Garlasco, la pista di più assassini riparte da un’impronta di scarpa (che non è di Stasi)

  • Postato il 29 luglio 2025
  • Di Panorama
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A quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso Garlasco continua a far emergere ombre, incongruenze e nuovi interrogativi inquietanti. Mentre l’unico condannato, Alberto Stasi, resta al centro della verità giudiziaria, fuori dalle aule di tribunale si moltiplicano perizie, simulazioni, ipotesi alternative. C’è chi parla di errori, chi di omissioni. E chi, ancora oggi, si chiede se davvero tutta la verità sia stata detta.

L’avvocato di Sempio sull’impronta 33

Nei prossimi giorni si prevede una pausa nelle novità legate al caso di Garlasco, salvo eventuali sviluppi da parte dei Ris di Cagliari, ai quali è affidata la nuova analisi Bpa (Blood Pattern Analysis) effettuata sulla base delle recenti rilevazioni nella villetta dei Poggi. Al momento non è stata ancora fissata la nuova udienza per l’incidente probatorio e la genetista incaricata dal gip non ha avviato le indagini sulle tracce biologiche.

Intanto, la difesa di Alberto Stasi ha depositato una consulenza tecnica sull’impronta 33, sostenendo, attraverso esperimenti di laboratorio, che la traccia potrebbe essere stata lasciata da una mano sudata e insanguinata.Un’ipotesi che non convince l’avvocato Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, attualmente indagato nell’ambito delle nuove indagini.

«Mi sembra una follia dire che quell’impronta è insanguinata e piena di sudore basandosi solo su una foto: sto pensando di chiedere l’estromissione della difesa di Stasi da questo procedimento», ha dichiarato Lovati a La Provincia Pavese. L’avvocato ha poi aggiunto: «Rispetto i legali di Stasi, però questa perizia non la ritengo plausibile. Abbiamo anche noi una perizia su quell’impronta che dice altro, escludendo Sempio».

Un concetto ribadito anche durante la trasmissione Morning News, andata in onda su Canale 5: «Mi sembra il piccolo alchimista da quel che ho sentito dire. Dei catini di sudore, di sangue ecc. Hanno fatto una simulazione ma sono cose che non stanno né in cielo né in terra, sembrano gli esperimenti chimici che facevamo al massimo in quarta ginnasio», ha dichiarato, aggiungendo: «Prima di arrivare a questo punto, volete chiarire se quell’impronta è attribuibile a Sempio o no? A che cosa è stata raffrontata quell’impronta? Se la parte sinistra della fotografia, per chi guarda, c’entra il palmare di Sempio oppure no?».

Nel corso della stessa puntata, l’avvocato Giada Bocellari, parte del collegio difensivo di Stasi, ha spiegato i metodi utilizzati per la perizia: «Abbiamo fatto delle sperimentazioni a livello statistico, quindi non con una impronta ma con più impronte, in diverse situazioni. Queste tra l’altro sono prove sperimentali che tutti possono fare, anche la difesa di Sempio le può replicare, non abbiamo la pretesa di essere gli unici: sono prove ripetibili. E abbiamo realizzato esattamente quello che ha fatto il Ris sull’impronta 33: abbiamo spruzzato la ninidrina, abbiamo aspettato che reagisse e abbiamo grattato l’intonaco».

Va comunque precisato che si tratta di una consulenza di parte e non di una perizia ufficiale. Inoltre, l’impronta 33 — oggi non più fisicamente disponibile ma solo documentata fotograficamente — non è stata ammessa all’incidente probatorio, ma potrà eventualmente essere esaminata in dibattimento.

La pista dei due aggressori

L’impronta 33, tuttavia, non è l’unico elemento ad alimentare dubbi e polemiche. Tornano alla ribalta, infatti, dettagli rimasti in ombra negli anni: impronte mai attribuite, una scarpa misteriosa e persino un’impronta nuda compatibile con un piede affetto da alluce valgo.

A rilanciare l’ipotesi della presenza di un secondo soggetto sulla scena del crimineè l’esperto di balistica e Blood Pattern Analysis Enrico Manieri, intervistato da Il Giorno. Dopo aver analizzato le immagini delle macchie di sangue all’interno della villetta di via Pascoli, Manieri ha individuato impronte di scarpe incompatibili con le celebri Frau n. 42 appartenenti a Stasi.

«Ci sono segni sul pavimento e sui gradini della scala che portano alla taverna lasciati da una suola diversa, con risalti rettangolari — spiega Manieri — Un’impronta si trova addirittura sul primo gradino, sporca del sangue della vittima, un’altra nella parte destra della scala. Nessuna delle 27 paia di scarpe analizzate all’epoca ha caratteristiche compatibili».

Un elemento che complica ulteriormente il quadro è un ritrovamento effettuato undici giorni dopo l’omicidio: due agricoltori scoprono un sacco di cellophane in un canale tra Villanova d’Ardenghi e Zinasco. All’interno, alcuni indumenti recenti e un paio di scarpe Valentino numero 43, con una suola compatibile con le impronte rilevate in casa.

«Il Luminol diede esito positivo — racconta Manieri — Successivamente, il test Combur risultò negativo. Ma attenzione: le scarpe erano rimaste in acqua per giorni e potrebbero esserci stati falsi negativi». Quelle scarpe, potenzialmente determinanti, furono archiviate. E in seguito scomparse, secondo alcune fonti distrutte.

L’ipotesi del killer donna

Tra i misteri irrisolti c’è anche un’impronta plantare lasciata da un piede nudo con una chiara deformazione, compatibile con l’alluce valgo, una patologia che colpisce circa il 25% della popolazione, in prevalenza femminile. A riportarlo è il sito Dillinger News, che sottolinea come l’impronta non sia mai stata attribuita ad Alberto Stasi, né ai familiari di Chiara, né a soccorritori o investigatori.

Secondo il medico legale Oscar Ghizzoni, consulente della difesa di Stasi, la morfologia dell’impronta sarebbe incompatibile con i piedi dell’imputato. Un dettaglio tecnico emerso durante i vari gradi di giudizio, ma rimasto ai margini delle sentenze.

Questo elemento apre a uno scenario finora poco esplorato: e se sulla scena del delitto ci fosse stata una donna? L’ipotesi si intreccia con altre teorie alternative che, negli anni, hanno suggerito la possibile presenza di più persone sulla scena del crimine. Alcune impronte calzavano scarpe di taglia ridotta, forse femminili, ma non sono mai state adeguatamente approfondite.

Autore
Panorama

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