Lo storico Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione-museo Vittoriale degli Italiani, ha molto contribuito a rivalutare la figura discussa di D'Annunzio che «non fu fascista», come spiega, ma fornì al fascismo riti e miti. «La liturgia della politica di massa, sperimentata per la prima volta dal Vate, primo e ultimo poeta al comando nella storia dell'umanità», e poi «i discorsi dal balcone, il dialogo con i seguaci fedeli, il culto per i caduti e le bandiere, il "me ne frego", l'"a noi!", le camicie nere e i fez degli arditi, Giovinezza, le marce, le cerimonie di giuramento».
In sostanza, un pacchetto completo di simboli e slogan ben confezionati, pronti da usare per chi stava progettando la deriva autoritaria del Paese.. al posto di Mussolini? No, Grazie... Nell'estate del 1921 qualcuno pensò di sostituire Mussolini con D'Annunzio. Italo Balbo e Dino Grandi giunsero al Vittoriale per convincere il Vate a guidare i Fasci su Roma. D'Annunzio fece fare loro un giorno di anticamera, poi mandò ai visitatori un messaggio: "Cari amici, il Comandante ha vegliato tutta la notte per vedere se appariva la stella Diana per chiederle ispirazione. Il cielo coperto ha impedito la visione della stella, il Comandante vi prega di tornare domattina".. I no dalla destra e i no a sinistra. Quell'anno si presentò a Gardone anche Antonio Gramsci, che a gennaio del 1921 aveva fondato il Partito comunista d'Italia. Provò a farsi ricevere, inutilmente: "Io non posso lasciarmi imporre i colloqui", rispose il Vate.
Il 3 agosto 1922 lo scrittore, a Milano per incontrare Eleonora Duse, fu spinto da Mussolini ad arringare le camicie nere dal balcone di Palazzo Marino. Improvvisò un discorso, che però non dovette soddisfare l'altro. Insomma, il Vate fu messo da parte.. La critica al duce. Dal suo buen retiro sul Lago di Garda, lo scrittore solitario e "monocolo", come si definiva nel Libro ascetico (all'inizio del 1916 D'Annunzio era stato ferito a un occhio durante un incidente di volo su Trieste, ndr), registrava il dibattito infuocato che si accendeva in Italia attorno alla sua persona da parte di "imitatori infatuati di usurpazione".
Criticava il fascismo e i suoi gerarchi, "demagoghi che credono di aderire alla realtà e non aderiscono se non alla loro camicia sordida", anche se lui al fascismo aveva prestato molto: il mito del superuomo, ripreso da Nietzsche, il "grido guerresco della gente di Enea" (άλαλά, "alalà"), che aveva usato durante l'incursione aerea su Pola (Istria) e poi nel suo discorso agli aviatori del maggio 1919, con la formula "Eia! Eia! Eia! Alalà!"..