Eugenio Giani, il granduca di Toscana che ha piegato Elly Schlein

  • Postato il 30 agosto 2025
  • Di Panorama
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Il suo ultimo travestimento è spettacolare: Eugenio Giani è diventato grillino. Pur di cementare la fragile alleanza con il Movimento 5 stelle ha cominciato a ripetere in pubblico strane parole come «rottura», «rinnovamento», che a fine agosto in bocca al più mellifluo e consolatorio rappresentante dell’establishment toscano suonano fesse come i rintocchi d’una campana crepata. Lo fa per non perdere le Regionali del 12 ottobre (sarebbe la prima volta nella storia della sinistra), lo fa per rimanere incollato alla poltrona di palazzo Strozzi Sacrati per altri cinque anni, lo fa per continuare a praticare lo sport nel quale è campione mondiale: muoversi stando fermo.

«Con il sostegno dei 5 stelle lavoriamo alla costruzione di un campo largo che guardi alla Toscana come a un modello vincente», va salmodiando da quasi un mese a ogni festa patronale, ogni sagra della porchetta, ogni inaugurazione di campo da pádel, ogni comparsata in Versilia con costume ascellare e ghiacciolo alla menta. Con la consueta emolliente bonomia ma con sempre meno convinzione. Poiché qualcosa da Machiavelli ha preso (almeno il consiglio «Tieniti gli amici vicino e i nemici ancora più vicino»), in cuor suo il governatore sa che di quell’alleato è meglio non fidarsi. Giuseppe Conte gli ha fatto sapere che «Giani è un’ipotesi che non scalda i cuori». E nonostante il mini-referendum web favorevole (60 per cento per l’accordo), la base dei pentastellati non lo vuole.

I grillini duri e puri, risultato della mutazione genetica postmarxista, percepiscono il Giani come un democristiano sopravvissuto alla fine dei dinosauri e gli hanno fatto la guerra per un quinquennio su sanità, trasporti, industria. Contro l’ampliamento dell’aeroporto e contro il tunnel dell’Alta velocità a Firenze, contro ogni infrastruttura possibile, contro gli insediamenti industriali, in questo supportati da stilisti e cinematografari radical con cascinale fra i cipressi, l’altra categoria dello spirito dalla quale l’Eugenio «uscente e rientrante» vorrebbe stare alla larga. Ma non può, sono tutti amici di Elly Schlein, la sera sul patio suonano Cocaine con lei alla Fender. «Con un risultato non inferiore a Eric Clapton», esagererebbero – signora mia – Alessandro Michele e Alba Rohrwacher.

Il governatore non si preoccupa perché questi se li è già messi in tasca con due colpi di teatro andreottiani. Ha fatto approvare al fotofinish la legge regionale sul fine vita, primo in Italia, ottenendo l’ovazione del progressismo alle vongole e costringendo Giorgia Meloni a impugnarla. E ha intimato lo stop ai rapporti istituzionali con Israele, schierando il consiglio regionale pro Pal in nome della vecchia militanza socialista. «Nel 1981 ero coordinatore dei giovani socialisti e incontrai Arafat a Beirut, occhi di ghiaccio e assoluta dedizione per il suo popolo», ricorda al Corriere della Sera la vecchia volpe con malinconico trasporto. Poiché non si trascorrono 35 anni (dei 66 totali) in politica senza imparare la mossa del cavallo, così Giani si è guadagnato la ricandidatura, semplicemente impedendo alla pivella Schlein di farlo fuori.

Forte della classifica del Governance Poll-Sole 24 Ore (quarto assoluto per stima, primo a sinistra) e dei sondaggi che lo danno vincente al primo turno (55-59 punti) sul possibile rivale di centrodestra Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia, praticamente s’è autoimposto al Pd per «fatto compiuto». Ed Elly ha abbozzato anche se l’identikit del candidato è l’esatto contrario del campione gruppettaro: giacche demodé, cravatte larghe da Fred Bongusto, presenzialismo compulsivo, capello bianco cotonato tendente all’azzurro, trasformismo novecentesco, la politica delle strette di mano assurta a dogma come ai tempi di Amintore Fanfani. In più riesce ad anestetizzare i problemi. Dopo l’accordo con i grillini rischia di perdere i centristi (Italia Viva, +Europa) ma lui sviolina: «Voglio far sentire a tutti uno spirito di coalizione, dalle forze riformiste fino alla sinistra, non più attraverso logiche bilaterali, ma attraverso una logica collettiva».

Avvocato nato a Empoli con gli antenati di San Miniato, vive a Sesto Fiorentino con la famiglia (moglie e due figli) e se non fosse un politico sarebbe uno storico alla Alessandro Barbero, per quanto è appassionato di storia medievale e contemporanea (ex presidente della Società dantesca e di Casa Buonarroti), con tanto di tomi pubblicati e verve narrativa. Giani non può non essere furbo e avveduto, essendosi fatto le ossa nello studio legale di un gigante della Prima repubblica come il grand commis Alberto Predieri. E non può non essere popolare nei bar, essendosi impegnato a evitare la radiazione (era il 2002) della Fiorentina fallita, con la cessione del titolo sportivo alla famiglia Della Valle.

Socialista lombardiano con Riccardo Lombardi, fedelissimo di Valdo Spini, riformista con Ottaviano Del Turco, dem renziano con Matteo Renzi, aderisce alla realtà del momento come carta da parati e fa carriera: cinque volte consigliere comunale a Firenze, presidente del Consiglio regionale (primo eletto con 10.500 preferenze nel suo collegio) e finalmente governatore nel 2020. Una volata da grande surfista con un neo per i piddini più sinistri: nel 2012 è fra i quattro moschettieri che, contro le indicazioni del partito, hanno supportato la mozione di Forza Italia per intitolare una via di Firenze a Bettino Craxi (respinta). Forse per questo a nessuno è mai venuto in mente di candidarlo a sindaco della città dell’Alighieri, suo sogno nascosto.  

Questo per il passato. Sul presente valgono due soprannomi illuminanti: «Bagnomaria» per definire il suo immobilismo cosmico da amministratore col fazzoletto rosso, e «il Tartina» per enfatizzare il suo esibizionismo da buffet. Non ne manca uno neppure per sbaglio, a costo di massacrare i collaboratori: «In questa estate pre-elettorale ha già piantato le bandierine in tutti i 273 comuni della Toscana, ora sta finendo il secondo giro. Poi passerà alle frazioni». Un modo come un altro per pareggiare i conti: immobile con le idee, bulimico con il contachilometri. Re della stretta di mano, Giani diventa immaginifico quando riesce a centrare anche quattro eventi in una sola giornata. Un trattato vivente di ubiquità, una pallina da flipper, uno Zelig iperattivo, capace di passare dall’inaugurazione di un passaggio a livello all’aperitivo letterario alle Serre Torrigiani, dalla sagra del maccherone a Roccastrada in Maremma al calcio d’inizio di un’amichevole a Foiano in Valdichiana. Sette giorni su sette.

Per capire il personaggio basterebbero le foto ricordo che Dagospia si diverte a pubblicare chiamandolo «il Biden di Sesto Fiorentino». Lui sul Lungarno conciato come un canottiere in Momenti di gloria per il tuffo del primo dell’anno. Lui al Palio di Siena mentre indica le mucche. Lui in versione Jannik Sinner con un enorme racchettone. Lui che nuota in piscina o inaugura una pista d’atletica mimando il Salto in alto. Lui operaio nel cantiere e volontario della Protezione civile mentre spala durante l’alluvione. Lui infermiere nel nuovo reparto d’ospedale. Lui con Carlo Conti a una partita di calcio fiorentino. Lui con Sergio Mattarella. Lui con Vasco Rossi. Lui che a un happening sorseggia un “Giani tonic”, facendo tintinnare il ghiaccio in un bicchiere con impressa la sua faccia.

L’Eugenio «faccio cose» pervade Facebook, inonda Instagram; autista sul bus, manovale con la carriola, contadino sul trattore nella battaglia del grano. In politica si guadagnano punti così non da oggi. Per lui, ragazzo da festa dell’Avanti con la stretta di mano elettrica, è stato facile impararlo. Da super-boomer che ha nel mirino i millennials, non si fa mancare neppure il meme cliccatissimo dai teenagers su Instagram: «È quasi magia Giany», copiato da un cartone giapponese. Oggi è diventato grillino. «Con loro il campo sarà larghissimo», applausi alla festa della polenta fritta di Fivizzano. Quando torna il silenzio il Tartina non c’è più, già sbilanciato verso la prossima sagra elettorale. Che vita. E che fianchi.

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Panorama

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