Garlasco, nuova analisi sull’impronta: “Non era 42 ma 44”. Così crolla la prova chiave contro Stasi
- Postato il 16 ottobre 2025
- Di Panorama
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Nel delitto di Garlasco, quella piccola impronta di suola “a pallini” era diventata una condanna. La scarpa Frau numero 42, compatibile con la misura di Alberto Stasi, fu per anni il cardine di un castello probatorio tanto preciso quanto fragile. Oggi, però, una nuova analisi rischia di incrinare uno dei pilastri dell’accusa.
Secondo quanto emerso in un’inchiesta televisiva di Ignoto X, realizzata con il giornalista Luigi Grimaldi, l’impronta lasciata sul pavimento di via Pascoli 8 non corrisponderebbe alla misura 42, ma a una 44. Una discrepanza minima, certo, ma sufficiente a riaprire un caso che non ha mai smesso di dividere.
L’esperimento che riscrive le proporzioni
La nuova procura di Pavia, che indaga anche sull’ipotesi di omicidio in concorso per Andrea Sempio, avrebbe compiuto un sopralluogo nella fabbrica marchigiana che produceva le suole Frau. Gli inquirenti stanno cercando di capire se la famosa impronta “a pallini” possa davvero appartenere a un modello compatibile con il piede di Stasi.
Grimaldi ha mostrato nel programma una tabella tecnica di conversione delle misure: al numero 42 corrisponde una suola di 29,5 cm, mentre la 44 arriva a 30,66. Considerando che la suola supera la misura reale del piede di circa un centimetro — come indicato dal RIS — l’impronta di 28 cm repertata in casa Poggi si colloca in una forchetta compatibile con una scarpa tra il 43 e il 44.
Per la prima volta è stata anche realizzata una sovrapposizione digitale tra l’impronta del sangue e la suola di diversi modelli Frau: il risultato mostrerebbe una corrispondenza più precisa con il numero 44. Una prova che, se confermata dalle indagini ufficiali, potrebbe far crollare una delle evidenze che hanno sigillato la condanna di Stasi.
La stretta della suola e la nuova ipotesi
Il dettaglio che intriga gli esperti è la strettoia laterale della suola, una caratteristica del modello Frau attribuito all’impronta. Quel restringimento, ben visibile nella sagoma trovata sulla scena del crimine, sarebbe compatibile con il disegno del numero 44 più che con quello del 42.
Il test, mai eseguito durante i processi precedenti, apre quindi una prospettiva diversa: l’assassino di Chiara Poggi potrebbe aver calzato un numero più grande. Se la nuova comparazione verrà ritenuta attendibile, le conseguenze giudiziarie potrebbero essere pesantissime.
Raffaele Sollecito: “Si può distruggere la vita di un innocente”
La notizia ha riacceso un riflesso amaro in chi ha vissuto l’inferno della gogna giudiziaria. Raffaele Sollecito, assolto in via definitiva per il delitto di Meredith Kercher, ha pubblicato su TikTok un video in cui parla del rischio di “rovinare la vita a un innocente e poi far finta di nulla”.
“La mia storia lo dimostra – dice –: una sentenza di assoluzione non ti libera, ti imprigiona in un nuovo giudizio, quello della gente”. Un messaggio che risuona oggi più che mai nelle pieghe del caso Garlasco, dove il confine tra colpa e sospetto continua a confondersi.
Lovati fuori dal caso: “Sempio mi ha esonerato, ma la vita continua”
Nel frattempo, sul fronte difensivo, Massimo Lovati, ormai ex avvocato di Andrea Sempio, conferma la separazione: “Mi ha telefonato e mi ha esonerato. Mi dispiace, ma la vita continua”.
In un’intervista al Corriere della Sera, Lovati non nasconde l’amarezza per le divergenze sulla strategia processuale, ma rilancia: “Forse pago lo scotto di apparire troppo disinvolto. Ma io sono fatto così”. Sul tavolo, però, ci sarebbero nuovi progetti con Fabrizio Corona: “È geniale. Potrebbe nascere qualcosa di interessante. Non andrò certo ai giardinetti: finché ho salute, continuerò a difendere”.
Un’indagine che non smette di inquietare
A diciassette anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco resta un labirinto di impronte, orari e contraddizioni. Ogni nuova analisi, ogni dettaglio tecnico può cambiare la prospettiva di un processo che ha già attraversato dieci gradi di giudizio, due condanne e infinite ombre.
Se davvero quell’impronta appartiene a una scarpa numero 44, il sistema giudiziario italiano dovrà tornare indietro. Non per nostalgia di verità, ma per un dovere ancora più urgente: quello della giustizia, quando il sangue versato non smette di parlare.