Flotilla verso Gaza: Israele difende la sicurezza, Giorgia Meloni smonta le ambiguità

  • Postato il 30 settembre 2025
  • Di Panorama
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La Flotilla diretta a Gaza ha ormai superato il raggio di sorveglianza dell’esercito israeliano e punta a varcare la cosiddetta «linea arancione», la zona di mare considerata di rischio massimo. Sono più di cinquanta le imbarcazioni che, presentandosi come missione umanitaria, hanno salpato con l’obiettivo di raggiungere la popolazione palestinese. Ma per Gerusalemme e non solo, la realtà è ben diversa: dietro la facciata civile si nasconde l’ennesima provocazione politica, un’operazione concepita per incrinare la legittimità del blocco navale e regalare visibilità a Hamas.

Le prove raccolte dall’intelligence israeliana parlano chiaro: la Flotilla non è una semplice missione solidale, ma un’iniziativa sostenuta e agevolata da Hamas. Documenti sequestrati a Gaza hanno rivelato finanziamenti occulti, coperture logistiche e il ruolo decisivo della macchina di propaganda islamista nel trasformare la spedizione in un evento politico. Obiettivo: costringere Israele a un intervento spettacolare e alimentare una nuova campagna mediatica contro lo Stato ebraico.

Fonti militari israeliane temono scontri e un possibile incidente durante l’operazione, che non si annuncia semplice vista la massa di barche coinvolte. Tutto come previsto, dunque: Israele aveva promesso che avrebbe fatto rispettare il blocco navale imposto sulle acque di Gaza e ha approntato un massiccio dispositivo per fermare la cosiddetta Gsf, mentre naviga in acque internazionali. All’azione partecipano anche gli incursori dell’unità speciale Shayetet 13, chiamati a prendere il controllo delle imbarcazioni. Gli uomini hanno ricevuto l’ordine di non impiegare «forza letale», ma in una situazione così delicata le incognite restano numerose. La Marina prevede di trasferire gli attivisti su una grande nave militare dotata di celle e di rimorchiare le imbarcazioni verso il porto di Ashdod, con la possibilità che alcune vengano affondate in mare.

Nel pomeriggio, a 180 miglia da Gaza, la fregata italiana Alpino, inviata per fornire assistenza, ha comunicato al convoglio che alle 2 di notte – quando la distanza si ridurrà a 150 miglia – si fermerà «per non pregiudicare in alcun modo le garanzie di sicurezza delle persone imbarcate». È la linea rossa che non può essere oltrepassata senza entrare in rotta di collisione con l’Idf. La nave della Marina italiana ha comunque dato disponibilità ad accogliere eventuali persone che volessero trasferirsi a bordo.

Non è la prima volta che accade. Già nel 2010, con la vicenda della Mavi Marmara, una nave presentata come missione di pace si rivelò tutt’altro che neutrale: a bordo non c’erano solo attivisti, ma militanti legati a organizzazioni estremiste. L’episodio si concluse con scontri e vittime, dimostrando quanto sia rischioso confondere aiuti e propaganda. Oggi la storia sembra ripetersi, con Hamas che tenta di usare la solidarietà come scudo per i propri interessi.

In Italia, intanto, le sigle sindacali Cgil e Usb hanno minacciato che «se li toccano o li bloccano, sarà sciopero generale». Un messaggio che già alimenta cortei e occupazioni di scuole e università, col rischio di trasformarsi in un megafono inconsapevole della propaganda di Hamas.

Dal governo la linea è stata chiara. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto di aver parlato con l’omologo israeliano «per chiedere di non usare violenza, qualora dovessero fermare gli italiani della Flotilla». Guido Crosetto ha invitato gli equipaggi a «scegliere una soluzione alternativa», mentre Matteo Salvini ha chiesto apertamente lo stop alla navigazione. Ma è stata il premier Giorgia Meloni a mettere il punto politico più netto: «Leggo con stupore le parole della Flotilla che mi accusa di considerare un pericolo civili disarmati e navi cariche di aiuti. La verità è semplice: quegli aiuti possono essere consegnati senza rischi attraverso i canali sicuri già predisposti. Insistere nel voler forzare un blocco navale significa rendersi – consapevolmente o meno – strumenti di chi vuole far saltare ogni possibilità di un cessate il fuoco. Perciò risparmiateci le lezioni di morale sulla pace se il vostro obiettivo è l’escalation. E non strumentalizzate la popolazione civile di Gaza se non vi interessa davvero il loro destino».

Il premier ha smontato così le ambiguità della missione, chiarendo che la Flotilla non è un atto neutrale, ma un gesto politico costruito per delegittimare Israele e spalleggiare Hamas. Lo Stato ebraico ha il diritto e il dovere di difendere la propria sicurezza e impedire che il blocco venga violato. Consentire passaggi incontrollati significherebbe aprire la strada a traffici di armi e militanti, con conseguenze devastanti. Dietro i proclami di pace, dunque, si nasconde una strategia di destabilizzazione. Israele resta fermo, e l’Italia, con Meloni in prima fila, ha scelto di non cadere nella trappola. La pace non passa dalle provocazioni in mare, ma da negoziati seri e da canali sicuri per gli aiuti. Tutto il resto è solo propaganda.

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Panorama

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