Garlasco, fuori l’impronta 33: incidente probatorio rinviato al 18 dicembre e un “pizzino” mina la Procura

  • Postato il 26 settembre 2025
  • Di Panorama
  • 1 Visualizzazioni

È stata una giornata che ha condensato in poche ore l’intera complessità del caso Garlasco, tra aule giudiziarie affollate, dichiarazioni incrociate e nuove piste investigative. La vicenda che dal 2007 tiene l’Italia con il fiato sospeso continua a produrre colpi di scena: la gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, ha escluso l’ormai celebre “impronta 33” dall’incidente probatorio, mentre a Brescia prende forma un’indagine parallela che scuote dalle fondamenta la credibilità di chi aveva gestito le prime fasi del procedimento.

L’impronta 33 resta fuori

L’impronta 33, da tempo al centro delle battaglie processuali, non entrerà nell’incidente probatorio. I legali della famiglia Poggi avevano insistito perché venisse inclusa, ma la difesa di Alberto Stasi si è opposta, definendo l’accertamento “ripetibile”. La difesa di Andrea Sempio si è rimessa alla decisione del giudice, che ha nominato come dattiloscopista Giovanni Di Censo per valutazioni comparative. Per gli avvocati della famiglia Poggi, rappresentati da Francesco Compagna, il rischio è che “le scelte siano già state fatte”.

La proroga: nuova udienza il 18 dicembre

Sempre la gip Garlaschelli ha concesso ai suoi periti – la genetista Denise Albani e l’esperto dattiloscopico Domenico Marchigiani – una proroga di 70 giorni per concludere gli accertamenti. Una scelta che sposta la prossima udienza al 18 dicembre, lasciando ancora sospeso il nodo centrale: i due profili di dna trovati sotto le unghie di Chiara Poggi, di cui uno riconducibile ad Andrea Sempio secondo l’accusa.

L’altro fronte: il sospetto corruzione

Parallelamente, la Procura di Brescia ha aperto un nuovo fronte che tocca l’ex procuratore pavese Mario Venditti, indagato per corruzione in atti giudiziari. Tutto nasce da un appunto manoscritto – definito “pizzino” – sequestrato a casa Sempio durante una perquisizione il 14 maggio scorso. Sul foglio, una scritta: “Venditti gip archivia x 20-30 euro”. Un promemoria che gli inquirenti ritengono legato all’archiviazione del 2017.

I soldi in movimento

Secondo gli accertamenti della Guardia di Finanza, attorno a quella data ci sarebbero stati prelievi e assegni per un totale di circa 40mila euro: assegni firmati dalle zie paterne di Andrea Sempio a favore del fratello Giuseppe, prelievi in contanti di padre e figlio, e un assegno da 5mila euro poi subito convertito in contanti. Per i pm bresciani si tratta di movimenti “anomali”, legati all’ipotesi di una somma versata per ottenere l’archiviazione.

I due ex carabinieri e i “contatti opachi”

Ma il sospetto non si ferma al denaro. Nel mirino ci sono anche due ex carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Pavia, Silvio Sapone e Giuseppe Spoto. Secondo gli atti, nel 2017 avrebbero intrattenuto rapporti “di particolare confidenza” con la famiglia Sempio. Spoto, ad esempio, avrebbe notificato un atto con un’ora di ritardo rispetto al normale, intrattenendosi a lungo con Sempio. Sapone, invece, avrebbe avuto rapporti di confidenza con l’allora procuratore Venditti. Un quadro di “anomalie” che per la Procura lascia sospettare una conoscenza anticipata dei temi d’interrogatorio e di indagini non più neutrali.

Le reazioni delle difese

Il fronte degli avvocati si è mosso con sfumature diverse, oscillando tra la durezza delle accuse e la cautela di chi prova a riportare il dibattito in equilibrio.

Antonio De Rensis, legale di Alberto Stasi, ha scelto la via della franchezza: parole scandite come fendenti, definite da lui stesso “inaudite”, per sottolineare la portata dell’indagine bresciana. “È una svolta eccezionale”, ha detto, rimarcando come l’inchiesta che portò il suo assistito in carcere fosse “costellata da errori e orrori”. Un modo per ribaltare il tavolo: qui non si toglie, si aggiunge. E aggiungere, per De Rensis, significa sbagliare meno.

Di tutt’altro tono Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio. La sua strategia è ridimensionare, riportare tutto a terra: “Quelle cifre sono troppo basse per parlare di corruzione. Serve una perizia calligrafica per attribuire quel foglio”. Parole misurate, quasi a voler spegnere l’incendio mediatico che circonda il “pizzino”.

Angela Taccia, altro volto della difesa di Sempio, ha puntato sulla tranquillità del suo assistito. Ha raccontato di una telefonata mattutina in cui Andrea si sarebbe detto sereno, addirittura “più tranquillo del solito”. Come se le perquisizioni e le accuse non lo scalfissero più, quasi abituato a convivere con il sospetto.

Infine Giada Bocellari, avvocata di Stasi, ha scelto la via del rispetto istituzionale. Nessuna polemica, nessun eccesso: “Non ci siamo mai permessi di denigrare la Procura. Questa indagine non deve turbare nessuno”. Un monito, quasi un invito a mantenere ferma la barra della giustizia senza cedere allo sconcerto.

La voce della famiglia Poggi

Ogni nuova udienza, ogni documento che emerge dagli archivi o dalle perquisizioni, riapre la stessa ferita. Per la famiglia Poggi il dolore non si è mai sopito, e la sensazione è quella di un vortice infinito in cui la memoria di Chiara viene trascinata tra sospetti, verità contrapposte e colpi di scena che sembrano non avere fine.

A dar voce allo sconcerto è stato ancora una volta l’avvocato Francesco Compagna, legale di Marco Poggi. Le sue parole sono state nette, scandite da un’amarezza che lascia trapelare la fatica di diciassette anni di processi e indagini: “I genitori di Chiara sono sconcertati. È una ferita che non si rimargina mai”.

Compagna non usa giri di parole. Parla di “paradosso dei paradossi”, perché a ogni passaggio processuale si aggiunge un nuovo tassello che rischia di alimentare la confusione invece che avvicinare alla verità. Il timore è che l’ennesima ondata di sospetti generi solo “polveroni che nuocciono alla credibilità della giustizia”. E intanto la famiglia Poggi resta lì, intrappolata in un dolore senza tempo, costretta a rivivere ogni volta la mattina del 13 agosto 2007, quando la vita di Chiara fu spezzata.

Le perquisizioni a tappeto

Dall’alba, carabinieri e finanzieri hanno perquisito le abitazioni di Venditti (a Pavia, Genova e Campione d’Italia), quelle dei due ex carabinieri indagati, oltre alla casa dei genitori e degli zii di Sempio. Nove in totale le persone raggiunte dal decreto di perquisizione. A Garlasco, dalla villetta della famiglia Sempio, gli investigatori sono usciti con scatoloni pieni di materiale.

Il nodo irrisolto

Diciassette anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, la vicenda giudiziaria continua a oscillare tra colpi di scena e sospetti mai sopiti. La “verità giudiziaria” che ha condannato Alberto Stasi a 16 anni di carcere non è mai riuscita a placare il dubbio. Oggi i riflettori sono puntati su Andrea Sempio e sul presunto sistema corruttivo che avrebbe protetto il suo nome. Ma ogni nuovo elemento rischia di moltiplicare le domande più che offrire risposte.

Appuntamento a dicembre

Il 18 dicembre si tornerà davanti alla gip Garlaschelli, con i nuovi esiti degli accertamenti. Nel frattempo l’indagine bresciana proseguirà il suo corso. L’impressione, per usare le parole dell’avvocato Compagna, è che “si combatta senza esclusione di colpi”.

E che il caso Garlasco, ancora una volta, non sia destinato a trovare pace.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti