Forse non sapevi che… la tecnologia stealth nasce dagli abissi marini

  • Postato il 27 aprile 2025
  • Di Panorama
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Curioso pensare che la tecnologia «stealth», la scienza della mimetizzazione in campo militare, debba qualcosa al regno animale. Eppure, scorrendo la storia delle tecniche di camuffamento di aerei e navi, si arriva alle profondità oceaniche. È noto come molti pesci e molluschi, per sfuggire o per attaccare predatori e prede, abbiano sviluppato incredibili capacità mimetiche.

Una in particolare fu alla base degli esperimenti di contro-illuminazione applicati ai velivoli e alle navi da guerra tra gli anni ’30 e ’40 del XX secolo. In alcune specie marine la capacità mimetica si è sviluppata come «isoluminanza», ossia la facoltà di imitare la luce che filtra dalla superficie marina per confondersi con l’ambiente circostante. Una seppia del Pacifico, la Watasenia scintillans, è in grado di mimetizzarsi tramite contro-illuminazione grazie a fotofori presenti sulla superficie corporea, la cui luminescenza imita perfettamente la luce filtrata dal mare, rendendo la piccola seppia invisibile se vista dal basso.

La contro-illuminazione fu studiata tra le due guerre prima dalla Marina canadese e in seguito dall’aeronautica Usa, in particolare per la caccia ai sommergibili, in quanto una individuazione ritardata dei cacciabombardieri avrebbe reso più difficili le manovre di immersione aumentandone la vulnerabilità. Per quanto riguardava le navi, imitare la luce dell’orizzonte avrebbe permesso un avvicinamento maggiore agli obiettivi e ritardato l’azione delle batterie o delle imbarcazioni nemiche.

La sperimentazione della contro-illuminazione dagli anni ‘10 al Vietnam

La prima sperimentazione su un aereo si svolse ancora prima che le autorità militari si interessassero alla contro-illuminazione e fu portata avanti da una donna, Mary Taylor Brush. Artista e pilota, amica di Amelia Earhart, fu la prima ad applicare alla tela delle ali del suo monoplano una serie di lampadine per rendere invisibile il suo piccolo Morane Borel grazie alla imitazione della luce naturale. Gli esperimenti della Brush finirono con un volo nel cielo di Long Island, New York. Erano gli anni della Grande Guerra ma la soluzione non fu mai impiegata in combattimento aereo.

L’interesse per la contro-illuminazione riprese negli anni Trenta, ad opera inizialmente della Royal Canadian Navy che la testò nel 1940 sulla HMS «Largs» tramite l’applicazione di fotoelettriche orientate verso lo scafo per modificare l’illuminazione della superficie del natante. Gli Stati Uniti seguirono con l’aviazione di Marina nel 1943 per applicare la contro-illuminazione sperimentale ai caccia e ai bombardieri nella lotta ai sommergibili U-Boot.

Il nome «Yehudi Lights» nacque da un tormentone popolare in voga all’epoca, derivato dal nome del famoso violinista Yehudi Menhuin durante un programma radio di Bob Hope. L’espressione «Who’s Yehudi?» divenne sinonimo di una persona «nota ma non visibile».

La U.S. Navy sperimentò un’evoluzione di quanto già provato dai canadesi, con l’applicazione di luci orientabili e regolabili sulle superfici alari e sulla cappottatura motore degli aerei. Alla fine del 1943 una riproduzione lignea del bombardiere Consolidated B-24 Liberator fu dotata di luci Yehudi e appesa a cavi aerei a Oyster Bay, Long Island. Fu dimostrato che la sagoma dell’aereo, opportunamente contro-illuminata, scompariva del tutto in certe condizioni di luce.

L’esperimento fu ripetuto su cacciabombardieri Grumman TBF Avenger, aerosiluranti che furono dotati di luci Yehudi la cui intensità veniva regolata automaticamente da sensori esterni. I risultati furono confortanti, poiché riducevano di molto la visibilità dell’aereo in avvicinamento — da una media di 19 km a meno di 3 km — permettendo al velivolo attaccante di guadagnare tempo sulle manovre dei sommergibili. Tuttavia, l’esperimento non fu mai applicato in larga scala: la tecnologia radar, rapidamente evolutasi durante il conflitto, rese le Yehudi una soluzione efficace ma non determinante. Inoltre, pochi mesi dopo le ultime prove, la guerra terminò.

Ma non la storia della contro-illuminazione, che venne riconsiderata più volte nel dopoguerra. Durante il conflitto in Vietnam, alcuni cacciabombardieri F-4 Phantom furono dotati di luci Yehudi per ridurre la visibilità in un velivolo notoriamente distinguibile anche per la lunga scia che lasciava dietro di sé. Anche in questo caso si registrò una riduzione della visibilità di circa il 30%.

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Panorama

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