Femminicidio Pamela Genini, le violenze raccontate all’amica: “Lividi e graffi, non poteva neanche andare in palestra”. La mamma: “Quel mostro paghi”

  • Postato il 18 ottobre 2025
  • Cronaca Nera
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Trenta coltellate di cui almeno tre letali, nella zona del torace, e altre, all’altezza del collo, ancora da approfondire. Questa la furia omicida che ha ucciso Pamela Genini, massacrata nella sua casa di Milano dall’ex compagno, Gianluca Soncin.

“Faccio fatica a parlare, però vi dico che per tutto quello che ha fatto quel mostro a mia figlia deve pagare, ma pagare. L’ha fatta soffrire tanto”, dice Una, la mamma di Pamela, che a fatica riesce a parlare.

Attorno all’omicidio ora si sta delineando una storia di violenza. La raccontano le amiche e la racconta un referto medico del settembre 2024: la vittima si era fatta visitare all’ospedale di Seriate, nella Bergamasca, riferendo di aver subito una violenza, e ne era uscita con un dito fratturato. Secondo i racconti ad aggredirla era stato proprio Soncin il giorno prima, a Cervia, dove viveva il 52enne, ora in carcere con l’accusa di omicidio aggravato premeditazione, stalking, futili motivi, crudeltà e relazione affettiva. Difficile, però, far partire la catena del codice rosso, come racconta infatti il procuratore Daniele Barberini, intervistato da Repubblica, “quando la pattuglia arriva a Cervia, lei minimizza e non formalizza nessuna denuncia”. Poi “col fatto che è andata in ospedale a Bergamo tutto si è rallentato”. Secondo Barberini “se fosse andata in ospedale qui, a Ravenna, avremmo potuto riannodare i fili” anche perché “senza una denuncia ci sono solo una serie comunicazioni informali tra carabinieri”.

Quella di Cervia, però, non sarebbe l’unica violenza subita da Pamela. Come racconta al Corriere della Sera la sua socia, Elisa Bartolotti, i maltrattamenti nel tempo sono stati diversi. La prima volta “in vacanza alle Mauritius. Mi disse che l’aveva strattonata con forza e si era spaventata”. Un altro giorno, invece, Pamela chiese all’amica se i segni fossero visibili, mandandole “le foto delle percosse”: “Mi sono truccata ma non vorrei che l’occhio diventasse ancora più gonfio”. “Riguardando quelle foto, ho i brividi: si vedono i lividi e i graffi a entrambi gli occhi, come se lui le avesse afferrato con una mano il viso e le avesse fatto male”. Lui, racconta ancora Elisa, “diceva di avere delle aziende di pelletteria, di essere milionario“. Era, secondo il racconto di Bartolotti, accecato dalla gelosia. “Lei non poteva neanche andare in palestra; e le aveva fatto lasciare il lavoro presso un’agenzia immobiliare in via Montenapoleone”, racconta ancora la socia della vittima. Pamela non denunciò mai gli episodi: “Comunicava a ciascuno di noi solo dei frammenti, come tessere di un puzzle che componeva una storia drammatica”.

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Il Fatto Quotidiano

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