Filippo Graziani: “Festeggio il compleanno di papà cantando le sue canzoni”
- Postato il 10 giugno 2025
- Di Panorama
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Il prossimo 6 ottobre, Ivan Graziani, cantautore che ha suggerito un nuovo approccio al rock italiano, avrebbe compiuto ottant’anni. A celebrarli, ma soprattutto a omaggiare le sue canzoni, ci sta pensando suo figlio Filippo, viso e look da rocker dall’accento romagnolo, accento che si arricchisce di tenerezza quando pronuncia la parola “papà”. Dopo il successo delle prime date, Flippo torna con il tour estivo “OTTANTA. Buon Compleanno Ivan”, girando tutta l’Italia, da Rimini a Salerno, da Venezia a Trani. Un viaggio musicale tra i successi più noti e quelli più intimi di Ivan Graziani, riarrangiati e rinnovati da Flippo, come a creare un ponte generazionale.
Filippo, a proposito di ponte generazionale, come racconteresti la musica di tuo papà ai giovani di oggi?
“Penso che papà stia vivendo un bellissimo momento di riscoperta, dovuto al fatto che probabilmente c’è stato uno shift, uno spostamento nelle necessità. Papà passava da testi che avevano a che fare con la realtà dura, con la realtà cinica, con i lati più pesanti e violenti della vita, a quelli più aulici di amori delicati. Due aspetti della stessa medaglia, che papà trasferiva nei personaggi sparpagliati dentro la sua discografia. La musica è ciclica e periodicamente si riscoprono canzoni la cui sensibilità è più in linea al momento storico che si vive. È lo stato dell’arte che lo dice. È la società che lo desidera. Credo che questo sia il momento in cui i cantautori parlino, diciamo, “faccia a faccia”, in maniera più confidenziale; una sorta di nuova (o riscoperta) necessità.
Oggi c’è un ritorno al cantautorato italiano, pensiamo ad esempio a Lucio Corsi. Lui ha affermato che avrebbe voluto scrivere le canzoni tuo padre, anche se, così, ha potuto apprezzarle da ascoltatore, anzi, diciamo pure da suo grande estimatore.
“Sì, Lucio è un Grazianista di primissimo livello, di prima categoria. Noi ci siamo conosciuti proprio per questo motivo. A me piace tantissimo e lui è la riprova che il momento è maturo per una riscoperta di questo tipo di musica, il momento di un approccio e di una comunicazione più personale. Questo è forse il momento in cui più c’è bisogno di andare a trovare una propria verità, una propria personalità all’interno di una canzone.”
Filippo, eri un adolescente quando tuo papà è scomparso: che rapporto avevi con le sue canzoni? Le ascoltavi e apprezzavi già o le hai riscoperte più tardi?
“Anche se papà è scomparso presto, ho avuto la fortuna, anche ingenuamente possiamo dire, di frequentare assiduamente anche il suo lato artistico. Papà aveva lo studio dall’altra parte del giardino, e io da bambino e poi da ragazzino, bazzicavo sempre nel suo studio di produzione. Ho avuto l’onore di vedere nascere e crescere degli interi album, canzoni che sono poi diventate importanti e famose. Ci sono delle brani dell’ultimo album di papà che sono direttamente ispirati a esperienze che gli ho trasmesso, lati della mia vita dei quali l’ho reso partecipe, e che poi sono diventati canzoni.”
Posso chiederti un titolo di un tuo lato “trasfigurato” in una canzone?
“Nel primo album pubblicato postumo, c’è una canzone che si chiama “Porto Canale”, duettata con Biagio Antonacci: è una canzone che papà ha scritto dopo che l’ho portato a vedere i writers che disegnavano graffiti al Porto di Rimini. La scrittura di papà è una scrittura nostalgica, adolescenziale. Molte sue canzoni sono racconti di un’adolescenza, dove le lezioni sono al massimo della loro potenza: distruttive e creative allo stesso momento. Questi estremi per papà erano di assoluta ispirazione, e nel momento in cui io ero adolescente, papà vedeva in me una finestra verso questo mondo. Una finestra aperta dentro questo tumulto di emozioni, come lo era stato prima di me mio fratello Tommaso.”
C’è qualche suo brano a cui sei più legato?
“Più che singoli brani, ci sono dischi che amo particolarmente suonare. “Seni e coseni”, per esempio, uscito ne 1981, è un disco che amo particolarmente. Rappresenta un papà che si avvia verso un giro di boa,da quello che era stato prima a quello che sarebbe artisticamente diventato poi nelle canzoni. È un disco a cui io sono molto legato. Le canzoni all’interno le sento molto.”
È bellissimo sentire la stima, l’amore di un figlio verso le opere dei proprio padre, il portare avanti quelle canzoni riarrangiate secondo il proprio stile (seppur simile a quello originale), e fatte conoscere alle generazioni di oggi. Accompagnato anche da tuo fratello Tommy, musicista anche lui. È questa l’eredità che ti ha passato tuo papà Ivan?
“Credo di sì: la mia missione è proprio questa. Sono partito da un palco, dove gli spettatori erano pochi e la media di età era abbastanza alta, e adesso pian piano negli ann,i mi trovo nei concerti tre generazioni di persone: nonni, padri e figli adolescenti.
Io sono del 1981 e la mia è la generazione che meno di tutte non ha vissuto papà. Era il periodo in cui i cantautori non destavano grande interesse tra i giovani. Per questo ha meno dimestichezza con lui. Succede così che persone vengano ai concerti senza conoscere le canzoni di Ivan Graziani, e poi ne diventino, invece, fan affezionati. La musica è come il buon cibo. Se si riesce a farla assaporare, verrà apprezzata. Si dovrebbe dare ai ragazzi la possibilità di cercarsi la musica che può essere più affine a loro”.
E la musica di tuo papà è affine alla tua?
“Io cerco di prendere tutto quello che ho immagazzinato nella vita insieme a lui, quello che ho imparato cantando le sue canzoni per quasi vent’anni. Diciamo che dentro il suo repertorio ho trovato tanta ispirazione. Se penso a una canzone come “Maledette malelingue”, mio papà l’ha cantata per soli due anni, io la porto in giro, con i miei arrangiamenti, da diciotto. Ci sono delle sue musiche e dei suoi testi che negli anni sono passati attraverso le mie contaminazioni musicali, che non sono assolutamente lontane dalle originali. In realtà, noi due, parliamo lo stesso linguaggio.”
Un linguaggio capace di regalare nuova vita all’impatto culturale di Ivan Graziani; e proprio per evidenziare la sua attualità, si può parafrasare leggermente una delle sue canzoni più famose, “Monna Lisa”. Perché “la musica è una gran cosa, soprattutto se ti insegna ad amare i capolavori del passato”.