Finale Champions League, perché l’Inter è favorita con il Psg

  • Postato il 8 maggio 2025
  • Di Panorama
  • 2 Visualizzazioni

Sabato 31 maggio alle ore 21 all’Allianz di Monaco di Baviera l’Inter entra da favorita nella finale di Champions League contro il Psg. Leggera favorita, non oltre, perché il livello della sfida è tale che non consente esagerazioni. Però è un dato di fatto che il viaggio verso la Germania della squadra di Simone Inzaghi è accompagnato da sensazioni profondamente diverse rispetto a quello su Istanbul del 2023 e anche ai precedenti della Juventus a Berlino (2015) e Cardiff (2017). I bianconeri erano veri outsider contro il Barcellona di Luis Enrique, sconfitta a testa altissima, mentre qualche chance in più era accreditata nella sfida con il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, salvo poi l’amaro calice di un secondo tempo non giocato. E il Manchester City di Guardiola aveva tutti i favori del pronostico due anni fa, costretto poi a sudare le proverbiali sette camicie per avere la meglio sui nerazzurri.

Il compimento del ciclo dell’Inter in tre anni di Champions League

Uno status costruito sul campo nell’arco di questa e delle ultime stagioni europee dell’Inter. Dal febbraio 2023, seconda fase della Champions League poi terminata a Istanbul, Inzaghi ha perso solo tre partite in Europa: la finale con il Manchester City, il ritorno degli ottavi contro l’Atletico Madrid e la trasferta in casa del Bayer Leverkusen a dicembre affrontata con le seconde linee. Tre su 29 sfide, percorso da grande squadra e che cancella ogni ipotesi di casualità: essersi garantito la possibilità di alzare al cielo di Monaco la coppa non è frutto del caso, ma compimento di un ciclo che ha restituito all’Inter una dimensione internazionale di eccellenza. Inzaghi ama ricordare di aver ereditato la squadra al 24° posto nel ranking Uefa per club di averla portata alla 6° posizione che ad agosto sarà molto più alta dovendo scartare i risultati del 2020/2021, l’annata di Conte eliminato da tutto già a dicembre. Cambio di mentalità e caratteristiche tecniche radicale.

Ecco, la consapevolezza che a Monaco di compie un ciclo che ha basi solidissime è il primo motivo per cui l’Inter può essere considerata la ‘grande’ della finale. Il Psg è alla seconda finale della sua storia dopo quella persa contro il Bayern Monaco nel 2020 e ci è arrivato nell’anno in cui la partenza di Mbappé ha chiuso l’era della collezione di campionissimi e figurine nell’album dello sceicco Al-Khelaifi. Luis Enrique è riuscito nell’impresa fallita dai suoi predecessori: costruire una squadra logica e non un semplice assemblaggio di pezzi pregiati, spesso incompatibili l’uno con l’altro. Va ricordato, però, che il percorso dei parigini è stato tutt’altro che lineare e che a due partite dalla fine della prima fase il rischio di restare fuori da tutto era concreto, cancellato solo rimontando il City e battendo lo Stoccarda per arrivare col fiatone al playoff.

Come gioca il Psg di Luis Enrique: punti di forza e punti deboli

Detto che da lì in poi il rendimento è cresciuto esponenzialmente, toccando l’apice nella sfida ad Anfield contro il Liverpool e in quella del Parco dei Principi con l’Arsenal, non si può non sottolineare come il Psg arrivi alla finale della Champions League soprattutto per merito dei miracolo di Gianluigi Donnarumma. Un mostro, quando il livello si alza: lo sa la nazionale vincente nell’Europeo del 2021 e adesso lo hanno imparato anche i francesi che per due anni lo hanno messo in discussione. Il Psg difende bene, molto meglio del Barcellona per intenderci, ma è comunque perforabile.

Nei turni contro Liverpool, Aston Villa e Arsenal ha concesso agli avversari complessivamente 74 conclusioni verso la porta di Gigio, a tratti un assedio. E’ vero che nelle statistiche stagionali ha numeri migliori (ad esempio 44 parate contro le 56 dell’Inter) e la miglior performance alla voce palloni recuperati (694, l’Inter e 5° con 522), ma l’immagine lasciata nella fase ad eliminazione diretta è stata quella di una squadra attaccabile.

In attacco ha fantasia e qualità, seppure senza raggiungere i picchi del Barcellona di Lamine Yamal. Ha il miglior dato dei tiri fatti (300) e una media di 2,07 gol a partita, pur non avendo un centravanti classico di riferimento. Gli attaccanti sono Dembelé o Doué, la stagione ha rivelato definitivamente Barcola ma nessuno dei tre è inserito nelle liste top per reparto nel calcio internazionale. E poi c’è Kvaratschkelia il cui impatto sul Psg, dove è arrivato a gennaio pagato 75 milioni di euro, è stato immediato e notevole: forte, ma qualcosa di già conosciuto e leggibile per l’organizzazione difensiva di Inzaghi. Lo stesso vale per gli altri ‘italiani’: Hakimi e Fabian Ruiz.

Insomma, il Psg è fortissimo perché altrimenti non si sarebbe arrampicato fino alla finale della Champions League, ma non propone sulla carta più di quanto possano aver messo in campo Bayern Monaco e Barcellona che l’Inter ha superato nei quarti e in semifinale. I nerazzurri hanno dimostrato di essere programmati per il traguardo europeo e di considerarlo, forse inconsciamente, l’apice di un ciclo che in estate dovrà essere rivitalizzato con scelte coraggiose e dolorose. Per alcuni Monaco di Baviera sarà una solta di ‘last dance’, l’ultima occasione per conquistare la Champions League. Un’extra motivazione enorme e che può spostare il peso del pronostico.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti