Evasione, FdI brinda per i “buoni risultati”. La Relazione del Mef dice che il nero è risalito sopra i 100 miliardi

  • Postato il 9 novembre 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“La lotta all’evasione fiscale sta producendo risultati concreti: oltre 11 miliardi di euro in più recuperati nei primi nove mesi dell’anno sono la prova che l’azione del governo è efficace e credibile”. È domenica mattina e il senatore Nicola Calandrini, presidente della Commissione Bilancio e volto economico di Fratelli d’Italia, saluta con toni trionfalistici presunti “dati diffusi oggi dal Ministero dell’Economia”: si tratta in realtà del Bollettino sulle entrate tributarie pubblicato dal Dipartimento Finanze mercoledì 5 novembre, stando al quale il gettito da accertamento e controllo nei primi nove mesi dell’anno è salito di 1,1 miliardi. Un numero che nulla dice sull’ammontare dell’evasione. Ma Calandrini lo rispolvera non per caso: è la contro-narrazione con cui FdI ha scelto di rispondere ai dati della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, di cui diversi giornali danno conto oggi anche se è stata pubblicata il 30 ottobre e Il Fatto ne ha rivelato i contenuti il 16 ottobre.

L’esponente meloniano sostiene i numeri “confermano che si può essere vicini ai contribuenti onesti e inflessibili verso chi evade”, a dimostrazione dell’efficacia dell’azione del governo Meloni. Ma il documento approvato a metà ottobre dalla commissione di esperti indipendenti nominata dal ministero dell’Economia e presieduta da Nicola Rossi racconta una storia molto diversa. Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili i dati completi di contabilità nazionale, l’evasione fiscale complessiva è tornata sopra i 100 miliardi di euro: 90 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,5 di contributi non versati. Dopo la discesa registrata nel biennio pandemico, nell’anno in cui Giorgia Meloni è entrata a Palazzo Chigi – e ha approvato la sua prima manovra infarcita di condoni – il nero ha rialzato la testa. È vero che in termini percentuali il “tax gap”, cioè la distanza tra il gettito potenziale e quello effettivamente incassato, si riduce leggermente dal 18,4 al 17%, ma in valori assoluti l’importo evaso è cresciuto e resta oltre il livello obiettivo fissato dal Pnrr (16,6% nel 2024). Non solo: il ricalcolo delle vecchie stime alla luce della revisione Istat dei conti nazionali fa salire anche le percentuali di evasione relative al passato. Il tax gap del 2020 passa dal 17 al 18,7%, quello del 2021 dal 15 al 17,6%.

La commissione riconosce che nel lungo periodo la propensione a evadere ha conosciuto una “rilevante contrazione”, con una riduzione “pari a circa un terzo rispetto al picco osservato nei primi anni del secolo e di poco meno di 3 punti percentuali nell’ultimo quinquennio”, ma evidenzia anche aree di peggioramento significative. In particolare, è salita l’evasione sugli affitti (+2,3% rispetto al 2021) e sull’Ires, l’imposta sugli utili delle società, due segmenti che insieme rappresentano un quarto del gettito potenziale. Sul fronte Irpef, la propensione a evadere dei lavoratori autonomi e delle partite Iva resta altissima: pur impiegando una nuova metodologia che riduce la stima della quota sottratta all’erario rispetto alla cifra attesa rispetto al 67% stimato nella precedente edizione, la Commissione calcola un tax gap medio del 61,5% tra 2018 e 2022, pari a oltre 35 miliardi l’anno. Un dato, va ricordato, che non tiene conto degli 1,8 milioni di contribuenti che hanno optato per la flat tax, esclusi da queste statistiche perché non versano l’Irpef ma una imposta sostitutiva. Anche il capitolo dedicato a chi dichiara ma non versa mostra un peggioramento: nel 2022 i mancati pagamenti sono saliti a 14,8 miliardi, sopra i livelli pre-Covid.

Quanto alle cause del miglioramento registrato sul fronte dell’Iva (28,9 miliardi di mancati versamenti contro una media 2018-2022 di 29,3) e Irap (3,6 miliardi contro 4,7 di media quinquennale), la Commissione lo attribuisce ai processi di digitalizzazione – fatturazione elettronica, scontrino online, tracciabilità – avviati ben prima del governo Meloni e consolidate nel periodo 2018-2021.

Per il governo, dunque, non c’è da festeggiare. Il tax gap resta uno dei più alti d’Europa, la riscossione arranca e la Commissione Ue, nel suo rapporto 2024 sull’evasione Iva, ha già segnalato per l’Italia un peggioramento nel 2023, primo anno pieno di esecutivo Meloni. Esecutivo che al 9 novembre non ha ancora pubblicato l’annuale Rapporto del Mef sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, quello che deve quantificare le eventuali maggiori entrate permanenti utilizzabili per rimpinguare il Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Che il prossimo anno, come anticipato dal Fatto, non sarà alimentato perché “non si sono verificate le condizioni“.

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Il Fatto Quotidiano

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