Garlasco, il Dna sotto le unghie rallenta l’inchiesta: verso la proroga dell’incidente probatorio
- Postato il 9 settembre 2025
- Di Panorama
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Diciotto anni dopo il delitto di Garlasco, l’inchiesta che ha sconvolto l’opinione pubblica italiana sembra destinata a proseguire. La Procura di Pavia è pronta a chiedere la proroga dell’incidente probatorio – la fase delle indagini preliminari in cui si raccolgono prove destinate a essere utilizzate in un futuro processo – nell’ambito della riapertura del caso sull’omicidio di Chiara Poggi.
Il nodo è tecnico ma decisivo: il tempo previsto dalla legge, 90 giorni dall’avvio avvenuto il 17 giugno scorso, non basta per completare l’analisi della traccia di Dna trovata sotto le unghie della vittima. Servono i cosiddetti “dati grezzi” per stabilire se quel materiale genetico sia analizzabile e, soprattutto, se possa essere attribuito ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e oggi unico indagato. Al momento sono stati trasmessi solo i risultati elaborati dal Ris di Parma, un passaggio insufficiente per chiudere l’esame nei tempi previsti.
Le nuove analisi sui reperti
Mercoledì, negli uffici della Questura di Milano, è fissato un nuovo passaggio dell’indagine: il perito nominato dal tribunale, Domenico Marchigiani, ha convocato consulenti della Procura, delle difese e della famiglia Poggi per un’operazione di ricerca di impronte latenti – quelle invisibili a occhio nudo – su reperti sequestrati 18 anni fa nella villetta di via Pascoli.
L’attenzione si concentra su oggetti apparentemente banali, ma che potrebbero custodire indizi decisivi: il brick di Estathè con la cannuccia, una confezione di biscotti, un sacchetto di cereali e il sacco della pattumiera con i resti della colazione. Proprio su quella cannuccia, in passato, era già stato rilevato il Dna di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere nel 2015.
L’alibi informatico e il bagno della villetta
Parallelamente, nelle ultime ore si sono riaccesi i riflettori su particolari rimasti in ombra. Durante la trasmissione televisiva Quarta Repubblica sono stati resi pubblici due elementi sottolineati dalla difesa di Stasi.
Il primo riguarda il cosiddetto “alibi informatico”: secondo l’avvocato Antonio De Rensis, quella mattina Stasi avrebbe lavorato alla sua tesi di laurea in modo continuativo, impegnato in un’attività “intellettualmente significativa” che renderebbe incompatibile la sua presenza sulla scena del crimine.
Il secondo elemento porta dentro il bagno della villetta: lì, oltre a un’impronta insanguinata sul tappetino davanti allo specchio, è stata trovata un’impronta di Stasi sul dispenser, priva di sangue e senza tracce nel sifone. Un dettaglio che, secondo la difesa, potrebbe essere compatibile con un utilizzo avvenuto la sera precedente, dopo una cena a casa Poggi. A rafforzare questa ipotesi, l’osservazione che il lavandino presentava capelli e sporco, segno che non era stato lavato di recente.
Dubbi, garanzie e piste ancora aperte
Per De Rensis, il “ragionevole dubbio” rimane una garanzia che dovrebbe impedire di condannare un innocente. “Stasi è in carcere da dieci anni – ha ricordato – ma l’arma del delitto non è mai stata trovata”.
L’impressione è che la Procura di Pavia non intenda lasciare nulla di inesplorato. Ogni elemento tecnico, ogni traccia rimasta nei reperti, ogni dettaglio della scena del crimine viene riesaminato con l’obiettivo di ricostruire in maniera definitiva cosa accadde quella mattina d’agosto. E la proroga dell’incidente probatorio appare ormai come un passaggio inevitabile.