F1 | “Materiali PCM? Fumo negli occhi, non un opzione al momento” – Brembo risponde ai rumors – ESCLUSIVA
- Postato il 10 giugno 2025
- F1 Analisi
- Di F1ingenerale
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Al GP di Barcellona abbiamo incontrato Andrea Dellavedova, ingegnere di pista di Brembo che ha approfondito il tema dei materiali PCM.
Il paddock di Formula 1 è sempre in movimento e alla ricerca del segreto delle prestazioni delle monoposto avversarie. Tra innovazioni sottopelle e modifiche aerodinamiche, molte di esse passano inosservate per la loro “semplicità” alla prima visione. Tra queste, si vociferava fossero presenti i materiali PCM, che abbiamo approfondito con Andrea Dellavedova, ingegnere di pista di Brembo.
La stagione 2025 di Formula 1 sta vivendo un dominio quasi assoluto della McLaren MCL39. Una monoposto che ha stupito tutti al debutto, tra soluzioni estreme e design aggressivo di numerose componenti. Tra tutte lo schema sospensivo che presenta geometrie anti-dive e anti-squat molto accentuate. Con il passare dei giorni però l’occhio si è soffermato sul particolare disegno dei cestelli freni, caratterizzati da una gestione fluidodinamica estremamente articolata.
Impianto frenante che ha poi ricevuto il focus centrale di molti degli addetti ai lavori e giornalisti. Da quel momento sono iniziate a circolare numerose ipotesi, fino ad arrivare alla teoria dei materiali PCM. Tuttavia, il vero segreto McLaren sembra risiedere in un’altra aera, che abbiamo scoperto in esclusiva.
Brembo, principale fornitore di materiale per gli impianti frenanti dei team di Formula 1, ha risposto alle nostre domande nel corso del GP di Barcellona. Intervistato da F1inGenerale, Andrea Dellavedova ha chiarito uno dei temi che hanno animato il paddock di F1.
“È difficile, al momento non stiamo studiando niente – commenta l’ingegnere Brembo sui presunti PCM – questo perché dobbiamo garantire una certa rigidezza strutturale. Quello che facciamo però è cercare di lavorare su geometria e raffreddamento, quindi fluidodinamica, ovviamente in collaborazione con il team”.
“Il lavoro è comunque fatto a quattro mani, unendo i nostri studi con quelli dei team, per andare incontro alle esigenze delle varie squadre. Serve un’ottima coordinazione tra le parti, perché tutta la parte delle prese d’aria è disegnata dai team e tutto deve alimentare bene d’aria i nostri dischi.”
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