Ferrero è una gloria nazionale ma in Italia se ne parla poco, vediamo cosa dicono all’estero
- Postato il 3 agosto 2025
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- Di Blitz
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Ferrero è una gloria nazionale ma i giornali ne parlano poco. Dalla loro base a Alba, in provincia di Cuneo in Piemonte, studiano nuovi prodotti che poi conquistano il mondo. Intorno a loro si è sviluppata la coltivazione delle nocciole che ha sollevato l’agricoltura piemontese a scapito delle nocciole turche.
Ora siamo alla terza generazione e Ferrero si è lanciato in una serie di acquisizioni, la più importante essendo l’americana Kellogg’s, quella dei fiocchi d’avena.
Invece di celebrarla con pubbliche parate, ricevimenti al Quirinale e titoli a 9 colonne, i giornali italiani sono parsi abbastanza freddi.
Leggiamo invece cosa ha scritto l’agenzia di stampa anglo-americana Reuters.
Ferrero, produttore di crema spalmabile Nutella, forte della sua esperienza nei mercati europei regolamentati e di una comprovata esperienza nel rinnovamento di marchi in difficoltà come i biscotti Keebler, ha buone probabilità di rilanciare WK Kellogg’s (KLG.N), apre nuove linee di marchi di cereali tradizionali con l’accordo di privatizzazione da 3,1 miliardi di dollari annunciato la scorsa settimana.
Ferrero, che produce dolcetti zuccherini come le uova di cioccolato Kinder, i Ferrero Rocher e i Tic Tac, ha perseguito un’aggressiva espansione globale per aumentare il fatturato e diversificare il proprio portafoglio, passando dai dolciumi agli snack, ai prodotti da forno e ora ai cereali per la colazione.
Sotto la guida del presidente Giovanni Ferrero, l’azienda ha investito molto nell’innovazione di prodotto, nella riformulazione e nella riprogettazione del packaging per rilanciare alcuni marchi in difficoltà precedentemente acquisiti, come Keebler da Kellogg.
La creatività di Ferrero fa bene sperare gli americani

“La creatività di Ferrero può contribuire a far decollare le vendite in una categoria ancora poco conosciuta (sebbene con margini più elevati)”, ha affermato Hank Cardello, dirigente presso il Business for Impact Center della McDonough School of Business di Georgetown. L’esperienza di Ferrero nel settore dei biscotti e dei dolciumi potrebbe contribuire a creare nuove e distintive versioni di prodotti a base di cereali, ha aggiunto.
Ferrero potrebbe rinvigorire il portfolio di WK Kellogg, che include anche opzioni più salutari come Special K e Raisin Bran, apprezzati per il loro alto contenuto di fibre, oltre a cereali, granola e waffle ricchi di nutrienti a marchio Kashi. “Mi aspetto che (Ferrero) preservi la riconoscibilità del marchio Kellogg senza diluirlo eccessivamente, commercializzando al contempo una linea di prodotti più sana, più appetibile e appetibile per i consumatori”, ha dichiarato Amrita Bhasin, CEO di Sotira, azienda di logistica alimentare e delle bevande. Nel 2018, Ferrero ha acquisito l’attività dolciaria di Nestlé per 2,8 miliardi di dollari, aggiungendo al proprio portafoglio marchi come le barrette Butterfinger, Baby Ruth e 100 Grand. In pochi anni, Ferrero ha rilanciato Butterfinger con ingredienti di qualità superiore, tra cui arachidi, cacao e latte, e un packaging rinnovato.
Ed ecco cosa ha aggiunto Reporter Gourmet
Nel cuore dell’industria dolciaria mondiale si erge un impero familiare italiano che, sotto la guida riservata e determinata di Giovanni Ferrero, ha conquistato il mondo. Da Nutella ai cereali Froot Loops, l’espansione di Ferrero ha superato ogni aspettativa, culminando nella recente acquisizione di WK Kellogg per 3,1 miliardi di dollari. Ma questo è solo l’ultimo tassello di una strategia costruita con pazienza, visione e investimenti. E si stima che l’universo economico di Ferrero si stia avvicinando vertiginosamente alla straordinaria cifra di 25 miliardi di euro di fatturato totale.
Su Radiobullets.com la storia di Ferrero.
La storia di questa azienda ha inizio tra le due guerre mondiali in Piemonte, nella zona delle Langhe, oggigiorno uno dei territori più rinomati del Cuneese, ma che all’epoca era un’area depressa.
Tra le fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento molti langaroli abbandoneranno le loro terre per raggiungere le Americhe in cerca di maggior fortuna.
Mentre dall’Unità d’Italia agli anni Sessanta del Novecento la popolazione del Piemonte aumenta del 60% nel Cuneese si riduce del 10%.
Nei primi decenni del Novecento le Langhe sono un territorio povero, fatto di colline ricoperte con un po’ di vigneti e molti boschi di castagni e noccioli. Langa in dialetto piemontese significa “cresta” e il paesaggio è contraddistinto dalle creste delle colline che si susseguono fino all’orizzonte.
In questo territorio crescono due fratelli Pietro e Giovanni Ferrero, figli di agricoltori che vengono mandati dalla madre a lavorare come garzoni per imparare il mestiere di panettiere. Pietro, il fratello più grande, nel 1923 apre nella cittadina di Dogliani il Caffè Pasticceria Ferrero.
Un anno dopo si sposa con Pierina Cillario, una ragazza del paese di cui si era invaghito e che va subito a lavorare con lui. Lei si occupa delle vendite, il marito della produzione.
Il 26 aprile del 1925 nasce il loro figlio Michele. Nel 1926 i coniugi Ferrero spostano la loro attività nella vicina città di Alba, un centro più grande e nel quale è di stanza il 38° Reggimento di Fanteria Ravenna.
Gli ufficiali di quel reparto militare diventeranno tra i migliori clienti della pasticceria Ferrero.
Ma Pietro e la moglie sono persone ambiziose e nel 1933 decidono di trasferirsi a Torino. Una grande città offre maggiori opportunità e così aprono una pasticceria vicino alla stazione ferroviaria di Porta Nuova.
L’idea era buona ma il periodo storico non è dei migliori. Le conseguenze della grande crisi del 1929 che dall’America ha investito tutta l’Europa si fanno sentire, poi il regime fascista si imbarca prima nella guerra d’Etiopia e poi in quella di Spagna.
I tempi sono difficili e gli affari non decollano tanto è vero che Pietro, invogliato dalla propaganda del regime che presenta l’Etiopia, il nuovo territorio conquistato, come una sorta di Eldorado, decide di trasferirsi in Africa alla ricerca di nuove opportunità d’affari, lasciando la moglie e il figlio Michele in Italia.
Ma anche l’Africa si rivelerà una delusione oltre al fatto che la moglie Pierina non ha alcuna intenzione di trasferirvisi, per cui nel 1939 Pietro torna a casa e decide di aprire una nuova pasticceria in una zona più elegante della città, vicino al Parco del Valentino.
Ma, nel 1942, Pietro e la moglie sono costretti a lasciare la città per sfollare nel paese d’origine ad Alba.
Ad Alba i due coniugi debbono trovare il modo di campare e insistono a fare quel che sapevano fare: i pasticceri. Nel centro della città nasce la Liquoreria Pasticceria Confetteria Ferrero. Il marito Pietro si occupa del laboratorio e quindi della produzione, la moglie Pierina si occupa della vendita.
Sono periodi difficili, dopo l’8 settembre del 1943, nelle Langhe si diffonde la guerra di liberazione. Il 10 ottobre del 1944 i partigiani liberano la città di Alba e la terranno sino al 2 novembre quando le truppe nazifasciste riconquisteranno la città.
Nell’aprile del 1945 la guerra finisce ma il paese è in ginocchio: fame, miseria, disoccupazione, le infrastrutture distrutte. Anche nelle Langhe la situazione è difficile, molti riprendono la via dell’emigrazione.
Alla gente manca il pane figurarsi i beni di lusso come il cioccolato. Chiunque altro si sarebbe scoraggiato o avrebbe mollato la presa ma Pietro Ferrero appartiene ad un’altra specie di uomini, quelli che non si arrendono mai e che nelle difficoltà vedono opportunità che altri non riescono nemmeno ad immaginare.
Dal momento che un chilo di cioccolato costa ormai ben tremila lire, una cifra esagerata, il suo chiodo fisso diventa quello di creare dolci a prezzi popolari, dolci che incontrino il gusto dei consumatori ma che abbiano anche un prezzo accessibile.
Ai coniugi Ferrero si uniscono Giovanni, il fratello di Pietro che si occupa dell’organizzazione commerciale, e il figlio Michele diplomatosi da poco ragioniere. Nelle Langhe, che non sono ancora diventate famose né per i loro vini e nemmeno per i tartufi, all’epoca si producevano molte nocciole.
Le nocciole erano nutrienti, abbondanti e costavano poco. Pietro comincia a sperimentare mischiando le nocciole tritate con lo zucchero e il cioccolato.
Si chiude giornate intere nel suo laboratorio e infatti i parenti e gli amici per prenderlo in giro lo chiamano “lo scienziato” e in effetti sembra uno di quegli inventori un po’ picchiatelli che a forza di fare esperimenti prima o poi inventano qualcosa di geniale.
La nuova invenzione, frutto di innumerevoli esperimenti, arriva nel 1946 e si chiama Pasta Gianduja, una specie di crema a base di nocciole, burro di cocco, zucchero, melassa e cacao in polvere. Ricorda nel sapore i gianduiotti che i pasticceri torinesi avevano inventato all’inizio dell’Ottocento quando, in epoca napoleonica, il blocco ai traffici commerciali con l’lnghilterra aveva fatto sparire in tutta l’Europa continentale i prodotti coloniali, compreso il cacao.
I pasticceri di Torino avevano sostituito il cacao con le nocciole tostate e Pietro Ferrero, in sostanza, riprende quell’idea e la adatta per produrre la sua Pasta Gianduja, chiamata anche Giandujot.
Il prodotto ha due vantaggi fondamentali: è molto buono e costa poco, gli ingredienti giusti per un immediato successo commerciale.
Qualcuno un po’ spregiativamente lo definisce il “cioccolato dei poveri” ma per i bambini dell’epoca, come anche per gli adulti reduci da anni di rinunce e di fame, quella crema da accompagnare con il pane è una vera goduria e, a differenza della cioccolata vera che non si possono permettere, la Pasta Gianduja è alla portata di tutti, un chilo costa soltanto 600 lire contro i 3.000 del cioccolato.
Il successo è immediato e i coniugi Ferrero debbono subito organizzarsi per far fronte alla richiesta del pubblico e costruiscono una prima fabbrica su un terreno in via Vivaro sempre ad Alba. Il 14 maggio del 1946 nasce ufficialmente l’industria Ferrero, ormai si sta facendo il salto dalla dimensione artigianale a quella industriale.
Un’invenzione semplice e geniale è l’inizio di una storia imprenditoriale di grande successo. Gli ordini fioccano subito, favoriti anche dalle grandi capacità di venditore del fratello Giovanni che con la sua Fiat 1100 gira tutto il Piemonte per piazzare il nuovo prodotto. Già entro la fine del primo anno, il 1946, vengono venduti più di 1.000 quintali di Pasta Gianduja.
La produzione aumenta a ritmi febbrili, si costruisce un nuovo stabilimento di produzione, si assumono operai.
Un anno dopo, nel 1947, la Ferrero dà ormai lavoro a un centinaio di persone, si comprano nuovi macchinari, l’azienda cresce. Nel 1947, sempre ad Alba nasce un’azienda tessile la Miroglio destinata anch’essa a diventare una grande realtà imprenditoriale.
I contadini delle Langhe non sono più costretti ad emigrare, anche nelle loro colline si creano opportunità di lavoro mai viste prima e comincia a diffondersi il benessere.
L’azienda è gestita dalla famiglia, Pietro si occupa della produzione affiancato dal figlio Michele, la moglie si occupa dell’amministrazione e il fratello Giovanni delle vendite.
Quest’ultimo sarà l’artefice del successo commerciale, creando in brevissimo tempo una formidabile rete di vendita con una serie di furgoni di colore nocciola e cacao che distribuiscono il prodotto in tutto il territorio. Nel 1950 i furgoncini Ferrero sono già 150, nel 1968 diventeranno quattromila.
E copriranno l’intero territorio nazionale.
Una delle caratteristiche vincenti della distribuzione dei prodotti Ferrero è il rapporto diretto con i dettaglianti saltando i grossisti, un’idea di Giovanni. Il rapporto diretto con i dettaglianti, quindi i rivenditori finali, è qualcosa di più complicato e dispendioso da organizzare ma consente un riscontro costante ed immediato sull’andamento delle vendite, sull’accoglienza di un nuovo prodotto, su eventuali critiche come anche sugli aggiustamenti da fare per andare incontro ai gusti dei clienti.
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