Freedom Flotilla e Thousand Madleens verso Gaza. Cannizzaro: “Il blocco navale è illegittimo, ma se Israele lo considera legale deve far passare i medici”

  • Postato il 5 ottobre 2025
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Nove barche cariche di medici, infermieri e giornalisti dirette verso la Striscia di Gaza. La missione congiunta di Freedom Flotilla Coalition, che da 18 anni sfida il blocco navale imposto da Israele, e di Thousand Madleens ha superato Creta. Partite da Catania e Otranto tra il 25 e il 30 settembre, le otto più piccole navigano all’ombra della Conscience, 68 metri e 1029 tonnellate di stazza. “Questo è un ospedale che galleggia – racconta al Fatto Vincenzo Fullone, portavoce italiano dell’ammiraglia -, trasportiamo materiali sanitari e farmaci da banco che non entrano a Gaza, i dottori a bordo lavorano giorno e notte per catalogarli in base all’uso. Stanno andando a dare il cambio ai colleghi di lì, che fanno turni infiniti negli ospedali o vengono uccisi. Molti sono palestinesi e rischiano il doppio rispetto a noi. E i giornalisti vanno a sostituire i reporter eliminati in questi due anni, perché non si spenga la luce su ciò che sta accadendo”.

Visto il trattamento riservato alla Global Sumud Flotilla è difficile pensare che alla nuova missione possa andare molto diversamente. Ma per gli organizzatori in questo caso il punto è politico: “Se Israele arresterà professionisti della sanità protetti dalle convenzioni internazionali, i governi dei loro paesi non potranno non intervenire con maggiore forza rispetto a quanto fatto con la Sumud”, spiega Michele Borgia, portavoce italiano della Freedom Flotilla.

Secondo il diritto umanitario, infatti, i medici sono persone protette e non possono essere arrestati per il solo fatto di esercitare la loro professione. Le Convenzioni di Ginevra del 1949 prescrivono la tutela del personale sanitario “in ogni circostanza”. L’articolo 23 della IV Convenzione, ratificato da Israele, precisa che “Ciascuna Parte contraente accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario”, formulazione comunemente interpretata in modo da includere anche i sanitari stranieri.

I problemi non mancano. “Il diritto internazionale sul tema è ampio, ma Israele ha ratificato solo la IV Convenzione” – spiega Enzo Cannizzaro, professore ordinario di Diritto internazionale alla Sapienza -. E negli ultimi due anni l’ha violata continuamente e in maniera molto grave: attacca gli ospedali e distrugge i beni necessari per le cure. Il problema però resta il blocco navale. Quando fermerà le navi, Tel Aviv ribadirà ancora una volta che è legittimo”.

Tuttavia non è così. La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato nel 2024 che l’occupazione imposta dallo Stato ebraico ai Territori Palestinesi è illegale e, di conseguenza, lo è anche il blocco marittimo. Nonostante ciò, Israele continua a imporlo, anche sulla scorta del “Rapporto Palmer” sulla strage della Mavi Marmara che nel 2011 definì l’embargo una “legittima misura di sicurezza per impedire che le armi entrino a Gaza via mare”.

Ma anche se il blocco fosse lecito, esso “deve essere attuato in conformità al diritto umanitario – spiega ancora Cannizzaro -, non può essere usato per affamare i civili e deve permettere il passaggio di aiuti umanitari”. Persino il Rapporto Palmer lo riconosce. Il paragrafo 33 del contestato rapporto indica che “il diritto consuetudinario rende illecito un blocco se il suo obiettivo è di affamare la popolazione ovvero di negare ad essa i mezzi essenziali per la sopravvivenza”. Spiega Cannizzaro: “Il blocco navale ha lo scopo di arrecare danni all’economia del nemico. Ma è difficile che Israele possa nuocere alle finanze di Gaza più di quanto non abbia già fatto. Tel Aviv, inoltre, lo giustifica con esigenze di sicurezza al fine di evitare che Hamas si rifornisca di armi. Ma credo che neanche questa Flotilla, come la Sumud del resto, reca armi o strumenti funzionali allo scontro bellico”. In ogni caso “qualora anche il blocco fosse considerato legittimo – conclude il docente -, Israele dovrebbe abbordare le navi e, una volta appurato che esse non trasportano armi o materiali pericolosi ma solo personale sanitario e medicine, dovrebbe consentire loro di proseguire e far sbarcare il personale medico e i farmaci a Gaza”.

Intanto la navigazione prosegue. Una delle due barche della Freedom Flotilla Coalition, la Ghassan Kanafani, si è fermata a Creta per alcune riparazioni: la vela principale si è strappata e mentre veniva tirata in secco in porto ha subito danni allo scafo. La guardia costiera greca ha chiesto i documenti totali dell’imbarcazione e ha ritirato quelli del capitano, che non potrà ripartire fino a che lo scafo non sarà nuovamente certificato. E’ quasi impossibile che riprenda il mare. Neanche l’altra – Al Awda – è ripartita e probabilmente non lo farà. Conscience, intanto, prosegue sulla sua rotta. “Venerdì ci hanno raggiunto le 8 barche a vela di Thousand Madleens – conclude Fullone sull’ammiraglia -. Ora andiamo a sud, in direzione dell’Egitto. Poi punteremo verso Gaza”. L’arrivo a ridosso della zona di mare che Israele considera di sua proprietà è previsto per mercoledì.

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Il Fatto Quotidiano

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