento legislativo. Solo la politica può sbloccare la situazione».
Ma l’ormai famoso Decreto Salva Milano è impantanato. Si parla di possibili accordi tra costruttori e Procura, con la mediazione del sindaco, ma sembrano proposte fumose. «Sala non si è mai preso le sue responsabilità. Dice che hanno fatto tutto giusto, ma poi appena imagistrati si sono mossi, ha cambiato opinione. Ma se era tutto giusto, perché ha deciso di cambiare?» si domanda con amarezza Lucia. E aggiunge: «Ha fatto il furbo. Vuole finire il mandato pulito per poter scendere in politica a livello nazionale».

Sono 150 i cantieri congelati dalle indagini. «Quando tutto si è bloccato nel 2022, noi siamo stati lasciati soli dalle istituzioni» ricorda Filippo. Con altri è stato uno degli organizzatori del comitato: «È una bella realtà nata spontaneamente e che riempie un vuoto. Siamo cittadini normali. Quando abbiamo firmato per queste case nessuno pensava che potessero essere contestate dalla Procura». La situazione è insostenibile. «Tanti di noi ci hanno messo i risparmi di una vita. C’è gente che ha comprato per stare vicino ai nipoti. Nessuno ci ridarà quel tempo perso». Anche perché, insiste, noi «non abbiamo comprato di nascosto, questi progetti erano ovunque, sponsorizzati online e in città. Non c’era alcun segnale che qualcosa non andasse».

Le storie sono migliaia. «Abbiamo verificato che ci fossero tutti i documenti necessari e abbiamo fatto un preliminare» racconta Simona. Anche lei ha investito in un progetto immobiliare. Tutto sembrava procedere per il meglio, nonostante le cifre: «Abbiamo sostenuto tanti costi e poi è iniziato l’incubo dopo l’estate dello scorso anno». A settembre, la prima amara sorpresa: «Siamo andati a controllare i lavori… non partivano. Hanno cominciato a uscire le notizie sui giornali, quindi è cominciata una grande apprensione». Il motivo? «Avevano fatto un’interruzione del cantiere preventiva, perché probabilmente c’erano già delle indagini». Poi, la svolta: «A novembre è arrivato il sequestro e da quel giorno non abbiamo più saputo nulla».

Nel frattempo, gli acquirenti sono stati messi davanti a una scelta: «Ci hanno chiesto se volessimo rimanere nel progetto oppure no». La società si è detta disposta a trattare: «Si sono resi disponibili a trovare un accordo per poter andare avanti, perché loro vorrebbero». Ma serve qualcosa di più: «Ci deve essere la volontà, anche politica, di trovare un compromesso per sbloccare questa situazione». Il nodo resta anche economico: «La società non restituisce le somme, quindi dobbiamo aspettare la risposta del tribunale». E nel frattempo, una cinquantina di famiglie resta nel limbo. La gestione della crisi da parte delle istituzioni ha lasciato l’amaro in bocca: «La politica come mi è sembrata? Se ne sono un po’ lavati le mani, anche il sindaco».

«Una soluzione piena è quello che voglio» dice Simona. Come lei Elena, che è una delle tante persone che hanno acquistato un appartamento tramite una cooperativa edilizia a Milano, ma la sua storia, pur meno drammatica rispetto ad altre, racconta di una lunga attesa fatta di promesse disattese e silenzi istituzionali.
«La casa dovevo acquistarla attraverso la cooperativa, come tanti. Ho comprato in via Ripamonti (zona sud della città, ndr)» spiega. Una scelta condivisa con molti altri cittadini, convinti di poter ottenere un’abitazione a condizioni favorevoli. Ma le cose sono andate diversamente. «Quando ho firmato il compromesso, doveva essere pronta a giugno 2026, ma alla fine è stata bloccata».

I problemi sono nati a livello progettuale. «Il progetto iniziale prevedeva una casa di otto piani, ma non rientrava nei parametri. Poi hanno fatto la variazione abbassando l’edificio a sette, ma il Comune non ha dato risposta. È tutto fermo».
Nonostante le proteste davanti a Palazzo Marino e un timido movimento della cooperativa, la situazione resta in stallo. «La società si è attivata. Hanno detto che i lavori forse partiranno a settembre, ma non finiranno in tempo».
Nel frattempo, per molte famiglie è iniziato un calvario. «La cooperativa ha spiegato che potrà restituire le somme solo una volta trovato un nuovo acquirente. I miei vicini di casa volevano tanto la mia casa perché hanno tre bambini e puntavano ad allargarsi; quindi, ho fatto un compromesso con loro. Ma adesso rischio di restare senza casa se l’altra non mi verrà consegnata in tempo».
Il comitato ha avuto un ruolo fondamentale. «Non solo il mio progetto è fermo: anche in altre zone, come in via Erice, nel quartiere Vigentino, la situazione è identica. La cooperativa ha dovuto restituire i soldi a chi ha chiesto di uscire».
Ora, Elena spera in una svolta. «Il Comune ha riaperto gli uffici, quindi i progetti dovrebbero essere approvati a breve. La mia speranza è che i lavori partano dopo l’estate».

Milano oggi è anche una città che espelle i suoi stessi abitanti. Oltre la metà dei cittadini dichiara meno di 26 mila euro lordi all’anno. E con un salario netto medio da operaio di 1.360 euro al mese, si può sognare di comprare – forse – 19 metri quadrati. Uno sgabuzzino con bagno in comune. O poco più.

Fuori Milano non va meglio. I Comuni abbordabili per chi guadagna 1.500 euro lordi al mese sono quelli più difficili da raggiungere, con mezzi pubblici inefficienti e pendolarismo estremo. Affitti, trasporti, tempo di viaggio: una combinazione micidiale che può arrivare ad assorbire fino al 60 per cento dello stipendio netto. E così si cercano rifugi nei luoghi più impensabili. Cantine, garage, negozi abbandonati. Lì, in 14 o 18 metri quadri, si concentrano intere vite. Ma nel centro di Milano si affittano anche monolocali da 14 metri quadrati a 750 euro al mese. Dietro i dati freddi del rapporto Oca (Osservatorio casa abbordabile) – che raccontano di salari che crescono del 10 per cento mentre gli affitti aumentano del 45 per cento – ci sono storie come queste.

La realtà è una città che vive un deficit abitativo del 256 per cento, con solo tremila nuove case costruite l’anno contro un fabbisogno di quasi diecimila. «È una follia totale» conclude Lucia. «Per soddisfare la domanda di alloggi a Milano devi andare in verticale, sostenibile, con zone verdi e servizi. Sennò servirebbero 180 chilometri quadrati in più! Noi siamo le vittime» conclude «ma è un fenomeno sociale: i miei colleghi più giovani, se non sono ricchi di famiglia, non compreranno mai casa. Hanno bloccato la locomotiva d’Italia». E come dargli torto? Oggi Milano è una città che brucia talento e lavoro, che accoglie i capitali ma respinge i cittadini. Ormai, avere un tetto è un privilegio.

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Panorama

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