“Figli in cielo”, l’associazione che aiuta i genitori a elaborare il lutto più grande
- Postato il 8 luglio 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
“Camilla è morta il 27 giugno del 1991, da poco è stato il trentaquattresimo anniversario. Si è suicidata, dopo tre anni di sofferenze psicologiche e un affidamento sbagliato a una persona che, invece di aiutarla, ha aggravato la sua condizione. Io sono una psicoterapeuta, eppure non sono riuscita a capire come aiutarla. E, se è tremendo perdere un figlio, vederlo soffrire senza riuscire ad aiutarlo è un vero stillicidio”. Andreana Scapuzzi Bassanetti, 84 anni, è una psicologa clinica e psicoterapeuta, fondatrice della associazione “Figli in cielo”. Specializzata in terapia di coppia e sessuologia a Ginevra, in bioenergetica a New York, in ipnosi clinica e analisi freudiana, collaboratrice di molte riviste Mondadori e Rizzoli di salute e protagonista di trasmissioni tv Rai e Mediaset, dopo la morte di Camilla pensa inizialmente di chiudersi in un monastero buddista, “per stare sola con me stessa, la psicoterapia non mi aiutava, da persona iperattiva ero caduta in una passività totale”.
In quel periodo il suo medico le ingiunge di fare almeno la passeggiata dell’isolato. Un giorno Andreana obbedisce, esce sverso il tardo pomeriggio e si incammina verso la periferia di Parma, in condizioni di estrema debolezza. “Ad un certo punto intravedo nella nebbia una lucina, mi avvicino, era una chiesa, sulla cui porta c’era scritto ‘Venite con me in disparte’”, un versetto dal Vangelo di Marco racconta. “Entro e c’era una cappellina laterale illuminata e delle ragazze inginocchiate nell’ora di adorazione. Quel giorno ho provato un minimo di pace. E così ho continuato ad andare lì, in disparte, finché ho conosciuto un missionario saveriano, Padre Luigi Menegazzo che ha cominciato a venire due volte a settimana a rispondere ai miei dubbi. Oggi, infatti, la sede della mia associazione si trova proprio presso i padri saveriani” a Roma.
Il primo incontro e la nascita dell’associazione
“Il fatto che avessi perso una figlia così, da psicoterapeuta, aveva fatto un certo rumore”, continua Andreana. Così, da allora molte madri o genitori che avevano perso i figli cominciano a bussare alla sua porta, oggi sono migliaia. “La maggior parte si trovava e si trova al buio come lo ero io, senza strumenti, in uno stato di ribellione, smarrimento e confusione, con la morte nel cuore e alla ricerca di uno spiraglio di luce e di consolazione”. Inizialmente Andreana comincia a stare loro vicina andando all’anniversario di morte dei figli, a Bologna, Modena, Ferrara, poi sempre più lontano. Per il primo anniversario della morte di Camilla propone un incontro. “Eravamo in dodici, era il 1992, a Torrechiara, presso un monastero benedettino del 400”. Da questa esperienza scaturiscono rapporti stretti di amicizia, intensissimi, e nasce l’associazione “Figli in Cielo”. Da lì, a cascata, si sono formate varie comunità in diverse città. Oggi sono novanta, si trovano nelle diocesi di quasi tutto il territorio nazionale e in alcuni paesi all’estero. Le comunità sono aperte anche a sorelle, fratelli o fidanzati legati alla persona scomparsa. “Sono gruppi di aiuto, ma la base non è soltanto psicologica: facciamo un passo oltre, chiedendoci se ci sia qualcosa dopo la morte, perché si possono fare centinaia di sedute ma la morte rimane la morte, la psicologia non ha i mezzi per comprenderla e attraversarla”.
Dare un senso al dolore e condividere l’esperienza
Sono gruppi, però, aperti a tutti, credenti e non, “anche perché, mi creda, quando ti muore un figlio se hai la fede la perdi. Ci sono genitori che non riescono più a entrare in una chiesa”. Le nostre comunità sono luoghi dove si può parlare del proprio lutto come si crede, luoghi che aiutano le coppie che spesso a causa dei lutti, e di recriminazioni reciproche per quanto non è stato fatto, rischiano di rompersi per sempre. “Spesso si fa vita comune con queste persone”, spiega Andreana, “si va a prendere un caffè insieme, si va al cimitero, si crea naturalmente un rapporto umano e di condivisione. Una volta al mese abbiamo un incontro on line con quella o quell’altra comunità, sono faticosi ma quando finiamo magari a mezzanotte mi sento carica perché mi rigenerano”.
Chi vuole può richiedere un incontro con la fondatrice, che ha parole molto chiare e illuminanti su cosa fare dopo una perdita così devastante: “L’esistenza di un genitore e dell’intera famiglia cambia per sempre e, per affrontarla, occorre disporsi a profondi cambiamenti esistenziali. Nulla sarà più come prima, ma non è la fine. L’amore non muore mai, si trasforma. È un processo lento e faticoso, fatto di alti e bassi, diverso per ciascuno, ma generalmente la risposta al dolore ha un inizio, uno sviluppo e un termine. I segni di un miglioramento non sono sempre visibili e non sono sempre immediatamente percepiti, ma il percorso verso una vita nuova si fa ogni giorno più chiaro man mano che si va avanti”.
È importante, conclude, sapere cosa fare: non rimanere chiusi nel proprio dolore, piangere se ne sente il bisogno, chiedere aiuto, se possibile stare in compagnia con chi ha già vissuto e superato il momento più buio, autorizzarsi a vivere momenti di serenità, proprio come avrebbero desiderato i figli. “Si scopre gradualmente che l’esperienza del dolore ha anche aspetti positivi: ci si spoglia di tutto ciò che è superfluo, emergono nuovi valori e nuovi obiettivi, si sente il bisogno di aiutare altre persone in difficoltà e si riceve a propria volta sostegno da parte loro, ci si accorge che la morte fisica non ha spezzato il rapporto con il figlio, bensì lo ha intensificato, e che tutto l’amore donato è più forte della morte e rimane per sempre”.
L'articolo “Figli in cielo”, l’associazione che aiuta i genitori a elaborare il lutto più grande proviene da Il Fatto Quotidiano.