Garlasco, impronte e DNA riaprono scenari inattesi sul delitto di Chiara Poggi
- Postato il 8 settembre 2025
- Di Panorama
- 2 Visualizzazioni


Quasi diciotto anni dopo, il giallo di Garlasco è ancora lì, sospeso tra vecchie certezze e nuove domande. Un caso che sembrava archiviato – e che due volte lo è stato, nel 2017 e nel 2020 – è tornato a riempire faldoni e agende della Procura di Pavia. Sotto la lente c’è Andrea Sempio, accusato di omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi, già condannato in via definitiva per la morte di Chiara Poggi. Il futuro processuale di Sempio si deciderà nei prossimi mesi: o rinvio a giudizio o archiviazione. Nessuna terza via.
La scadenza formale è fissata: 24 ottobre. Quel giorno, i periti incaricati dal gip dovranno illustrare i risultati dell’incidente probatorio, un lavoro certosino che in queste settimane si sta consumando tra laboratori, perizie e analisi su reperti rimasti per anni a margine.
La spazzatura di via Pascoli: impronte mai cercate
Il prossimo passo è già segnato: mercoledì 10 settembre, in Questura a Milano, verrà aperta una nuova pagina dell’incidente probatorio. Questa volta, lo sguardo è rivolto ai sacchi della spazzatura trovati nella villetta di via Pascoli il giorno del delitto. Lì, anni fa, erano state rilevate tracce di DNA di Chiara e di Stasi – confermando la versione dell’allora fidanzato, che aveva detto di aver trascorso la sera precedente con lei. Ma oggi non si cercano solo conferme: si cercano mani.
Il perito dattiloscopista Domenico Marchigiani dovrà stabilire se sul contenitore di Estathé, su un vasetto di Fruttolo e su altri oggetti domestici mai esaminati in questa chiave, possano esserci impronte utili a dare un volto diverso alla scena del crimine. Impronte che, se appartenenti a soggetti mai collegati al caso, potrebbero riscrivere equilibri e sospetti.
La “traccia 33” e il silenzio della Procura
Diverso il destino della cosiddetta “traccia 33”, impronta rinvenuta sulla parete delle scale dove venne trovato il corpo di Chiara e attribuita in passato a Sempio. La famiglia Poggi aveva chiesto di sottoporla a incidente probatorio, ma la Procura ha detto no. Una scelta che lascia intendere, almeno tra le righe, che quell’elemento non sia più ritenuto decisivo.
L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale dei genitori della vittima, non ha nascosto la sua irritazione: “Il Codice penale prevede che la procura debba fare indagini anche nell’interesse dell’indagato. La Procura di Pavia le ha estese anche nell’interesse del condannato, ma non accoglie le richieste della persona offesa”.
Unghie consumate, DNA frammentario
Uno dei fronti più delicati è quello delle unghie di Chiara Poggi. Nel 2014 la perizia di Francesco De Stefano le analizzò integralmente, consumandole, senza ottenere un profilo genetico completo. Solo frammenti di cromosoma Y, che in seguito la difesa di Stasi e i consulenti della Procura hanno collegato a Sempio.
Oggi i periti devono tornare su quei dati, riesaminare referti e interpretazioni, ma sono bloccati: attendono dal professor De Stefano dati integrativi, considerati fondamentali per chiudere il quadro. Nel frattempo, la difesa di Sempio alza il muro: “Sulle mani di Chiara non c’è DNA del mio assistito. La perizia del 2014 ha già detto che non si può ricavare un DNA”, ha ribadito l’avvocato Massimo Lovati.
La bomba dei nuovi testimoni
Come se non bastasse, è arrivata la deflagrazione mediatica firmata dal giornalista Marco Gregoretti: tre testimoni oculari, mai ascoltati in precedenza, avrebbero deciso di parlare. Persone adulte che, secondo la ricostruzione, avrebbero visto o saputo qualcosa la mattina del 13 agosto 2007, ma che per anni avrebbero taciuto per paura di minacce o intimidazioni.
Non c’è conferma ufficiale dalla Procura, che al momento non commenta, ma se l’indiscrezione trovasse riscontro si tratterebbe di un potenziale terremoto investigativo.
Albina Perri, direttore del settimanale Giallo, mantiene il freno tirato: “Da quello che mi risulta, una persona è andata a portare un video con una registrazione in cui parlano alcune persone. Non si sa altro, né se questo video sarà preso in considerazione né se si tratti di qualcosa di interessante. Staremo a vedere. Il resto al momento sono solo voci”.
Foto sparite e ricostruzioni in 3D
Sul caso pesano anche ombre più vecchie, come la scomparsa di alcune foto scattate sulla scena del crimine nel 2007, ammesse nel 2009 dall’allora pm Muscio: immagini sovrascritte dai Ris usando le stesse fotocamere per altri casi.
Oggi, il vero ago della bilancia potrebbe essere la ricostruzione in 3D della dinamica dell’omicidio, in lavorazione ai Ris di Cagliari. Un documento che dovrà mettere insieme traiettorie, tempi e movimenti, e che potrebbe chiarire contraddizioni rimaste insolute per quasi due decenni.
La corsa contro il tempo
L’inchiesta, riaperta a gennaio, dovrà chiudersi entro la tarda primavera del 2026, anche se fonti vicine alla Procura parlano di una possibile conclusione già entro gennaio. Un finale anticipato, però, dipende dall’esito delle analisi e dalla solidità delle nuove piste.
Se le impronte diranno qualcosa, se i testimoni confermeranno di voler parlare e se il 3D restituirà un quadro univoco, il caso Garlasco potrebbe entrare nella sua fase finale. Altrimenti, resterà quello che è da diciotto anni: una storia a metà tra cronaca nera e mistero giudiziario, con una verità che continua a sfuggire.