Garlasco, il mistero degli oggetti nel canale di Tromello
- Postato il 28 giugno 2025
- Di Panorama
- 1 Visualizzazioni


Nel canale di Tromello, a pochi chilometri da Garlasco, spuntano attrezzi da lavoro compatibili — forse — con le armi del delitto. Ma il dettaglio più sconcertante è un altro: sono stati trovati sette anni prima della testimonianza che ha riaperto il caso.
Gli oggetti ritrovati nel canale di Tromello
Una testa di mazzetta da muratore, una pinza da camino, i resti di due asce da boscaiolo: una ancora con un pezzo di manico in legno, l’altra ridotta alla sola lama in ferro. Sono questi gli oggetti sequestrati dai carabinieri durante il sopralluogo nel canale di Tromello, un mese e mezzo fa, nell’ambito delle nuove indagini sull’omicidio di Chiara Poggi. Attrezzi che, secondo una prima valutazione, potrebbero essere compatibili con l’arma del delitto, anche se all’epoca delle indagini – nonostante diverse consulenze medico-legali – non fu mai stabilito con certezza con cosa Chiara sia stata colpita e uccisa. Una, forse due armi diverse, utilizzate in momenti distinti.
Le nuove indagini, coordinate dalla procura di Pavia con il procuratore aggiunto Fabio Napoleone alla guida, per ora non si concentrano direttamente sulla possibile arma del delitto. L’attenzione è puntata su altri elementi, giudicati molto più “concreti”, nell’ambito dell’inchiesta che vede indagato per omicidio Andrea Sempio. Tuttavia, saranno comunque effettuati accertamenti per verificare la compatibilità tra questi attrezzi e le ferite riscontrate sul corpo della vittima, anche se, al momento, non rappresentano una priorità investigativa. Eppure, attorno agli oggetti di Tromello, emergono circostanze considerate «interessanti» dagli inquirenti.
Il racconto del supertestimone
A far scattare il sopralluogo è stata la testimonianza di Gianni Bruscagin, prima rilasciata alla trasmissione Le Iene e poi messa a verbale dagli investigatori. Bruscagin ha riferito di aver appreso da una persona nel frattempo deceduta (come anche il testimone diretto del fatto) che la mattina del 13 agosto 2007 Stefania Cappa, cugina di Chiara Poggi, fu vista giungere trafelata nella casa della nonna a Tromello, con una borsa pesante. Poco dopo, la stessa fonte avrebbe udito «un forte tonfo» provenire dal piccolo canale dietro la proprietà, un rumore «simile a quello che si produce gettando oggetti molto pesanti».
Bruscagin afferma di aver raccontato questo episodio all’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, al quale dice di essere stato indirizzato per cercare informazioni utili in paese. L’avvocato, tuttavia, gli avrebbe risposto che le indagini della procura di Vigevano e dei carabinieri si stavano concentrando sul fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, e gli avrebbe suggerito, eventualmente, di parlarne direttamente con gli investigatori. Dopo un confronto con un colonnello dei carabinieri, amico personale ma non coinvolto nel caso, Bruscagin avrebbe infine deciso di lasciar perdere. E per diciotto anni ha taciuto tutto, fino a questa primavera, quando ha raccontato la vicenda alla trasmissione Mediaset. Poco dopo, il 14 maggio, i magistrati Stefano Civardi, Valentina De Stefano e Giuliana Rizza hanno disposto un sopralluogo per verificare la veridicità della sua versione.
C’è però un dettaglio fondamentale, emerso anche durante la trasmissione Rai Ore 14 sera: gli oggetti in questione non sono stati trovati nel canale durante il sopralluogo di maggio. A fornirli ai carabinieri è stato un muratore egiziano, residente proprio sull’altra sponda della roggia rispetto alla casa della famiglia Cappa. Durante le operazioni dei vigili del fuoco, un operaio lo ha contattato mentre lavorava in un cantiere, informandolo della presenza di militari, giornalisti e telecamere nel canale dietro casa.
A quel punto l’uomo ha deciso di contattare direttamente i carabinieri di Gambolò, raccontando di essere sceso lui stesso nel canale sette anni prima, nel 2018, per ripulirlo dalla spazzatura. Proprio in quel punto aveva trovato la mazzetta, le due lame d’ascia e la pinza, oggetti che aveva poi conservato in un locale adibito a deposito attrezzi. Dopo aver formalizzato la sua testimonianza, ha consegnato tutto agli inquirenti, che hanno provveduto al sequestro.
Al di là della loro effettiva implicazione nel delitto – ipotesi su cui in procura si mantengono prudenti – il dettaglio che gli oggetti siano stati ritrovati nel 2018 da una persona completamente estranea alla testimonianza di Bruscagin, la quale sarebbe emersa solo nel 2025, rappresenta per gli investigatori un elemento potenzialmente significativo. In sostanza, quando il “supertestimone” ha raccontato quella vecchia storia, gli attrezzi erano già emersi da tempo, senza che lui o l’autore del ritrovamento ne avessero conoscenza reciproca. Una coincidenza che, pur senza rispondere alla domanda cruciale – quegli attrezzi sono o no le armi del delitto? – conferisce una certa credibilità al suo racconto.
E allo stesso tempo, esclude che gli oggetti possano essere stati gettati nel canale solo dopo la sua testimonianza pubblica, come eventuale tentativo di depistaggio.
La pista su Sempio e le nuove indagini
Resta però da chiarire se, e in che modo, questa vicenda sia davvero collegata all’omicidio di Chiara Poggi. L’inchiesta, condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano e dalla procura pavese, sta seguendo un indirizzo preciso. In una fase ancora coperta dal massimo riserbo, le indagini procedono senza sosta e l’incidente probatorio in corso – che riprenderà il 4 luglio – rappresenta solo uno dei tasselli del nuovo impianto accusatorio.
Secondo fonti investigative, il mosaico su cui stanno lavorando i magistrati sarebbe molto più articolato di quanto emerso pubblicamente finora. E i prossimi mesi potrebbero chiarire se, nel caso Garlasco, ci sia ancora una verità rimasta nell’ombra. Se così fosse, a 18 anni dai fatti e dopo cinque processi culminati con la condanna definitiva di Alberto Stasi, ci troveremmo davanti a uno dei colpi di scena più clamorosi della storia giudiziaria italiana.