“Firenze, culla dello sfruttamento”: nuova protesta dei lavoratori dei musei. “I nostri diritti restano calpestati”
- Postato il 8 settembre 2025
- Lavoro
- Di Il Fatto Quotidiano
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Davanti al David di Michelangelo alla Galleria Dell’Accademia di Firenze troneggia lo striscione “Firenze, culla dello sfruttamento”. A tenerlo alto, alcune persone mascherate di bianco. Si tratta del secondo atto della protesta dei lavoratori e delle lavoratrici della Dussmann, multinazionale italo-tedesca che gestisce appalti e subappalti in 16 musei e biblioteche statali fiorentini, alcuni tra i luoghi della cultura più noti e visitati al mondo. “Abbiamo scelto il David di Michelangelo perché è sinonimo di coraggio e determinazione contro ogni sopruso, e perché i primi moti di protesta sono partiti proprio dagli impiegati alla Galleria dell’Accademia”, spiega l’Assemblea dei lavoratori dei beni culturali di Firenze, organizzatrice della mobilitazione insieme al sindacato USB e a “Workers in Florence” e “Mi Riconosci?”.
Il flash mob si è tenuto subito dopo un presidio nel Piazzale degli Uffizi, dove gli operatori della cultura e i sindacati si erano già ritrovati a luglio per denunciare condizioni che definiscono “vergognose”. Sono intervenuti anche i lavoratori Ales e di Firenze Musei, il consigliere comunale di Sinistra Progetto Comune Dmitrij Palagi e il professor Fulvio Cervini dell’Università di Firenze, membro laico del consiglio di amministrazione degli Uffizi. “Nulla è cambiato, se possibile è anche peggiorato: all’ultimo presidio era presente un responsabile Dussmann in borghese – raccontano i membri dell’Assemblea – , ai due lavoratori della Galleria dell’Accademia che vi avevano preso parte non è stato rinnovato il contratto. Gli altri dipendenti sono stati minacciati dicendo che sarebbero state diminuite le ore a tutti, per colpa di chi avrebbe partecipato alle prossime manifestazioni, per metterli gli uni contro gli altri”. Le maschere bianche non sono bastate a proteggerli: “Ma con le minacce hanno ottenuto l’effetto contrario, oggi in piazza sono presenti il doppio dei lavoratori”.
La mobilitazione arriva in coincidenza con la domenica a ingresso gratuito nei musei statali, scelta non casuale: “Siamo noi a garantire il servizio in giornate come queste, ma i nostri diritti restano calpestati”, denuncia un lavoratore. I manifestanti hanno ribadito la distanza tra i milioni di visitatori che ogni anno affollano gli Uffizi, Palazzo Pitti, la Galleria dell’Accademia e Boboli, e i salari di chi quei flussi li accoglie: part-time involontari, turni comunicati all’ultimo momento, permessi e maggiorazioni che scompaiono in busta paga, problematiche che sono emerse dalle testimonianze raccolte da USB. Eccone qualcuna: “Molte volte mi hanno chiamata la sera prima per un cambio di orario, senza rispettare il preavviso di 24 ore. Spesso presto servizio in più musei nello stesso giorno e capita di lavorare più di 10 ore con una sola pausa non retribuita. Pur avendo segnalato le ore mancanti in busta paga sia all’agenzia interinale che alla cooperativa per cui lavoro, ad oggi non mi è stato restituito nulla. Ti rinnovano il contratto solo se sei accondiscendente, se non ti lamenti delle condizioni imposte, se fai il loro gioco e se non ti ammali spesso.” segnala una dipendente. “Sono stata accusata di avere poca o nulla etica lavorativa perché mi sono rifiutata di mentire sulle mie competenze e sul possesso del corso antincendio, mi è stato intimato di essere omertosa e di ricordarmi sempre chi mi pagava perché avrei potuto perdere il lavoro nell’immediato se avessi ‘tradito'” scrive un ex dipendente della Galleria degli Uffizi. Tra le richieste ribadite ci sono quindi il riconoscimento delle maggiorazioni domenicali, chiarimenti sul mancato pagamento degli straordinari, e soprattutto l’applicazione del contratto Federculture al posto del Multiservizi: “L’attuale contratto prevede 8 euro lordi, la maggior parte di loro sono inquadrati come addetti pulizie, mentre svolgono anche sorveglianza, metal detector e distribuzione dei libri per chi lavora alla Biblioteca Nazionale. Una tattica speculativa per pagarli meno e intascare la differenza di stipendio”. Queste rivendicazioni sono comprensibili, se si pensa che nel 2024 Dussmann ha avuto un profitto di 988 milioni di euro.
Ad agosto il deputato del Pd Arturo Scotto ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Cultura e al ministro del Lavoro e delle politiche sociali per chiedere “se si ritenga accettabile, specie in un periodo come questo caratterizzato da un carovita insostenibile, che nei musei statali si operi un residuo abbattimento di costi di gestione dei servizi aggiuntivi e strumentali ad evidente discapito della remunerazione e della stabilità del lavoro”. Consip, concessionaria del ministero per gli appalti pubblici, che ha affidato l’appalto a Dussmann tramite bando, ha chiesto chiarimenti formali all’azienda quanto alle denunce. Ma dall’estate a oggi, la Dussmann ha scelto il silenzio, fatta eccezione per una nota di luglio in cui denunciava “inesattezze” nelle accuse sindacali. “Non potrà farlo ancora a lungo – dichiarano i lavoratori – oggi invitiamo l’azienda a rispondere pubblicamente invece di spiarci”. Intanto, la mobilitazione non si ferma. Dopo le conquiste ottenute a Milano, Verona, Rimini e Pisa, dove i bandi hanno iniziato a prevedere l’applicazione del contratto Federculture, anche a Firenze la battaglia continua: “La nostra città non può restare il laboratorio dello sfruttamento nel settore culturale. Ci vedranno di nuovo in piazza, finché i nostri diritti non saranno riconosciuti”. Una determinazione che oggi trova eco anche a Roma, dove i lavoratori della Sapienza, dopo una prima mobilitazione nel 2023, sono tornati a protestare contro le esternalizzazioni e il lavoro precario, denunciando il caso di un dipendente escluso dall’appalto dopo essersi iscritto alla sigla sindacale COBAS.
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