Garlasco, la nuova ricostruzione del delitto e quel misterioso suicidio dell’amico di Andrea Sempio

  • Postato il 11 giugno 2025
  • Di Panorama
  • 2 Visualizzazioni

Due scatoloni sigillati (custoditi uno al comando provinciale dei carabinieri di Milano e l’altro all’Istituto di medicina legale di Pavia). Dentro, i reperti chiave e, forse, la verità che Garlasco aspetta da quasi due decenni. È da lì che riparte l’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli. Tra vecchi reperti mai del tutto analizzati, impronte dimenticate e nuove tecnologie, la giustizia prova a riscrivere la scena del delitto. Tutto torna sotto i riflettori, compreso un messaggio criptico lasciato da un amico dell’indagato Andrea Sempio suicidatosi anni fa.

Ora i materiali ritirati per la maxi perizia saranno al centro delle analisi affidate ai periti nominati dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli: la genetista Denise Albani e il dattiloscopista Domenico Machegiani. La squadra inizierà l’attività in via Moscova, sede della Scientifica, per poi spostarsi nel pomeriggio nei laboratori universitari di Pavia. L’obiettivo: analizzare, riesaminare e confrontare tutti i materiali alla ricerca della verità. Il cuore delle nuove analisi sarà il confronto tra il profilo genetico dell’indagato Andrea Sempio e il Dna rilevato sotto le unghie di Chiara Poggi.

Ma non solo. I periti riesamineranno i risultati delle indagini genetiche svolte nel 2007, in contraddittorio tra le parti, per confrontarli anche con i profili di Alberto Stasi, dei familiari della vittima e di una lunga lista di amici e conoscenti: Roberto Freddi, Mattia Capra, Alessandro Biasibetti (legati a Sempio e Marco Poggi), Marco Panzarasa (amico di Stasi), le gemelle Paola e Stefania Cappa, oltre ai carabinieri e soccorritori intervenuti sulla scena del crimine.

Particolare attenzione sarà rivolta anche al materiale genetico potenzialmente presente sulle «para adesive» utilizzate per prelevare le impronte nella villetta di via Pascoli. Delle 60 impronte totali, ne verranno analizzate 35, quelle ritenute più significative. Si tratta di tracce rilevate su porte, portoni, mobili, e persino sul sistema d’allarme: dall’ingresso alla porta a soffietto che conduce in cantina, fino a cucina, tinello, corridoio, bagno, garage, ante della cucina.

Resta un’incognita l’«impronta 33», trovata sulla parete vicino al corpo di Chiara e attribuita oggi a Sempio. Potrebbe contenere tracce ematiche, ma mancano il campione di intonaco grattato e la provetta con la soluzione utilizzata allora per sciogliere la polvere. Senza questi elementi, sarà difficile verificarne il contenuto.

I “pezzi” di Dna saranno ricercati anche su altri oggetti mai completamente analizzati in passato: il contenuto del sacchetto della spazzatura (bottiglie di tè freddo, yogurt, piatti di plastica, incarti alimentari) e due reperti mai dimenticati – la porzione insanguinata del tappetino del bagno e il cucchiaino trovato sul divano.

Non saranno invece presi in esame due cucchiaini trovati nel lavello della cucina: non vennero repertati, anche se sono visibili in una fotografia agli atti. Curiosamente, le stoviglie della sera prima risultavano lavate e lasciate ad asciugare.

Intanto, è cominciata anche una nuova analisi delle tracce ematiche attraverso la Bloodstain Pattern Analysis (Bpa). I carabinieri hanno effettuato un nuovo sopralluogo nella villetta a diciott’anni dall’omicidio, usando laser, scanner e droni per ricostruire in 3D la casa di Chiara Poggi. A dirigere le operazioni, il comandante del Ris di Cagliari, Andrea Berti.

L’obiettivo è “rileggere” schizzi, impronte, macchie per ricostruire una possibile dinamica alternativa dell’omicidio del 13 agosto 2007. Si tenterà anche di chiarire se davvero la giovane non abbia avuto possibilità di difendersi e, soprattutto, di dare un contesto alle tre gocce di sangue trovate sul pavimento davanti al divano, che già allora sollevarono dubbi.

Nel 2007, il Ris di Parma le definì «di non facile contestualizzazione», ipotizzando che potessero risalire a una fase precedente all’aggressione mortale, avvenuta secondo la ricostruzione ufficiale a partire da violenti colpi alla testa, proprio all’ingresso della villetta. L’unica versione alternativa, quella dei consulenti della famiglia Poggi, le spiegava come gocciolamento di sangue dall’arma o dalle mani dell’aggressore, in un momento in cui Alberto Stasi si sarebbe seduto sul divano, tra un attacco e l’altro.

Un’ipotesi mai condivisa ufficialmente, ma suffragata da un altro documento dell’epoca: la consulenza biologica del Ris, che definiva quelle tre gocce «di particolare interesse investigativo perché isolate dalle rimanenti proiezioni ematiche».

Nel frattempo, Andrea Sempio, per ora unico indagato, si dice sereno per l’indagine in sé, ma preoccupato per la pressione che grava sui suoi genitori. Cerca di vivere una vita normale, tenendosi alla larga da giornalisti e telecamere, anche se non è sempre facile.

Di lui si torna a parlare anche per un altro dettaglio inquietante, legato a un amico molto vicino: Michele Bertani, che si tolse la vita due mesi dopo aver pubblicato un post criptico su Facebook. Il messaggio, firmato con il nickname Mem He Shin (una sigla che nella Cabala richiama il Quinto nome di Dio), riportava una frase dei Club Dogo: “La Verità Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!!! la Verità nessuno mai te la racconterà…”

Un passaggio già inquietante di per sé, ma che ha attirato l’attenzione perché alcune lettere, inspiegabilmente maiuscole, sembrano formare un messaggio cifrato. Secondo quanto rivelato da Il Tempo e discusso a Mattino 5, la traduzione di quelle lettere in ebraico comporrebbe una frase inquietante: “C’era una ragazza lì che sapeva”

La giornalista Rita Cavallaro, che ha firmato l’inchiesta, ha spiegato in trasmissione: “Abbiamo ricevuto da una fonte questa segnalazione particolare, che appariva incredibile. Ma abbiamo sottoposto il messaggio a due rabbini – indipendenti tra loro – che sono arrivati alla stessa traduzione”. Un dettaglio che suona come una coincidenza troppo inquietante proprio ora che emergono nuovi elementi e si affacciano ipotesi diverse sull’omicidio.

In parallelo, anche l’avvocato di Sempio, Massimo Lovati, e uno dei romeni coinvolti nello scandalo del santuario della Bozzola hanno sostenuto che “Chiara aveva scoperto qualcosa”. Una frase che, letta oggi, assume un peso nuovo e forse ancora tutto da decifrare.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti