Festival del cinema di Venezia, The Smashing Machine: la svolta di Dwayne Johnson
- Postato il 1 settembre 2025
- Di Panorama
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Dimenticate scene epiche o drammaticità urlanti stile Rocky, Creed – Nato per combattere o il recente The Warrior – The Iron Claw. The Smashing Machine, pur raccontando la storia e i match di Mark Kerr, uno dei pionieri americani di MMA (Mixed Martial Arts) e tra i più grandi lottatori, è un film “pacato”, con uno stile narrativo diverso dai soliti racconti di sport da combattimento. Ed è questo il suo pregio più grande. Ha un profondo e quieto realismo, senza isterie esasperate e spettacolarizzazioni ad effetto. Ma… ha il giusto peso per trovarsi in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2025?
Applausi in Sala Grande alla prima proiezione per la stampa.
Prodotto da A24, The Smashing Machine è il debutto alla regia da solista di Benny Safdie, trentanovenne newyorchese che con il fratello Josh aveva già diretto Diamanti grezzi, regalando ad Adam Sandler un ruolo eccezionalmente drammatico. Ora regala a Dwayne Johnson alias The Rock, l’ex wrestler oggi attore da action più pagato di Hollywood, la prima volta a Venezia. E il sogno di una nomination agli Oscar. Sarà per lui la svolta verso ruoli più intensi e da grandi festival?
«È da molto volevo un ruolo come questo», confessa The Rock. «Quando si è a Hollywood è molto importante il riscontro del botteghino e questo può relegare in un angolo, incanalare in una categoria. I film che ho fatto finora mi divertono, alcuni sono anche belli, hanno avuto successo, ma ho capito che c’era una vocina interna che mi diceva “e se riuscissi a fare qualcosa di diverso?”. È difficile quando vieni classificato. Non credo di dover provare nulla a Hollywood, lo faccio semplicemente per me».

A cuore libero, tenerissimo nella sua mole da gigante, Johnson continua: «Alcuni anni fa mi sono chiesto: “Sto vivendo il mio sogno o il sogno degli altri?”. Non voglio minare la base di quanto fatto finora ma voglio fare qualcosa per me. Fino all’opportunità di questo film, però, mi spaventava l’idea di mettermi a nudo».
C’è da ammetterlo, in The Smashing Machine The Rock il suo lo fa eccome. Nella sua montagna di muscoli inespugnabile, che ha dovuto addirittura ingigantire per la parte, riesce a profondere al suo Mark Kerr umanità e tensione agonistica. Emily Blunt interpreta la sua fidanzata, a cui è legato da un rapporto che a volte si tinge di manipolazione silenziosa.
Soprannominato The Smashing Machine, La macchina distruttrice, Mark Kerr è stato uno dei più grandi campioni di MMA, oggi cinquantaseienne che sul finale del film saluta sorridente rivolto alla macchina da presa. Saluta anche dal Lido, presente con il cast ed emozionato.
115 chili per 1,91 di altezza, nel 1997 Kerr esordì nel mondo delle MMA professionistiche e poi introdotto nella UFC. Ed è da qui che parte il racconto di Benny Safdie, che ha anche scritto e co-prodotto il lungometraggio.

“Vincere è la sensazione più bella”, dice il Kerr di Dwayne Johnson. Essere incitato da un pubblico di 40mila persone? Come “un orgasmo”. Ma Kerr, mentre deve imparare a digerire anche le prime sconfitte, combatte contro una dipendenza dagli antidolorifici che mina i suoi successi come atleta.
La storia che sfila sul grande schermo in verità ha poco di nuovo e non stimola particolarmente l’interesse dello spettatore. Nell’equilibrio dei toni trova comunque il suo punto di solidità e una connessione di intimità.
«È un film che parla molto del dolore interiore», dice il regista sceneggiatore.
“Vi odiate quando combattete?”, chiede a Kerr/Johnson una simpatica vecchina nella sala d’attesa del medico. Assolutamente no, non c’è per nulla odio tra i lottatori. Nel dietro le quinte della gabbia ottagonale ci sono strette di mano tra atleti, preoccupazione per le ferite inferte, un piacevole spirito fraterno. È molto bello il rapporto tra Kerr e l’allenatore e mentore Mark Coleman (interpretato dall’artista marziale misto Ryan Bader).
«Negli anni ‘90 c’erano queste attività così sperimentali!», racconta Safdie. «La comunità dei lottatori era molto vicina, si rispettavano molto tra di loro. Volevo esplorare questa contraddizione tra il mondo della lotta e la vicinanza che c’era tra atleti».

Come dice Kerr nel film, secondo lo stereotipo le arti marziali miste sono considerate lo sport più sanguinoso e cruento. Ad esempio, è vietato cavare gli occhi ma sono permessi i calci in faccia. I più sensibili possono comunque stare tranquilli: solo poche volte è necessario coprirsi gli occhi per la brutalità dei combattimenti.
Safdie spiega: «Non volevo essere sul ring. Avevo questa regola: saremo sempre fuori. Volevo che si vedesse come se si fosse nel pubblico, tra le prime file, a osservare la lotta».
Quest’anno Mark Kerr è stato inserito nella prestigiosa UFC Hall of Fame.
Il film debutterà negli Stati Uniti il 3 ottobre per poi arrivare nelle sale italiane il 19 novembre 2025, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection in collaborazione con WISE Pictures.