Garlasco, soldi, scommesse e il misterioso “Maurizio”: tutti i (nuovi) segreti dell’inchiesta

  • Postato il 13 ottobre 2025
  • Di Panorama
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A Pavia, dove tutto sembra avere sempre una doppia versione, il nome di Mario Venditti è tornato a scaldare le carte giudiziarie e la cronaca. L’ex procuratore aggiunto, oggi indagato per corruzione in atti giudiziari, è diventato il simbolo di un sistema che si sgretola sotto il peso dei suoi stessi segreti. Intorno a lui, una squadra di uomini della polizia giudiziaria, conti passati al setaccio, cifre che non tornano e un flusso di denaro in contanti sparito nel nulla. Sullo sfondo, l’omicidio di Chiara Poggi e quell’archiviazione di Andrea Sempio nel 2017 che oggi appare sempre più come il tassello mancante di un puzzle che nessuno voleva ricomporre.

Secondo la Guardia di Finanza, gli uomini di Venditti spendevano più di quanto potessero permettersi. E non per distrazioni momentanee, ma per un vero e proprio vizio, quello del gioco. Il maresciallo dei carabinieri Antonio Scoppetta, uno dei più fidati della squadra, nel 2020 arriva a spendere quasi quarantasettemila euro in scommesse e lotterie, complice il lockdown e una solitudine che si traduce in compulsione. Negli altri anni si ferma “solo” a trenta o trentacinquemila. E non è l’unico. Anche il responsabile della sezione di Pg, Silvio Sapone, spendeva mille euro al mese nel suo centro Snai di fiducia. Tutto tracciato. Tutto incompatibile con il loro stipendio.

Per la Guardia di Finanza è la prova di un tenore di vita impossibile da giustificare, per la Procura di Brescia e Pavia è una linea da seguire: perché solo i soldi, alla fine, possono raccontare la verità.

La squadra di Pavia e le intercettazioni “aggiustate”

Era il febbraio del 2017 quando la squadra di polizia giudiziaria guidata da Sapone e composta da Scoppetta e Giuseppe Spoto — quest’ultimo perquisito ma non indagato — si occupava delle intercettazioni sull’amico di Chiara Poggi, Andrea Sempio. Fu proprio Spoto a trascrivere le registrazioni piazzate sull’auto dei Sempio. Ma nella versione riportata agli atti c’è una discrepanza che oggi pesa come una prova: «I Sempio parlano di come pagare gli avvocati», scrive. Il testuale, invece, recita: «Dobbiamo trovare la formula per pagare quei signori lì». Un cambiamento apparentemente minimo, ma sufficiente per orientare un’indagine.

Quando gli inquirenti gli chiedono spiegazioni, Spoto risponde che la colpa è della fretta. Fretta voluta proprio da Venditti, che “chiese le trascrizioni subito per poter procedere all’archiviazione”. Da quel momento, per gli investigatori, la coincidenza tra errori, velocità e decisioni diventa più che sospetta.

Venditti, intanto, era noto per la sua passione per le scommesse sui cavalli. Non ne aveva mai fatto mistero, anzi lo aveva ammesso con un certo orgoglio: “Sono sempre stato un giocatore di cavalli. Venditti l’ho conosciuto lì, nel 2010”, raccontava chi lo frequentava. E quando gli chiesero se considerasse il gioco un vizio, sorrise: “Eh sì. Allora ce l’ho anche io il vizio.” Un sorriso che oggi torna nei verbali come un’ombra ironica.

Sessantamila euro e un nome sussurrato: Maurizio

Nel cuore dell’indagine, tra intercettazioni e documenti sequestrati, emerge anche un nome misterioso: “Maurizio”. Nessun cognome, solo un sussurro nelle registrazioni dei Sempio. È lui, forse, l’uomo che doveva “fare da tramite”, quello che i genitori di Andrea nominano senza mai spiegarne davvero l’identità.

Le date coincidono con i giorni in cui dai conti della famiglia escono 35mila euro in contanti, prelevati in tranche da diecimila per evitare tracciamenti. La madre di Andrea, Daniela Ferrari, spiega agli inquirenti che quei soldi servivano “per avere le carte”. Le carte segrete dell’indagine, quelle che nessuno avrebbe dovuto possedere. In casa, infatti, la Guardia di Finanza trova una copia dell’informativa del Nucleo Investigativo di Milano, datata luglio 2020 e protocollata in Procura. Daniela svia, ma ammette: “A noi gli avvocati hanno chiesto sessantamila euro. Ce lo certifica anche la Finanza.”

Quando le contestano la dichiarazione rilasciata a Le Iene, in cui affermava che l’avvocato Gian Luigi Tizzoni aveva passato atti riservati al difensore di Sempio, la donna ritratta: “Gli ho raccontato una balla. Non ho mai visto Tizzoni passare carte a mio figlio.” Ma la frase resta agli atti, come resta quel nome, Maurizio, che continua a riaffiorare nei verbali come un fantasma senza volto.

Il pizzino “Gip archivia” e la rete dei favori

A rendere il quadro ancora più opaco è un piccolo foglietto, sequestrato durante le perquisizioni: un appunto con scritto “20-30 euro Gip archivia”. Per la difesa, una nota domestica sulle spese legali. Per gli inquirenti, un messaggio cifrato. Quel “Gip archivia” suona come un pronostico troppo sicuro, una previsione che fa tremare i confini della coincidenza.

La Procura indaga anche sui rapporti di Venditti con i fratelli Raffaele e Cristiano D’Arena, imprenditori pavese che gestivano il ristorante stellato “Da Lino”, luogo abituale di incontro tra il pm e gli uomini della sua squadra. Le società a loro riconducibili, CR Service ed Esitel, avevano l’esclusiva dei servizi di intercettazione e noleggio auto per la Procura di Pavia. A entrambi i pm — Venditti e Pietro Paolo Mazza — vengono contestate presunte utilità per un totale di circa 750mila euro.

Un intreccio di rapporti e convenienze che oggi fa emergere un dubbio più profondo: quanto il confine tra amicizia, interesse e giustizia sia diventato labile dentro quel sistema pavese che per anni ha gestito silenzi, prove e archiviazioni.

L’impronta che riapre il delitto di Chiara Poggi

Mentre l’indagine economica prosegue, un’altra pista torna a far tremare la storia: la nuova perizia sull’impronta numero 42 trovata sulla scena del crimine. Secondo gli esperti, quella traccia ematica a pallini non apparterrebbe a una scarpa di Alberto Stasi, ma potrebbe essere compatibile con un modello Frau, oggi fuori produzione, indossato da chi calza un 44. Andrea Sempio, per esempio.

Un dettaglio minuscolo, eppure capace di riaprire un’intera vicenda giudiziaria. È sulla base di quella nuova analisi che la Cassazione, lo scorso anno, ha autorizzato la riapertura del fascicolo su Sempio. E da lì, come un effetto domino, si è arrivati al resto: alle intercettazioni modificate, alle spese fuori scala, ai contanti scomparsi, alle carte secretate, al misterioso Maurizio.

Un uomo solo davanti al Riesame

Domani, Mario Venditti comparirà davanti al Tribunale del Riesame per opporsi al sequestro dei suoi dispositivi informatici. Il suo legale, Domenico Aiello, parla di un’indagine “della giustizia contro la giustizia”, una macchina che rischia di distruggere anche chi potrebbe risultare innocente. Secondo Aiello, il suo assistito ha già consegnato le password dei dispositivi, ma si è rifiutato di un’ispezione indiscriminata: “Non si può scavare nella vita privata di un magistrato senza limiti e senza prove concrete.”

Eppure, il caso non riguarda più solo lui. Quello che affiora dall’inchiesta è il ritratto di un sistema che ha confuso i confini tra giustizia e privilegio, tra dovere e passione, tra gioco e potere. Gli uomini di Venditti, con le loro scommesse e i loro debiti, diventano il simbolo di una deriva più profonda: un meccanismo che ha girato per anni sopra la tragedia di una ragazza di ventitré anni uccisa in una casa di provincia e che oggi si ritrova a fare i conti con le proprie crepe morali.

Nel labirinto di Garlasco, tutto ruota ancora intorno alla stessa domanda, la più semplice e la più impossibile: chi ha davvero archiviato la verità?

Autore
Panorama

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