Garlasco, nuovo colpo di scena: il Dna sulla garza coincide con un cadavere autopsiato prima dell’omicidio

  • Postato il 12 agosto 2025
  • Di Panorama
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Nuovo colpo di scena nel giallo di Chiara Poggi: il Dna sulla garza coincide con un cadavere autopsiato prima dell’omicidio

Un Dna parziale, degradato e rimasto senza nome per 18 anni. Ora, quel profilo genetico – trovato sulla garza utilizzata dal medico legale per prelevare materiale biologico dalla bocca di Chiara Poggi il giorno dell’autopsia – avrebbe una “concordanza” con quello di un cadavere sottoposto ad autopsia poco prima del delitto del 13 agosto 2007. A comunicarlo è la Procura di Pavia, precisando che la salma sarà riesumata per ulteriori accertamenti affidati all’antropologa e medico legale Cristina Cattaneo. Il materiale, secondo la consulenza dei genetisti Carlo Previderè e Pierangela Grignani, risalirebbe a una procedura condotta in un “lasso temporale prossimo” a quella eseguita sulla vittima di Garlasco.

Una scoperta che riapre scenari mai del tutto chiariti, e che sembra rafforzare l’ipotesi di una contaminazione, già ipotizzata negli anni da Luciano Garofano – oggi consulente di Andrea Sempio e, all’epoca, comandante del Ris di Parma – secondo cui la garza utilizzata non sarebbe stata sterile.

La madre di Sempio: “Lo stanno puntando deliberatamente”

Nello studio di Filorosso, in diretta su Rai3, l’eco di un dolore lungo diciassette anni si è fatto spazio tra testimonianze, perizie e vecchi errori mai del tutto chiariti. Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio – l’amico di infanzia di Chiara Poggi tornato nel registro degli indagati – ha preso la parola con voce ferma ma segnata dall’amarezza: «La nostra vita è cambiata il 27 febbraio, ma mio figlio non ha fatto nulla. Lo stanno puntando deliberatamente».

Un’accusa grave, che allude a un “tentativo di incastrarlo” e che riapre, ancora una volta, il capitolo più controverso della cronaca nera italiana degli anni Duemila.

Il delitto che ha diviso l’Italia

Era il 13 agosto 2007 quando Chiara, 26 anni, venne trovata senza vita nella villetta di famiglia in via Pascoli, a Garlasco. Un delitto domestico e feroce, consumato tra le mura di una casa apparentemente tranquilla in una cittadina di provincia. Fin dalle prime ore, l’indagine si concentrò sul fidanzato, Alberto Stasi, allora ventiquattrenne, che quella mattina disse di aver trovato il corpo e di aver chiamato i soccorsi.

Tra alibi, perizie sul computer, orari incerti e dettagli come le macchie di sangue e la bicicletta nera, l’inchiesta assunse presto contorni complessi e divisivi. Nel 2009 Stasi fu assolto in primo grado per insufficienza di prove, e ancora in appello nel 2011. Ma la Cassazione, nel 2013, annullò l’assoluzione, ordinando un nuovo processo: due anni dopo arrivò la condanna definitiva a 16 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato.

Un’indagine bis e il ritorno di Sempio

Negli anni successivi, la vicenda non è mai uscita dal radar mediatico. A febbraio di quest’anno, la Procura di Pavia ha riaperto l’inchiesta, inserendo tra gli indagati Andrea Sempio, amico storico della vittima, già sentito durante le prime indagini. Il suo nome è riemerso in seguito a nuove acquisizioni tecniche e a un riesame di elementi mai approfonditi del tutto.

La madre, davanti alle telecamere, ha ribadito che l’alibi del figlio è sempre stato chiaro e verificabile, e che la famiglia «ha detto la verità sin dall’inizio». «Non è mai andato ad ammazzare Chiara – ha detto – e secondo me stanno tentando di creargli addosso una storia che non esiste».

Il nodo dell’orario della morte

Nel corso della trasmissione, il luminare di medicina legale Vittorio Fineschi ha puntato l’attenzione su un dettaglio tecnico: il corpo di Chiara non sarebbe stato pesato con la bilancia autoptica. Nel referto fu indicato un peso stimato tra 45 e 50 chili, e la morte venne collocata tra le 10.30 e le 12. Secondo Fineschi, l’assenza di una misurazione precisa può influire anche di un’ora e mezza nella stima del decesso, dato che la dispersione del calore corporeo dipende anche dal peso effettivo.

Un’osservazione che, per l’avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, rientra nel lungo elenco di “errori” investigativi che hanno segnato il caso: «C’è una persona da dieci anni in carcere e continuo a sentire di passi falsi. L’indagine non è fuffa, non è finta. Sulla scena del crimine c’erano più persone».

Un giallo che non si chiude mai

Dal primo sopralluogo nella villetta di via Pascoli fino alle più recenti perizie, il caso Garlasco si è mosso in equilibrio instabile tra certezze processuali e continui colpi di scena mediatici. La condanna di Stasi è stata per molti la parola fine, per altri l’inizio di nuove domande. Nel frattempo, le perizie si sono arricchite di nuove tecnologie e letture: dalle analisi del DNA rinvenuto sotto le unghie di Chiara alle valutazioni di compatibilità con biciclette e calzature, passando per testimonianze rimaste nell’ombra.

Oggi, a distanza di quasi due decenni, la sensazione è che la verità, ammesso che emerga, non sarà mai del tutto semplice. Perché in questa storia – fatta di vite spezzate, famiglie distrutte e carte processuali infinite – ogni risposta sembra generare nuove domande. E Garlasco, ancora una volta, torna a essere il teatro di un giallo che non smette di cambiare forma.

Autore
Panorama

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