Garlasco, ennesimo colpo di scena: Taormina rifiuta la difesa di Sempio. Crescono i sospetti su cosa successe a Chiara Poggi
- Postato il 17 ottobre 2025
- Di Panorama
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Ogni volta che si pensa che il caso Garlasco abbia detto tutto, ne riemerge un frammento. Una voce, una perizia, un nome. Stavolta, quel nome è pesante: Carlo Taormina.
Secondo quanto riportato dalla trasmissione Ignoto X su La7, Andrea Sempio — l’amico del fratello di Chiara Poggi finito nel nuovo filone d’indagine riaperto dalla Procura di Brescia — avrebbe tentato di contattare il penalista romano, figura di primo piano del diritto penale e volto noto dei processi che hanno segnato la cronaca italiana, da Cogne al caso Marta Russo, fino al dramma di Ustica.
Il tentativo, però, si è infranto su un “no” deciso. Un “no” che pesa più di una sentenza.
Il “no” di Taormina
Niente colloqui, niente proposte ufficiali, nessun incontro. Solo un messaggio fatto arrivare tramite intermediario, con l’obiettivo di capire se il professore fosse disposto a prendere in mano una difesa divenuta, nel frattempo, un campo minato tra diritto, Dna e media.
La risposta di Taormina è stata ferma: nessuna disponibilità, motivata da una convinzione personale maturata da anni di osservazione del caso. Non ritiene Sempio l’autore materiale dell’omicidio di Chiara Poggi, ma crede che si trovasse sulla scena del delitto insieme ad Alberto Stasi, già condannato in via definitiva.
Una presa di posizione chiara, netta, e — di fatto — incompatibile con l’assunzione dell’incarico.
Il contatto non è mai stato diretto: né Andrea Sempio né la sua avvocata, Angela Taccia, hanno parlato personalmente con Taormina. La mediazione si è consumata dietro le quinte, affidata a una terza persona che avrebbe semplicemente “sondato il terreno”. Risultato: terreno impraticabile.
Lo strappo con Lovati
Prima del “gran rifiuto”, c’è stato lo strappo.
Il 14 ottobre, dopo settimane di attriti, Andrea Sempio ha revocato il mandato all’avvocato Massimo Lovati, l’uomo che lo aveva accompagnato per anni e che aveva difeso la famiglia in una delle fasi più esposte dell’inchiesta.
Le cause? Pubbliche e private. Ufficialmente, divergenze di strategia. Ma in controluce si legge una frattura più profonda: la gestione mediatica del caso. Lovati era diventato presenza fissa nei talk show e nelle trasmissioni di cronaca, ma quella sovraesposizione, invece di rafforzare la difesa, avrebbe — secondo l’entourage di Sempio — acceso troppi riflettori su un’indagine ancora fragile.
Il risultato è stato inevitabile: rottura netta, e un Sempio rimasto improvvisamente senza legale di fiducia.
Il vuoto difensivo
Da quel momento, il trentottenne di Garlasco si muove in un limbo complesso: formalmente indagato, ma privo di un avvocato titolare del fascicolo.
Nel frattempo, la Procura di Brescia continua a scavare. Le nuove analisi genetiche e il filone parallelo sull’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, accusato di corruzione, hanno riportato il caso al centro dell’attenzione pubblica — e non solo giornalistica.
In questo contesto, la scelta del prossimo avvocato non sarà solo una decisione tecnica. È una questione di sopravvivenza giudiziaria e mediatica: serve una difesa capace di affrontare la prova scientifica, gestire i flussi televisivi e tenere la barra dritta tra verità e narrazione.
Il malore della madre
Come se non bastasse, il giorno successivo alla revoca del mandato, un nuovo episodio ha scosso la famiglia.
Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio, è stata colta da un malore nella sua abitazione e trasportata d’urgenza al Policlinico San Matteo di Pavia, dove è stata sottoposta a una serie di accertamenti.
Non è la prima volta che la donna vive momenti di forte stress: già a fine aprile, durante una testimonianza davanti ai carabinieri, aveva accusato un attacco di panico che l’aveva costretta a interrompere la deposizione.
Segnali di un clima familiare esausto, schiacciato dal peso di un caso che — a distanza di diciotto anni — non smette di far rumore.
I “pizzini” e l’ombra di Pavia
Al centro dell’indagine bresciana resta il nodo dei “pizzini” trovati nella casa dei Sempio durante le perquisizioni del 14 maggio e del 26 settembre.
Uno di essi riportava una frase che ha fatto tremare i faldoni:
“Venditti gip archivia x 20. 30. euro.” È da lì che è scattata l’ipotesi di reato di corruzione in atti d’ufficio a carico di Venditti, il magistrato che nel 2017 aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione per Sempio.
L’ex procuratore ha negato ogni accusa, parlando di «vita rovinata e accuse infondate». «Non ho mai preso un euro — ha detto — se non quelli del mio stipendio». E i suoi legali ribadiscono: “Le carte non contengono alcuna prova di passaggi di denaro.”
Durante la seconda perquisizione sono stati rinvenuti altri appunti: uno con la dicitura “Chiamate vs fisso Poggi”, un altro con la frase “Sa tutta la storia”, entrambi scritti a mano e trovati tra la stanza di Andrea e il comodino della madre.
Nulla di penalmente rilevante, ma abbastanza per alimentare il sospetto. In un caso come questo, anche una parola può trasformarsi in prova.
L’effetto mediatico
Intorno al procedimento continua a muoversi il teatro della cronaca televisiva: talk, prime serate, collegamenti, ricostruzioni, consulenti che diventano personaggi e avvocati che diventano ospiti fissi.
Programmi come Ore 14 Sera di Milo Infante hanno trasformato il caso in una soap giudiziaria che alterna rivelazioni, scontri e “scoop” su intercettazioni e vecchi faldoni.
Ogni nuova puntata aggiunge un tassello, ma anche un rischio: quello di sovrapporre il racconto alla realtà processuale, di creare un cortocircuito tra il dibattito mediatico e la tenuta giudiziaria. E in mezzo, Andrea Sempio. Ancora senza difensore.
La prossima mossa
Diciotto anni dopo quel 13 agosto 2007, la villetta di via Pascoli resta il simbolo di un mistero che l’Italia non ha mai smesso di inseguire.
Oggi, Sempio si trova in bilico tra un passato che ritorna e un futuro che deve ancora scrivere: la revoca di Lovati, il “no” di Taormina, il silenzio che ne è seguito. Trovare un nuovo avvocato, adesso, significa scegliere la direzione del proprio destino: restare nel labirinto o provare, ancora una volta, a uscirne.
Perché a Garlasco, più che altrove, la verità non si cerca soltanto nei reperti. Si costruisce, un dettaglio alla volta.