“Far entrare aiuti a Gaza e stop ai piani di confinamento”: la lettera di 23 economisti e premi Nobel a Netanyahu

  • Postato il 14 agosto 2025
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“Come esseri umani, come economisti e come scienziati, chiediamo l’immediata sospensione di qualsiasi politica che intensifichi la diffusione della fame”. È quanto si legge in una lettera scritta da un gruppo di 23 tra i più noti economisti europei e statunitensi, tra cui 10 premi Nobel, e indirizzata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il gruppo esprime “preoccupazione riguardo alla diffusione della fame a Gaza e al piano del governo israeliano di concentrare i civili in una cosiddetta ‘città umanitaria’”. Tra i firmatari ci sono Daron Acemoglu, premio Nobel all’economia nel 2024, Angus Deaton (2015), Peter A. Diamond (2010), Esther Duflo (2019), Claudia Goldin (2023), Eric S. Maskin (2007), Roger B. Myerson (2007), Edmund S. Phelps (2006), Christopher A. Pissarides (2010) e Joseph E. Stiglitz (2001).

“Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite ha avvertito che quasi un terzo dei 2,1 milioni di residenti dell’enclave ha sopportato diversi giorni senza cibo. La fame diffusa è comprovata dall’insufficienza degli aiuti umanitari, dalle testimonianze dirette dei gazawi e dal forte aumento dei prezzi dei generi alimentari”, si legge nella lettera. Gli economisti puntano il dito contro Israele che è responsabile della situazione in quanto “controlla il flusso e la distribuzione degli aiuti”. La sostituzione del sistema di distribuzione delle Nazioni Unite con quello gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, controllata da Israele e Stati Uniti, ha poi creato un “caos mortale“: “Folle in preda al panico si accalcano per ottenere le scarse razioni, con oltre un migliaio di morti o feriti nella corsa al sostentamento”, scrive il gruppo.

I 23 economisti esprimono anche la loro contrarietà rispetto al piano di confinamento dei palestinesi: “La proposta ‘città umanitaria’ trasferirebbe centinaia di migliaia di abitanti di Gaza in una zona confinata, privandoli della libertà di movimento e della dignità fondamentale. È inaccettabile che Israele tratti i civili come un peso da contenere piuttosto che come esseri umani che hanno diritto a condizioni di vita dignitose”. Come scienziati, però, non fanno leva solo sulla pietà di Israele, ma anche sulla sua economia. “Le agenzie di rating probabilmente continueranno a declassare il debito sovrano di Israele, aumentando i costi di finanziamento proprio mentre lo Stato deve affrontare enormi spese per la ricostruzione e la difesa. I professionisti qualificati emigrerebbero in numero crescente e il settore high-tech – responsabile di quasi il 20% del PIL e di un terzo del gettito fiscale – accelererebbe il suo esodo, privando Israele del suo principale motore di crescita”, dicono gli economisti.

Per queste ragioni, chiedono a Netanyahu e alla Knesset, il parlamento israeliano, di far entrare aiuti, medici e alimentari, in quantità sufficienti, di rinunciare ai piani di confinamento della popolazione di Gaza e di “perseguire attivamente e in buona fede un accordo di cessate il fuoco“. “Solo così Israele potrà evitare una carestia diffusa, preservare il suo carattere democratico e salvaguardare le sue prospettive economiche a lungo termine”, conclude la lettera.

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