Famiglia nel bosco, il papà sfida le toghe: "Riporterò i miei figli a casa"

  • Postato il 23 novembre 2025
  • Italia
  • Di Libero Quotidiano
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Famiglia nel bosco, il papà sfida le toghe: "Riporterò i miei figli a casa"

È andato (metaforicamente) in fiamme il bosco di Palmoli dove, fino a qualche giorno fa, viveva la famiglia Trevallion. La mamma Catherine e i tre figlioletti di 6 (due gemelli) e 8 anni sono stati trasferiti in una casa famiglia e allontanati dal padre Nathan con contestuale sospensione della potestà genitoriale per entrambi, decisa dai giudici dell’Aquila. I minori, secondo i magistrati, sarebbero stati esposti a un greve rischio per la salute e per la crescita psico-fisica a causa delle scelte di vita anti-moderniste di mamma e papà (niente scuola, nessun rapporto con i coetanei, no al richiamo vaccinale). Una storia che ha innescato una furiosa polemica politica tra il centrodestra e l’Associazione nazionale magistrati.

A dar fuoco alle polveri è stato lo stesso Guardasigilli, Carlo Nordio, che con il premier Giorgia Meloni sta valutando la possibilità di inviare gli ispettori in Tribunale per una analisi più approfondita delle carte: «Strappare un bambino dalla famiglia è un atto estremamente doloroso», ha esordito, «quindi bisognerà approfondire, fare accertamenti profondi. In questo momento è prematuro fare qualsiasi considerazione procedurale».

 

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Matteo Salvini, invece, è stato più diretto affondando il colpo: «Un sequestro di tre bambini portati via da una mamma e da un papà in maniera indegna, preoccupante, pericolosa e vergognosa», ha detto il leader leghista e vicepremier. «Sono impegnato ad andare fino in fondo e, se serve, anche a parlare con il giudice del tribunale dei minori». E ha rilanciato: «Andrò in Abruzzo la settimana prossima. Giudice e assistenti sociali d’Abruzzo non rompano le scatole. Anche questa storia dimostra che una profonda, sana e giusta riforma della giustizia che non funziona sarà fondamentale».

Intanto, fuori dai palazzi, il sostegno alla famiglia cresce in rete. Le petizioni dilagano: “Salviamo la famiglia nel bosco” supera le 78mila firme, “Proteggiamo una famiglia felice” ne conta 5.055. Le altre raccolgono centinaia di adesioni. Sull’altro fronte si muove l’Associazione nazionale magistrati, che difende la decisione dei colleghi dell’Aquila: «L’atto del tribunale si fonda su valutazioni tecniche e su elementi oggettivi: sicurezza, condizioni sanitarie, accesso alla socialità, obbligo scolastico», spiegano dal sindacato delle toghe. «Ed è stato assunto nel rispetto delle norme vigenti e con finalità esclusivamente protettive». Il segretario generale dell’associazione, Rocco Maruotti, è stato ancor più sbrigativo: «L’ordinanza è stramotivata, è lunga dieci pagine».

Poi c’è l’Osservatorio sui diritti dei minori, con il presidente Antonio Marziale che si scaglia contro l’impianto legislativo: «L’allontanamento dai genitori ha ragion d’essere in ben altre situazioni, come quando i bimbi sono a rischio di incolumità personale, per via di genitori psichicamente disturbati, che come purtroppo è spesso accaduto arrivano ad ucciderli». E chiude nella maniera più tranchant possibile: «Siamo davanti a un sistema legislativo e giudiziario alla frutta». Sulla stessa lunghezza d’onda l’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (Aimmf) che sottolinea come «l’allontanamento» sia stato «disposto secondo criteri di gradualità ed ha costituito extrema ratio dovuta all’inefficacia dei rimedi precedenti», arrivato «dopo un periodo di osservazione e sostegno, protrattosi oltre un anno, durante il quale le prescrizioni del Tribunale sono state sistematicamente disattese dai genitori».

 

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La voce più vicina ai bambini resta però quella del loro difensore. E' stato Giovanni Angelucci, che frattempo sta preparando il ricorso in appello, a spiegare che i piccoli dormono in una stanza separata dalla madre; sono «scossi» ma reagiscono «in maniera forte e positiva perché sanno che sono nel giusto». Li definisce «disarmanti» per «forza» e «pace interiore». E descrive il padre che si presenta con frutta, vestiti, effetti personali alla porta della casa famiglia: «Anche lui è scosso ma fiducioso che la cosa si risolva perché sono nel giusto, perché non hanno violato nessuna legge e perché questo provvedimento è un’ingiustizia». E, proprio il papà, in una intervista a “Repubblica”, ha voluto chiarire: «Non sono matto, parlo 5 lingue, e con la mia famiglia voglio vivere come i nostri nonni. E se questo non sarà possibile, Catherine prenderà i tre bambini e li porterà con sé in Australia. Io continuerò con gli animali nel nostro bosco italiano». Di certo la storia non finisce qui.

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Autore
Libero Quotidiano

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