Famiglie degli ostaggi di Hamas denunciano: «Ignorati da Unicef, Amnesty International e Croce Rossa»

  • Postato il 30 aprile 2025
  • Di Panorama
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Una delegazione di parenti degli ostaggi ancora in vita e quelli morti durante la prigionia a Gaza per mano di Hamas si trovano in Italia e ieri hanno animato una conferenza stampa promossa a Roma dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). L’incontro è stato molto toccante e alcuni interventi sono stati particolarmente drammatici.

Davide Ionafalco, assessore alla comunicazione dell’UCEI, ha aperto l’incontro sottolineando l’importanza della presenza dei media per diffondere la verità sugli eventi e sulle loro persistenti conseguenze a livello globale. Ha evidenziato come la società occidentale e i media non sempre colgano appieno la complessità della dinamica in Medio Oriente e la responsabilità degli organismi internazionali, esprimendo la convinzione che queste testimonianze dirette possano contribuire a far arrivare un messaggio più chiaro ed equilibrato. Ha inoltre rimarcato la natura composita della società israeliana, lontana dall’immagine monolitica talvolta presentata.

Il cuore della conferenza sono state le testimonianze dirette dei familiari. Meir, fratello di Shin, un comandante di carro armato di soli 19 anni ucciso durante i combattimenti e il cui corpo è ancora a Gaza, ha parlato con voce rotta dall’emozione. Ha spiegato il significato del nome di suo fratello, “regalo” in ebraico, sottolineando quanto Shin lo sia stato per lui e per i suoi genitori. Ha chiesto ai presenti di immaginare Shin come un proprio figlio o fratello rapito, insistendo sulla natura umanitaria della questione. Ha ricordato come nessuno dei 59 rapiti avesse fatto del male a nessuno, essendo solo giovani che ballavano o residenti nei kibbutz, e ha dichiarato che la sua battaglia per riportare a casa suo fratello è una battaglia di tutti. Daniele, padre di Dan, un giovane andato al festival per celebrare la pace e l’amore, ha raccontato come suo figlio sia stato rapito dai «mostri di Hamas» mentre cercava di aiutare altre persone in pericolo. Con un tono carico di dolore e rabbia, ha denunciato le torture, le privazioni e gli abusi sessuali subiti dagli ostaggi nei tunnel, sottolineando l’assurdità che il mondo continui la sua vita mentre 59 persone innocenti soffrono in condizioni disumane. Ha lanciato un grido disperato affinché il mondo si unisca nel dire «basta ad Hamas»

Salem, un beduino israeliano e musulmano, ha condiviso la tragica storia di suo fratello, rapito durante l’attacco. Dopo otto mesi di angosciosa incertezza, ha dovuto vedere un filmato del cadavere di suo fratello trascinato e brutalizzato in una piazza di Gaza. Con parole forti, ha chiesto la restituzione di tutti gli ostaggi, vivi e morti, per poter dare degna sepoltura ai defunti. Ha categoricamente dichiarato che Hamas non rappresenta l’Islam, paragonandoli all’Isis, e ha espresso il desiderio di non vedere più guerre e perdite di vite umane. Merav, sorella di Orian Bar, un padre di due figli di 35 anni rapito mentre partecipava al festival, ha implorato i presenti di usare la loro influenza «per porre fine a questo incubo». Ha descritto Israele come un «canarino» che avvisa il mondo occidentale del pericolo del terrorismo, sottolineando che non si tratta di una guerra tra ebrei e arabi, ma contro il terrorismo globale. Ha chiesto a chiunque abbia il potere di intervenire di aiutarli a porre fine alla loro sofferenza.

Infine, un rappresentante delle famiglie ha ribadito la gravità del momento storico, definendolo un altro tentativo di annientare il popolo ebraico. Ha affermato che il governo israeliano sta facendo il possibile per riportare a casa gli ostaggi e distruggere Hamas, pur prestando attenzione a evitare un numero ancora maggiore di vittime civili a Gaza. Noi di Panorama abbiamo chiesto a Salem, il beduino israeliano che ha raccontato la tragica fine di suo fratello, un parere sulle proteste che si erano verificate nelle scorse settimane a Gaza, interrogandolo sulla possibilità che segnassero l’inizio di una sollevazione popolare contro Hamas. Salem ha risposto che da anni i civili innocenti di Gaza desiderano sostituire Hamas, ma vivono nella paura di alzare la voce. Ha espresso il timore che questa situazione di sottomissione possa purtroppo protrarsi a lungo, non essendo un fenomeno limitato agli ultimi mesi.

Samerano, padre di Jonathan Samerano, un ragazzo di 21 anni rapito mentre cercava rifugio durante l’attacco al festival, ha raccontato i tragici momenti in cui il figlio è stato indirizzato verso un kibbutz dove ad attenderlo c’erano i terroristi di Hamas. Ha denunciato con forza le accuse rivolte a Israele per la morte di bambini a Gaza, ribadendo che Hamas potrebbe fermare la guerra in qualsiasi momento rilasciando gli ostaggi. Ha definito Hamas peggiore dei nazisti per la loro crudeltà e per il piacere che traggono dalla tortura e dall’abuso dei corpi. Ha sottolineato come il 7 ottobre non siano stati uccisi solo ebrei, ma anche musulmani e cristiani, esortando il mondo a svegliarsi di fronte alla minaccia del pensiero jihadista.

Ruben della Rocca di Radio Radicale ha sollevato una questione delicata, chiedendo ai familiari se avessero mai ricevuto notizie o richieste di assistenza da organizzazioni umanitarie come UNICEF, Amnesty International e la Croce Rossa. Ha specificato che, da quanto risultava alla stampa, queste organizzazioni non sembravano essere intervenute in loro aiuto con proposte o richieste concrete. Daniele ha risposto con amarezza, affermando che, a suo parere, queste organizzazioni si travestono da umanitarie ma agiscono in modo parziale. Ha criticato la Croce Rossa per essersi presa cura per generazioni « di un certo lato», alludendo alla popolazione palestinese, mentre non avrebbero offerto alcun aiuto per gli ostaggi israeliani. Ha menzionato come queste organizzazioni continuino a monitorare la situazione dei terroristi arrestati in Israele, ma non si preoccupino degli ostaggi.

Meir ha aggiunto che queste organizzazioni umanitarie sembrano arrivare «solo dall’altro lato», citando esempi come Ucraina e Russia, dove l’assistenza sarebbe unidirezionale. Ha poi evidenziato come, durante la tregua di 42 giorni per i negoziati sugli ostaggi, ogni giorno entravano a Gaza 600 camion di aiuti umanitari, miliardi di dollari destinati ai civili innocenti, che però sarebbero stati utilizzati da Hamas per la guerra. Ha sottolineato l’unicità di questa situazione, dove il “nemico” (Israele) fornisce aiuti al “nemico”, un comportamento in contrasto con altri conflitti nel mondo. Merav ha voluto aggiungere un punto specifico sulla Croce Rossa, sottolineando come, in teoria, dovrebbe aiutare entrambe le parti. Ha espresso la delusione per non aver ricevuto nulla da loro, ritenendo un minimo gesto la richiesta di una lista degli ostaggi a Gaza e informazioni sulle loro condizioni di salute, dato che alcune famiglie non hanno ancora certezze sulla sorte dei propri cari.

Autore
Panorama

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