Garlasco, i 10 punti critici dell’inchiesta bis sul delitto di Chiara Poggi

  • Postato il 6 agosto 2025
  • Di Panorama
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Chiuso con la condanna definitiva di Alberto Stasi, il delitto di Garlasco è tornato sotto la lente della Procura di Pavia che, a diciotto anni di distanza, è convinta che non sia stata scritta la verità sull’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli.

L’inchiesta è disseminata di errori, omissioni e incongruenze che hanno pesantemente condizionato la ricostruzione dei fatti. Reperti mai analizzati, testimonianze raccolte in maniera anomala, orari incompatibili con i dati oggettivi, alibi non verificati, documenti e tracciati telefonici mai acquisiti.

A distanza di quasi due decenni, nuovi elementi – emersi grazie alle indagini bis e a verifiche indipendenti – riportano alla luce falle investigative rimaste senza risposta. Sono dieci gli episodi chiave che fotografano un’inchiesta segnata da scelte e omissioni che oggi, col senno di poi, appaiono difficili da giustificare. Un mosaico di errori che alimenta il dubbio più scomodo di tutti, e cioè che la verità giudiziaria non coincida con quella storica.

1. L’impronta (insanguinata) mai analizzata

Oltre alle impronte digitali insanguinate sul pigiama, cancellate dopo il maldestro spostamento del cadavere nella pozza di sangue, sulla maglia di Chiara l’assassino lasciò anche un’impronta palmare insanguinata. Come ricorda una memoria del sostituto procuratore generale di Milano, Laura Barbaini – che rappresentava l’accusa nel processo d’Appello bis del 2014 – quella traccia era sopravvissuta alla movimentazione del corpo. Eppure, nessuno la esaminò né tentò di estrarne il Dna, per verificare l’eventuale presenza del profilo misto dell’aggressore nel sangue della vittima.

2. L’ora del delitto e il possibile alibi di Stasi

L’orario della morte di Chiara è sempre stato al centro di perizie contrastanti. La prima autopsia, firmata dal medico legale Marco Ballardini, collocava il decesso tra le 10.30 e le 12, con maggiore probabilità attorno alle 11–11.30, sulla base di parametri tanatologici e condizioni ambientali.
Negli anni successivi, la Procura e i consulenti della famiglia Poggi spostarono indietro la finestra temporale, fissandola tra le 9.12 (disattivazione dell’allarme) e le 9.35 (accensione del PC di Stasi). Questa versione fu accolta anche dalla Cassazione.
Ma una nuova perizia presentata su Giallo ribalta lo scenario: secondo il medico legale Bacco, i dati tanatologici rendono “molto improbabile” un’aggressione alle 9, confermando come più plausibile la fascia 10.30–12. Se così fosse, Stasi, in casa e davanti al computer tra le 9.37 e le 10.17, disporrebbe di un alibi documentato.

3. I tre verbali in contemporanea

Il 4 ottobre, Andrea Sempio e due amici della comitiva di Marco Poggi – Alessandro Biasibetti e Mattia Capra – vennero ascoltati dai carabinieri Cassese e Devecchi. Dalle carte emerge che Sempio fu sentito ininterrottamente dalle 10.30 alle 14.40. Peccato che, negli stessi orari, gli stessi militari avrebbero verbalizzato anche le deposizioni di Biasibetti (11.25–12.10) e Capra (13.25–14.20). Cassese, in tv, definì l’anomalia «una cappellata».

4. Il giallo dello scontrino del parcheggio a Vigevano

Al centro delle verifiche, un biglietto di parcheggio datato 13 agosto 2007. Secondo la Procura, potrebbe appartenere non a Sempio, ma alla madre, Daniela Ferrari. Dalle carte emerge uno scambio di due SMS tra la donna e l’ex pompiere Antonio B., il secondo alle 9:09, quando quest’ultimo era di turno proprio a Vigevano.
Sempio sostiene di essere uscito solo dopo il rientro della madre, usando la sua auto per recarsi in città. Se il tagliando fosse della donna, l’alibi di Sempio ne uscirebbe indebolito.

5. Lo strano verbale di Sempio e il malore senza traccia

Non bastasse la sovrapposizione di orari, Sempio ha raccontato che, dopo l’interrogatorio, venne richiamato dai carabinieri mentre era già sulla strada di casa. Gli avrebbero chiesto di tornare in caserma perché si erano dimenticati di chiedergli conto degli spostamenti di quella mattina.
In quell’occasione menzionò il giro a Vigevano e lo scontrino del parcheggio, che i militari gli avrebbero chiesto di andare a prendere. Nessuna traccia ufficiale esiste di questo andirivieni, né dell’intervento – durato circa 40 minuti – dell’ambulanza chiamata per soccorrerlo dopo un malore.

6. Il mistero della PlayStation

Nelle foto scattate dopo l’omicidio si notano tre sedie disposte in modo anomalo davanti alla TV del soggiorno: una frontale allo schermo, una laterale e una più distante. Sullo schermo, acceso, compare la schermata di un videogioco, mentre ai piedi del mobile è visibile una PlayStation con joypad collegato. Resta senza risposta la domanda: chi stava giocando quella mattina?

7. I tabulati telefonici di Ermanno Cappa

I tabulati telefonici del padre delle gemelle, Ermanno Cappa, non compaiono negli atti. All’epoca, infatti, venne commesso un errore nella richiesta di acquisizione, compilata con un numero sbagliato. Alla ricezione dell’esito negativo, nessuno pensò di correggere e inoltrare nuovamente la richiesta con il numero corretto.

8. Gli orari anomali del Telepass di Ermanno Cappa

La mattina del delitto, Cappa risulta al lavoro. Il Telepass certifica il passaggio alle 8:34.42 al casello di Gropello Cairoli, ingresso sulla Milano–Genova, e l’uscita alle 8:48.11 al casello Milano Barriera Sud: 31 chilometri percorsi in poco più di 13 minuti, pari a una velocità media di almeno 143,5 km/h secondo i calcoli della youtuber Bugalalla (Francesca Bugamelli).
Al ritorno, l’auto entra al casello di Milano alle 16:01.18, quando già si sapeva dell’omicidio, e ne esce a Gropello Cairoli solo alle 18:12.34. Oltre due ore per lo stesso tragitto dell’andata, in un tratto privo di autogrill. Anche queste anomalie non sono mai state investigate.

9. Il tampone (garza) orofaringeo mai analizzato

Il tampone orofaringeo prelevato a Chiara durante l’autopsia non è mai stato analizzato. Lo si è scoperto nell’incidente probatorio eseguito dalla genetista Denise Albani, perito del giudice, che ha estrapolato il profilo genetico denominato Ignoto 3.

All’apertura del reperto, però, la Albani non trovò un tampone – come indicato nell’autopsia – ma una garza. I consulenti di Sempio e della parte civile sottolinearono come non fosse sterile e, all’epoca, fosse addirittura ammuffita. Dettagli assenti negli atti ufficiali.

10. Le ricette mediche mancanti

Per verificare l’alibi di Maria Rosa Poggi – che disse di essersi recata in ambulatorio per ritirare ricette mediche per la figlia – venne sentito il sostituto del medico di famiglia, Davide Ghigna. Quest’ultimo dichiarò di non ricordare. Nessuno pensò di acquisire dal sistema del Servizio Sanitario Nazionale le ricette originali: agli atti restano soltanto le fotocopie fornite dalla zia di Chiara.

Autore
Panorama

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