Fognini contro la "nuova" Davis: "Se resta così per Alcaraz e Sinner non sarà mai una priorità"

  • Postato il 25 novembre 2025
  • Di Virgilio.it
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Che fosse una ferita ancora aperta non c’era bisogno di ribadirlo. Perché Fabio Fognini avrebbe meritato davvero di alzare la Davis: nessuno più di lui l’ha amata, considerata e venerata per un decennio almeno, quando però l’Italia del tennis non produceva tutti questi talenti capaci di andare in giro per il mondo a comandare come faceva duemila anni fa l’Impero Romano. “Perché non sono andato a Bologna? Ho fatto un passo indietro. La Davis è stata la mia vita, ma oggi la seguo da lontano, come tutto il mondo del tennis. Non guardo più le partite, mi sono disconnesso”.

Un sogno che non si è realizzato: “Me lo sarei meritato”

Nelle parole di Fabio si scorge ancora un po’ di quella vena malinconica (e polemica) che due anni fa lo portò a criticare la scelta del capitano Filippo Volandri di escluderlo dalla squadra che a Malaga avrebbe conquistato la prima delle tre insalatiere consecutive.

“Ho tanti ricordi tra cimeli, bandane, medaglie e magliette legate alle mia carriera in Davis, ma non ho una coppa a casa. È un sogno che non si è realizzato, eppure penso che per tutto quello che ho fatto nel corso della mia avventura l’avrei meritato. Sarebbe stato più giusto avere un lieto fine, ma non è successo ed è rimasto un sogno chiuso in un cassetto”.

Una storia lunga e appassionata, ripensando ai 32 match disputati in 12 anni (30 convocazioni in totale), con 23 vittorie in singolare (la prima con Hrbaty nel 2009, l’ultima con Opelka nel 2019) a fronte di sole 9 sconfitte, cui si aggiungo le 12 vittorie su 23 partite giocate in doppio.

La “nuova” Davis che non tira più: “Dove sono i top 10?”

Questa nuova versione della Davis, però, a Fognini non sembra proprio piacere. E magari anche per questo se ne tiene un po’ alla larga. “L’hanno trasformata completamente, e a mio modo di vedere è peggiorata rispetto al passato. È una cosa che penso sin da quando è stata proposta questa nuova formula, e col tempo mi pare che stiamo vedendo che chi la critica ha ragione di farlo. Insomma, a Bologna c’era soltanto Zverev dei top 10, mentre tutti gli altri per un motivo o per un altro se ne sono tenuti alla larga.

Le assenze di Alcaraz e Sinner hanno tolto interesse e reso la competizione un po’ meno attraente. Non è stato un bene assistere a uno scenario di quel tipo: per Carlos e Jannik la Davis non è sarà mai una priorità, e questo la dice lunga sulla bontà del format attuale. Per questo dico che va rivisto, perché così com’è adesso non produce alcun effetto benevolo per il tennis e per la storia della competizione”.

Parole che testimoniano quanto davvero Fognini si sia staccato da quel mondo che per decenni è stato anche il suo mondo. E che gli ha negato la gioia più grande, con la beffa di aver vinto l’ultimo torneo in carriera (il Challenger di Montemar) nel giorno in cui l’Italia vinceva la Davis dopo 48 anni a pochi chilometri di distanza. Come a dire: io quel giorno dovevo vincere.

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