Francesca Albanese sanzionata dagli Usa | Il paradosso? Dal nuovo Raìs della Siria al macellaio Duterte: ecco tutti i criminali risparmiati dalla Casa Bianca
- Postato il 13 luglio 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
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Le sanzioni americane sono spesso considerate il discrimine per decidere chi debba essere considerato un “cattivo”, il metodo condiviso per dividere il mondo tra chi si comporta in maniera accettabile e chi, invece, deve essere condannato all’isolamento. In effetti, se si scorre la lista di coloro che negli anni sono stati colpiti da questo provvedimento, che di recente ha aggiunto anche il nome della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, si trovano soggetti tutt’altro che rispettabili, tra terroristi come Osama bin Laden, narcotrafficanti alla Joaquin El Chapo Guzmán, signori della guerra come Joseph Kony o dittatori sanguinari del calibro di Kim Jong-un.
Che terribile crimine ha commesso, quindi, Francesca Albanese per ritrovarsi in compagnia di questi soggetti? Dopo l’annuncio da parte del segretario di Stato americano, Marco Rubio, lei ha reagito con ironia: “È un record, sono la prima persona dell’Onu a cui è successo. Per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver documentato un sistema? Mi sanzionano, ma non mi hanno mai contestato i fatti”. E ha poi contrattaccato: “Le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia“.
Le ritorsioni contro la relatrice italiana racchiudono una verità importante, la stessa già affiorata dopo che lo stesso provvedimento aveva colpito o l’ex procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, che indagava sui crimini americani e britannici in Afghanistan o i giudici della Cpi che hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di crimini di guerra: le sanzioni americane non colpiscono i cattivi del mondo, ma solo coloro che sono considerati dalla Casa Bianca nemici di Washington o dei suoi alleati. Per capirlo non si deve guardare ai nomi contenuti in questo speciale girone dell’inferno del XXI secolo. Al contrario, si devono cercare quelli di chi in quella lista non appare. Ecco qualche esempio.
Ahmad al-Shara’ aka Abu Muhammad al-Julani
Ahmad al-Shara’, conosciuto anche con il nome di battaglia di Abu Muhammad al-Julani
Se si cerca un esempio di come gli Stati Uniti ricorrano senza problemi al doppio standard, non c’è niente di più calzante, e pure recente, della storia del nuovo padrone della Siria, Ahmad al-Shara’. Giacca e cravatta, capello corto, barba curata, l’immagine che il 43enne siriano è stato abile a costruirsi non si discosta da quella di tanti altri leader arabi. Non serve però una memoria particolarmente lunga per ricordare che il nuovo capo del suo Paese, accolto nelle cancellerie europee e presentato dall’amministrazione Trump come un liberatore, per la maggior parte della sua vita è stato conosciuto come Abu Muhammad al-Julani, prima leader della costola siriana di al-Qaeda, Jabhat al-Nusra, e poi dell’organizzazione terroristica Hayat Tahrir al-Sham. Torture, attentati, uccisioni sommarie, persecuzioni: i gruppi da lui guidati o di cui ha fatto parte hanno versato litri di sangue siriano e iracheno per oltre 20 anni e si sono resi responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità. Lui stesso era finito nella lista dei terroristi degli Stati Uniti, colpito dalle sanzioni di Washington. Da quando ha però marciato su Damasco, mettendo fine al cinquantennale regime degli al-Assad, il giudizio su di lui è radicalmente cambiato e le sanzioni sono sparite. Tutto perdonato.
Hibatullah Akhundzada

Lapidazioni delle donne, imposizione ferrea e violenta della Sharia, uccisioni sommarie, persecuzione delle minoranze etniche, attentati e omicidi: c’è tutto questo e molto altro nel curriculum dei Talebani, il gruppo che, dopo 20 anni di controllo occidentale dell’Afghanistan seguito all’invasione del 2001, ha ripreso il potere nel martoriato Paese asiatico. Dal 2016 c’è una figura oscura, enigmatica, costantemente fuori dai radar a guidare i miliziani col turbante che controllano Kabul: Hibatullah Akhundzada. Mai vero combattente ma membro fin dalle origini dell’organizzazione, l’attuale leader è stato giudice delle corti talebane che si occupavano di giudicare il rispetto della Sharia già durante il primo governo del 1996. Uno dei suoi figli è stato un attentatore suicida e a sostenere la sua ascesa alla guida del gruppo fu l’allora capo di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, successore di Osama bin Laden. Sebbene i Talebani siano oggetto di sanzioni come entità, nessun provvedimento diretto è stato preso dagli Usa nei confronti di colui che da quasi dieci anni ne è la Guida Suprema.
Khalifa Haftar

Da dieci anni, ormai, è lui il padrone di Bengasi. Dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi, il generale e il suo Esercito di liberazione nazionale hanno più volte tentato di prendere in mano il ricco Paese nordafricano, anche marciando su Tripoli. Abile a creare fin da subito stretti legami internazionali, soprattutto con Russia, Egitto e Francia, è ormai il benvenuto nelle cancellerie europee. Con lui si deve parlare per cercare di pacificare la Libia, ma nessuna pressione, sotto forma di sanzioni, è mai stata esercitata da Stati Uniti o Unione europea. Eppure di accuse di crimini di guerra, anche da parte di organizzazioni come Amnesty International, durante le battaglie per la spartizione del Paese ne ha collezionate più di una, tra le quali ci sono uccisioni indiscriminate, tortura e varie violazioni dei diritti umani.
Rodrigo Duterte

Appena insediato promise che sarebbe diventato l’Hitler delle Filippine. Ma a essere perseguitato, stavolta, non sarebbe stato il popolo ebraico, bensì i tossicodipendenti. La sua “lotta alla droga” ha assunto fin da subito le sembianze di un massacro: nei suoi sei anni di presidenza, gli squadroni della morte hanno seminato il panico per le strade del Paese, marciando in cerca di tossicodipendenti da uccidere con esecuzioni sommarie. Secondo i procuratori della Corte Penale Internazionale furono oltre 30mila le persone giustiziate dalle sue squadracce, ben oltre le 6mila dichiarate dal governo filippino. Sanzioni americane? Nemmeno l’ombra.
Isaias Afewerki

Primo e unico presidente dell’Eritrea dal 1993, ha condotto il Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo all’indipendenza del suo Paese dall’Etiopia. Sarebbe potuto diventare un eroe nazionale, ma fin da subito ha portato avanti una politica di militarizzazione coatta, sfruttando il conflitto con il vicino per giustificare violenze e repressione del dissenso interno, trasformando l’Eritrea nel Paese con la minore libertà di stampa al mondo, come confermato dall’ultimo rapporto pubblicato da Reporter Senza Frontiere. Per mantenere il potere nelle proprie mani, Afewerki ha sostenuto in funzione anti-etiope gruppi terroristici come al-Shabaab ed è stato più volte accusato di crimini contro l’umanità. L’avvio di nuovi colloqui con l’Etiopia nel 2018 ha dato all’allora amministrazione Trump l’opportunità di rimuovere il Paese dalla lista degli sponsor del terrorismo. Afewerki, comunque, non è mai stato sanzionato direttamente.
Omar al-Bashir

Se si parla di di crimini in Sudan, non si può non citare il nome di Omar al-Bashir. Presidente per 30 anni del suo Paese, fino al 2019, dopo il golpe messo in atto da generale nel 1989, per prima cosa rese illegale qualsiasi tipo di opposizione, sciogliendo il Parlamento e mettendo il bavaglio alla stampa. Quando l’Assemblea venne riconvocata, la sua rielezione a presidente non è mai stata un reale problema e sarà rimosso solo da un altro colpo di Stato. Nel 2009 la Corte Penale Internazionale ha spiccato un mandato di cattura nei suoi confronti per crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur. Era accusato di aver ideato e attuato un progetto di eliminazione di tre gruppi etnici: Fur, Masalit e Zaghawa con omicidi di massa, stupri e deportazioni. Il regime di al-Bashir è stato oggetto di sanzioni Usa, ma il presidente non è mai finito direttamente nella blacklist americana.
Abdel Fattah al-Sisi

Ha messo fine dopo appena un anno al primo e unico governo democraticamente eletto dell’Egitto, nato dopo la destituzione del regime di Mubarak seguita alla Primavera Araba. Il generale Abdel Fattah al-Sisi ha usato i carri armati per rovesciare Mohamed Morsi, lo ha fatto incarcerare e ha dato inizio alla pesante repressione della Fratellanza Musulmana nel Paese. Migliaia di cittadini che sostenevano l’ex capo di Stato sono finiti in carcere, torturati, alcuni uccisi in circostanze oscure e altri costretti a fuggire dal Paese per salvarsi la vita. L’Egitto si è presto trasformato in uno Stato di polizia che ha violato sistematicamente i diritti umani. Cosa che, però, non ha creato particolari problemi etici ai Paesi occidentali che non hanno mai messo in discussione la partnership con uno Stato strategico, sia dal punto di vista geopolitico che economico. Nemmeno quando ha riconsegnato all’Italia il corpo massacrato e senza vita di Giulio Regeni. Non è un caso, quindi, che anche dagli Stati Uniti non siano mai arrivate sanzioni per il Raìs del Cairo.
Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant

Per loro parlano le cronache recenti. In un anno e mezzo di guerra, anche se l’ex ministro della Difesa è rimasto in carica fino a novembre 2024, Israele ha lanciato una sanguinosa campagna militare a Gaza nella quale sono state uccise più di 50mila persone, per la stragrande maggioranza civili, sono stati bombardati campi profughi, rifugi, ospedali, scuole, ong, sedi delle Nazioni Unite e soccorritori. Sono stati bloccati gli aiuti umanitari, è stata attuata una punizione collettiva del popolo palestinese, sono stati affamati donne e bambini, sono stati documentati arresti e uccisioni sommarie da parte delle Forze di Difesa israeliane.Per questo, la Corte Penale Internazionale ha ravvisato fondati motivi per accusare Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant di crimini contro l’umanità e crimini di guerra e spiccare un mandato d’arresto nei loro confronti. In questo caso gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni. Ma contro i giudici de L’Aia.
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