Garlasco, l’impronta vicino al cadavere di Chiara Poggi «è di Sempio ed è intrisa di sangue e sudore»
- Postato il 25 luglio 2025
- Di Panorama
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L’impronta numero 33 trovata sul muro delle scale nella villetta di via Pascoli a Garlasco sarebbe stata lasciata da una mano «imbrattata di sudore e materiale ematico». È questa la conclusione (resa nota sui social del Tg1) a cui sono giunti i consulenti della difesa di Alberto Stasi – condannato a 16 anni per l’omicidio di Chiara Poggi – in una nuova relazione consegnata alla Procura di Pavia dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis.
Una consulenza tecnica che entra in contrasto diretto con le perizie depositate dai legali della famiglia Poggi e da quelli di Andrea Sempio, oggi indagato come possibile responsabile del delitto. Secondo i consulenti della difesa Stasi – Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci – l’impronta 33, attribuita dai magistrati a Sempio, non sarebbe solo compatibile con la sua mano, ma sarebbe stata lasciata da un contatto «intenso» e non accidentale, avvenuto con una mano contaminata da sangue e sudore.
I tecnici incaricati hanno condotto una serie di esperimenti su superfici simili a quelle della scala della casa di Chiara Poggi, impiegando mani sporche di varie sostanze – riporta il Corriere della Sera. I risultati: per ottenere un’impronta visibile e nitida come la numero 33, una volta applicata la ninidrina (il reagente usato per rilevare tracce biologiche), serve «un contatto palmare intenso, certamente non superficiale/sfuggevole/strisciato» e «non risulta compatibile con una normale discesa per le scale». Secondo i consulenti, il punto in cui è stata lasciata l’impronta indica che «può essere stata lasciata sporgendosi dalla soglia (gradino zero) della scala che conduce alla cantina, atteso che è la posizione più naturale per esercitare la pressione riscontrata».
Un altro aspetto chiave sollevato dalla difesa di Stasi riguarda i metodi usati dai RIS nel 2007. Secondo i consulenti, il trattamento con calce e ninidrina avrebbe «inibito i test per la ricerca del sangue», rendendo inefficace in particolare il test OBTI, normalmente usato per individuare tracce ematiche. Le prove sperimentali avrebbero confermato che la reazione tra intonaco e reagente ha compromesso la possibilità di individuare con certezza la presenza di sangue.
Il parere degli esperti è netto: «L’analisi tecnica-dattiloscopica attuata sull’impronta n. 33, unitamente alle prove sperimentali effettuate sul muro con intonaco a diverse condizioni, consentono di ritenere che tale impronta fosse imbrattata di sudore e materiale ematico, atteso che solo in tale situazione si riscontrano i depositi di materiale organico rinvenuti sull’impronta n. 33».
Resta ora da attendere la valutazione della Procura, che ha affidato una consulenza tecnica specifica al Racis dei Carabinieri. L’obiettivo è duplice: verificare l’eventuale presenza di sangue e chiarire il ruolo dell’impronta nella dinamica del delitto. Nei giorni scorsi, in risposta a una richiesta dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni (legale della famiglia Poggi), il procuratore aggiunto Stefano Civardi ha confermato che non è stato ritrovato il campione di intonaco prelevato nel 2007 durante i rilievi dei RIS. Un’assenza che rende «non possibile procedere ad accertamenti biologici» ulteriori.
Nonostante questo limite, la Procura guidata da Fabio Napoleone sta lavorando per ricostruire il contesto dell’impronta, basandosi su una relazione firmata dall’esperto dei RIS Gianpaolo Iuliano e dal dattiloscopista Nicola Caprioli. Secondo la loro analisi, la traccia, inizialmente ritenuta inutilizzabile in quanto visibile solo in parte (5-6 minuzie), sarebbe invece sovrapponibile in ben 15 punti al tracciato palmare di Andrea Sempio.
Dello stesso avviso anche i consulenti della famiglia Poggi, Dario Redaelli e Calogero Biondi, secondo cui l’impronta 33 rimane «non utilizzabile per un confronto» e, in ogni caso, sarebbe frutto di un contatto «veloce» e «non insanguinato».
La verità, a quasi vent’anni dal delitto, sembra ancora sepolta sotto uno spesso strato di incertezze, tecnicismi e contrasti tra periti. Ma la nuova analisi sull’impronta 33 potrebbe rappresentare una svolta decisiva.