Francia, Macron fa retromarcia sulle pensioni: la riforma sospesa per evitare il voto anticipato

  • Postato il 16 ottobre 2025
  • Di Panorama
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La riforma delle pensioni, approvata nel 2023 senza passare per un voto parlamentare (grazie all’uso dell’articolo 49.3 della Costituzione sui poteri speciali del Presidente della Repubblica), prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni e l’allungamento degli anni di contribuzione necessari per ottenere una pensione piena (entro il 2030). Aumenta il periodo minimo contributivo, e irrigidisce l’utilizzo dei regimi speciali per i lavori usuranti.

Secondo quanto stimato dalla Cour des Comptes (la Corte dei Conti francese) e altri enti di controllo, queste misure avrebbero almeno limitato il deficit del sistema pensionistico, oggi intorno ai 6,6 miliardi di euro all’anno. Con la riforma bloccata il deficit è previsto in crescita a  15 miliardi di euro nel 2035 e fino a 30 miliardi nel 2045.  Nello stesso periodo il deficit dello Stato salirà di 470 miliardi.

Per compensare  i mancati risparmi  il governo dovrà aumentare le entrate (nuove tasse, aumenti, contributi) oppure ridurre le spese in altri settori (sanità, assistenza, investimenti). Già il bilancio 2026 contiene proposte per risparmi + nuove entrate per circa 30 miliardi di euro, per riportare il deficit pubblico sotto il 5 % del PIL.  Il mancato rispetto degli impegni di riforma mette pressione sui mercati finanziari: le agenzie di rating hanno abbassato il giudizio sulla Francia e l’onere del debito pubblico è salito.  Parigi oggi è considerata rischiosa tanto quanto l’Italia visto che il rendimento del decennale francese (3,35%) è allineato al Btp (3,37%)

I risparmi previsti erano modesti nel breve termine ma decisivi nel medio-lungo: evitare che il deficit pensionistico esploda, rallentare la crescita del debito, dare margini di manovra al bilancio. Ora, senza la riforma, lo Stato francese si prepara a un conto salato: miliardi in perdite ogni anno, tasse probabilmente più alte, tagli (magari nascosti) in servizi pubblici, e un debito che continua a gonfiarsi come soufflé al forno troppo a lungo.

E così, dopo mesi di tumulti, scioperi e teatrini parlamentari la riforma delle pensioni in Francia è finita com’era iniziata: in un gran polverone. Emmanuel Macron che si arrampica sugli specchi per dire che no, non è una ritirata, è solo una “pausa di riflessione”. In realtà era il solo sistema per consentire al premier Sebastien Lecornu di andare avanti potendo contare sull’appoggio dei socialisti. L’alternativa sarebbe stato il voto anticipato: un rischio che gli eredi di Mitterrand non possono correre essendo a rischio estinzione

  La riforma delle pensioni, approvata nel 2023 senza passare per un voto parlamentare (grazie all’uso dell’articolo 49.3 della Costituzione sui poteri speciali del Presidente della Repubblica), prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni e l’allungamento degli anni di contribuzione necessari per ottenere una pensione piena (entro il 2030). Aumenta il periodo minimo contributivo, e irrigidisce l’utilizzo dei regimi speciali per i lavori usuranti.

Secondo quanto stimato dalla Cour des Comptes (la Corte dei Conti francese) e altri enti di controllo, queste misure avrebbero almeno limitato il deficit del sistema pensionistico, oggi intorno ai 6,6 miliardi di euro all’anno. Con la riforma bloccata il deficit è previsto in crescita a  15 miliardi di euro nel 2035 e fino a 30 miliardi nel 2045.  Nello stesso periodo il deficit dello Stato salirà di 470 miliardi.

Per compensare  i mancati risparmi  il governo dovrà aumentare le entrate (nuove tasse, aumenti, contributi) oppure ridurre le spese in altri settori (sanità, assistenza, investimenti). Già il bilancio 2026 contiene proposte per risparmi + nuove entrate per circa 30 miliardi di euro, per riportare il deficit pubblico sotto il 5 % del PIL.  Il mancato rispetto degli impegni di riforma mette pressione sui mercati finanziari: le agenzie di rating hanno abbassato il giudizio sulla Francia e l’onere del debito pubblico è salito.  Parigi oggi è considerata rischiosa tanto quanto l’Italia visto che il rendimento del decennale francese (3,35%) è allineato al Btp (3,37%)

I risparmi previsti erano modesti nel breve termine ma decisivi nel medio-lungo: evitare che il deficit pensionistico esploda, rallentare la crescita del debito, dare margini di manovra al bilancio. Ora, senza la riforma, lo Stato francese si prepara a un conto salato: miliardi in perdite ogni anno, tasse probabilmente più alte, tagli (magari nascosti) in servizi pubblici, e un debito che continua a gonfiarsi come soufflé al forno troppo a lungo.

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Panorama

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