Garlasco, a che punto sono le indagini e tutti i protagonisti del delitto che non smette di cambiare volto

  • Postato il 12 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Se non ci fosse di mezzo una tragedia — una ragazza uccisa e forse un innocente in carcere da dieci anni — il caso Garlasco sembrerebbe una telenovela anni Ottanta. Stessi volti, ruoli che si scambiano, accuse che rimbalzano come in una sceneggiatura scritta male ma impossibile da smettere di guardare. Colpevoli che diventano vittime, testimoni che si trasformano in accusati, consulenti che si autoassolvono in diretta tv. E sullo sfondo, il nome che ha dato il titolo a tutto: Chiara Poggi.

Da marzo, quando la Procura ha riaperto le indagini, il caso è tornato a occupare le cronache, i talk show, i social. Un reality dell’orrore con criminologi improvvisati su TikTok, ospitate fisse nei salotti del pomeriggio, e teorie più fantasiose di un thriller di serie B. Tutto, tranne una cosa: la verità.

Gli accusatori sotto accusa

Il copione si è ribaltato. Gli accusatori diventano accusati, gli avvocati finiscono al centro del palcoscenico, e la toga sembra ormai un costume di scena.
Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, è stato travolto dalle sue stesse parole dopo un’intervista surreale con Fabrizio Corona, tra brindisi, rivelazioni e la maschera di “Gerry la rana”. Da lì l’accusa: l’inchiesta del 2017 sarebbe stata manipolata. Peccato che, tra un bicchiere e l’altro, il confine tra realtà e spettacolo si sia perso.

E poi c’è Angela Taccia, avvocata e amica di Sempio, divenuta bersaglio mediatico per un’emoticon — una tigre, inviata nel giorno sbagliato, al momento sbagliato. Prima idolatrata, poi messa alla gogna, come in un rituale collettivo di espiazione pubblica.

Generali, consulenti e colpi di scena

L’ennesima giravolta arriva dal generale Luciano Garofano. Prima volto esperto nei programmi tv, poi consulente della difesa Sempio, infine dimissionario improvviso con motivazione diplomatica: “mancata condivisione della strategia difensiva”. Un eufemismo per dire che la trincea si è spaccata. Poche ore dopo, i pm di Brescia lo ascoltano come persona informata sui fatti.

Intanto, l’inchiesta sull’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, apre un nuovo capitolo: accuse di corruzione, ipotesi di dossier manomessi, sospetti di indagini comprate. Lui smentisce tutto, parla di “accuse false e offensive per la mia carriera”. Ma nell’Italia dove ogni caso diventa un talk, anche il silenzio fa rumore.

Le sorelle Cappa e la memoria che non passa

C’è un cognome che torna, inesorabile: Cappa.
Stefania e Paola, insieme al padre Ermanno
, avvocato milanese, sono di nuovo sotto i riflettori. Dalle vecchie ombre del 2007 — il fotomontaggio, le accuse poi ritrattate, gli oggetti nel fosso di Tromello — alle ultime carte della Guardia di Finanza di Brescia che chiedeva accertamenti bancari mai eseguiti. La famiglia nega tutto, ma la polvere del passato continua ad alzarsi. E il tempo, ancora una volta, non basta per spazzarla via.

Gli amici, il frate e il mistero dello scontrino

In questa saga non mancano i comprimari.
C’è frate Biasibetti, ex ragazzo di Garlasco e oggi uomo di fede, che con Mattia Capra e Roberto Freddi formava il gruppo degli “amici di Sempio e Marco Poggi”. Tutti sentiti dai carabinieri, tutti a ridisegnare rapporti e ricordi.
C’è lo scontrino del parcheggio — un pezzo di carta diventato totem giudiziario — e c’è mamma Sempio, Daniela Ferrari, che passa da madre coraggio a donna sotto pressione, accusata di troppo zelo e troppa conoscenza di carte che non avrebbe dovuto avere.

Il grande assente

E poi c’è il nome che nessuno pronuncia abbastanza: Marco Poggi.
Il fratello di Chiara, l’uomo che tutto ha perso, e che da tempo è scomparso dal racconto collettivo di questo dramma. Mentre attorno a lui si consumano teatrini, accuse e carriera, la sua assenza pesa come un macigno. Non rilascia interviste, non appare nei talk, non si difende e non accusa.
È lui, paradossalmente, la figura più vera in una storia che ha smesso di parlare di verità.
E allora la domanda che resta — senza bisogno di enfasi — è solo una: dov’è Marco Poggi?

Stasi, la condanna e il dubbio

Intanto Alberto Stasi resta in carcere. Da dieci anni.
I suoi legali, Giada Bocellari e Antonio De Rensis, oscillano tra la frustrazione e la speranza: “C’è una persona in carcere da dieci anni, non dimentichiamolo”. Dopo anni di isolamento mediatico, oggi sono di nuovo ascoltati, forse rispettati, mentre l’inchiesta svela ombre su chi indagava e non solo su chi veniva indagato.

È la parabola del caso Garlasco: la giustizia che rincorre sé stessa e la memoria che non trova pace.

Autore
Panorama

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