Europa contro le Big Tech Usa: la sfida per la sovranità digitale

  • Postato il 10 settembre 2025
  • Di Panorama
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Per alcuni è una questione di pancia. Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Elon Musk e i loro colleghi dell’hi tech Usa sono diventati antipatici, soprattutto dopo le genuflessioni davanti al presidente Donald Trump, così cattivo con noi europei. Certo, sono imprenditori geniali, ma troppo ricchi e troppo potenti: non ne possiamo più! Per altri l’ostilità ha motivazioni razionali: sarà vero, come sostiene Washington, che compriamo pochi prodotti “made in Usa”, ma è altrettanto vero che in campo digitale le varie Amazon, ChatGpt, Google, Meta e Microsoft dominano il nostro mercato.

Un continente dipendente da Big Tech

Basta accendere uno smartphone e un pc per rendersi conto che quasi tutte le applicazioni e i programmi che utilizziamo sono americani. Motori di ricerca, mappe, social, Intelligenza artificiale, tutti gestiti da colossi che succhiano una gran fetta degli investimenti pubblicitari, spesso violando le leggi antitrust e pagando poche tasse.
Del resto, il Vecchio continente ha giocato un ruolo secondario nello scenario digitale, dipendendo dalle aziende con sede oltreoceano e limitandosi a regolamentare e a proteggere la privacy. L’Unione europea ha tentato di riequilibrare la situazione introducendo una tassa sui servizi digitali, un provvedimento che avrebbe costretto giganti come Google e Amazon a pagare imposte nei Paesi dove effettivamente generano profitti, anziché sfruttare la rete dei paradisi fiscali. Una battaglia che ha immediatamente attirato le ire degli Stati Uniti. Washington ha risposto brandendo la minaccia di dazi commerciali e sanzioni, innescando un braccio di ferro in cui l’Europa è uscita sconfitta con la coda tra le gambe.

Un’infrastruttura vitale nelle mani Usa

Il problema è che la dipendenza europea da Big Tech ha assunto negli anni i contorni di una subordinazione capillare: scuole, ministeri, ospedali e imprese utilizzano sistemi Usa per operare, archiviare dati, comunicare. Non solo la nostra vita digitale, ma un’intera infrastruttura vitale è nelle mani di aziende che rispondono a logiche politiche e giuridiche extraeuropee.
L’episodio del blocco dell’account Microsoft della Corte penale internazionale, verificatosi in febbraio, è stato un campanello d’allarme che ha risuonato in tutta Europa: Microsoft, in quanto azienda con sede negli Stati Uniti e quindi soggetta alle leggi del suo Paese, ha dovuto rispettare l’ordine del governo di bloccare l’accesso al servizio di posta elettronica e ad altri dati del tribunale, che erano ospitati sui suoi server.
Questo evento ha sollevato preoccupazioni sulla sovranità digitale e sulla dipendenza delle istituzioni internazionali da fornitori tecnologici extra-europei.

Le prime risposte europee

Forse è venuto il momento di cercare delle alternative europee ai servizi Usa. Un segnale interessante è arrivato dalla Danimarca, che ha scelto di ridurre progressivamente l’uso dei prodotti Microsoft per abbracciare soluzioni open source come Linux e LibreOffice. Non è stata una scelta dettata dal risparmio, ma una decisione strategica, un chiaro segnale politico. La motivazione è la sovranità digitale: la necessità di un Paese di avere il controllo sulle proprie infrastrutture critiche, riducendo la pericolosa dipendenza da fornitori che, in caso di tensioni geopolitiche, potrebbero bloccare l’accesso a dati e servizi essenziali.
La Danimarca non è sola. La Francia spinge per l’adozione di cloud sovrani, e anche Olanda e Germania hanno manifestato l’intenzione di muoversi nella stessa direzione, riconoscendo che la sicurezza e la privacy non possono più essere delegate a un software che non si controlla.

Nextcloud, Proton e le alternative al dominio Usa

Ma si può davvero sostituire l’infrastruttura tecnologica americana senza sacrificare l’efficienza e la qualità? La risposta è in parte positiva, perché in alcuni campi l’Europa può già offrire un ecosistema di aziende specializzate, ciascuna eccellente nel proprio campo, che insieme possono offrire un’alternativa competitiva a Microsoft o a Google. Ma non in tutti i settori.
Nei software per la produttività, per esempio, Nextcloud, un’azienda tedesca, ha trasformato il cloud storage in una piattaforma collaborativa completa che sfida Microsoft 365, offrendo non solo un’ottima suite office e un sistema di videoconferenza, ma soprattutto la possibilità di mantenere il pieno controllo sui dati, installando il tutto sui propri server. A questo si aggiungono la suite Onlyoffice, dalla Lettonia, celebre per la sua compatibilità con i formati Microsoft, e l’ecosistema di Proton, dalla Svizzera, che offre email e cloud storage mettendo la privacy al centro.

Qwant, Ecosia e la sfida a Google

Anche per i servizi che usiamo ogni giorno, esistono alternative robuste. Per la ricerca, la sfida a Google non si gioca solo sulla potenza dell’indicizzazione, ma sulla tutela della privacy. Qwant, dalla Francia, garantisce ricerche private senza tracciare gli utenti, mentre la tedesca Ecosia usa i profitti per piantare alberi, offrendo un’esperienza d’uso che ha un impatto positivo sul pianeta.

Navigazione e mappe europee

Nel campo della navigazione battere Google Maps non è facile, vista la sua integrazione con le informazioni di Google, ma esistono prodotti europei affidabili: Here WeGo, nata in Germania, è di proprietà di un consorzio di case automobilistiche europee e offre mappe proprietarie e navigazione di alta qualità, con l’indicazione di negozi e servizi; TomTom GO Navigation, dall’Olanda, è famosa per la sua accuratezza sui dati del traffico; e la slovacca Sygic offre un’ottima esperienza di navigazione, specialmente per chi cerca funzionalità offline. Senza dimenticare l’immensa comunità di OpenStreetMap, che alimenta navigatori come OsmAnd.

L’Europa nell’intelligenza artificiale

E nel settore in rapida evoluzione dell’Intelligenza artificiale generativa, l’Europa non è rimasta a guardare. La start-up francese Mistral ha rapidamente conquistato la scena internazionale con i suoi modelli linguistici ad alte prestazioni, che competono direttamente con quelli di OpenAi di Sam Altman. La tedesca Aleph Alpha, con il suo modello Luminous, si distingue per una caratteristica cruciale: la «spiegabilità», ovvero la capacità di mostrare all’utente le fonti esatte che hanno contribuito a generare una risposta, un aspetto fondamentale in settori sensibili come quello medico o legale.

L’e-commerce europeo prova a resistere

Anche nel mondo dell’e-commerce, l’Europa ha i suoi campioni, seppur più piccoli e meno generalisti di Amazon e dei gruppi cinesi come Aliexpress. Zalando, la piattaforma tedesca per la moda, offre un servizio clienti impeccabile e un’offerta vastissima. La polacca Allegro è un leader nel suo mercato e si sta espandendo, mentre in Italia realtà come ePrice nell’elettronica e Yoox nel lusso e nella moda offrono alternative specializzate.

I limiti insormontabili: social e YouTube

Nonostante i progressi, esistono però settori in cui la supremazia dei giganti Usa è inattaccabile. La sfida più grande non è tecnologica, ma umana, legata all’«effetto rete». Piattaforme come Facebook e Instagram non sono semplici servizi, ma veri e propri ecosistemi sociali, dove si sono formate comunità, si sono costruiti legami e si sono sviluppate intere economie. Replicare la vastità e la pervasività dei social di Meta, diventati un tessuto connettivo per intere comunità locali, è una sfida quasi impossibile.
Lo stesso vale per YouTube. Sebbene Dailymotion, l’alternativa francese, abbia un modello simile, e PeerTube offra una soluzione decentralizzata, nessuna delle due ha raggiunto il potere di YouTube di creare un’economia di «creator» e di influenzare la cultura popolare. L’algoritmo di raccomandazione di YouTube, che tiene gli utenti incollati allo schermo per ore, e la sua base di utenti sterminata rappresentano una barriera all’ingresso che è quasi insormontabile.

L’unica strada possibile per l’Europa

Il sogno di un «Google europeo» o di un «Amazon europeo» è una chimera che non prenderà mai vita.
La vera via per l’Europa è diversa: costruire un ecosistema plurale, composto da molte realtà specializzate e integrate.
Probabilmente vedremo nascere un ambiente dove Nextcloud, Proton, Mistral, Zalando ed Ecosia potranno convivere e prosperare, offrendo ai cittadini europei un’alternativa concreta ai giganti americani. La sfida è appena cominciata.

Autore
Panorama

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