Garlasco, un cuscino fuori posto riapre i sospetti: “Chi ha dormito nella villetta la notte prima dell’omicidio?”

  • Postato il 5 luglio 2025
  • Di Panorama
  • 2 Visualizzazioni

C’è un oggetto che ritorna dal passato come un’ombra: un cuscino giallo e blu. A riaccendere l’attenzione è stata la trasmissione Quarto Grado, andata in onda su Rete 4 il 4 luglio. Il dettaglio in apparenza banale si carica di un significato pesante: quel cuscino, di norma sistemato in cucina nella villetta dei Poggi, il giorno dell’omicidio di Chiara – 13 agosto 2007 – era sul divano. Posizionato come se qualcuno ci si fosse appena alzato. Il 16 agosto, invece, è stato ritrovato al centro della stanza. Chi l’ha spostato? Perché? E soprattutto: qualcuno ha dormito lì?

L’ipotesi non è più marginale. Secondo alcuni, proprio nella notte precedente all’omicidio, qualcuno potrebbe aver trascorso ore in quella casa, senza che la cosa sia mai stata verbalizzata. È una domanda che pesa.

Le accuse incrociate: Sempio, Stasi e la cannuccia dell’Estathé

La scena si sposta nei laboratori, dove si analizzano reperti mai toccati prima. Tra questi, una cannuccia dell’Estathé ritrovata nella spazzatura. Il Dna emerso sarebbe di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara e unico condannato per il delitto. Per i legali della famiglia Poggi, si tratta di un elemento non emerso nei processi precedenti: «Se Stasi ha bevuto quel tè, bisognava dirlo subito ai periti. Non siamo qui a farci prendere in giro», ha detto l’avvocato Tizzoni.

La difesa di Stasi replica: il tè potrebbe risalire alla sera prima, e in ogni caso Alberto frequentava la casa. Ma per i Poggi, la questione è sostanziale. Quel tè, quella colazione, quella mattina. Non sono più dettagli, sono snodi.

Le nuove analisi: tracce, tamponi e una promessa disattesa

Intanto le analisi sulle ultime tracce ematiche, sui tamponi autoptici e sul frammento del tappetino del bagno hanno dato riscontri deboli. Nulla di nuovo. Alcuni reperti non sono mai stati analizzati prima, altri avevano già restituito esiti noti. Non ci sarebbero elementi di svolta, secondo il genetista Marzio Capra, che assiste i Poggi: «Tutto ciò che oggi è stato fatto in laboratorio ha confermato gli esiti precedenti».

Ma resta aperta la questione più sensibile: i profili genetici ritrovati sotto le unghie di Chiara. La genetista Denise Albani, consulente tecnica, dovrà analizzare i dati grezzi ottenuti dal RIS e da chi, negli anni, ha già passato al microscopio quei margini ungueali. In gioco c’è il profilo attribuito ad Andrea Sempio. Ma, come sottolineato da Capra, «non ci aspettiamo sorprese».

La traccia 33 e l’impronta dell’incertezza

Resta al centro del dibattito anche la cosiddetta “traccia 33”, una possibile impronta sul muro della scala. Secondo alcuni consulenti, sarebbe compatibile con Sempio. Secondo Garofano, consulente della difesa, no: si tratterebbe di un’imprecisione, una minuzia scambiata per impronta. La battaglia peritale è destinata a intensificarsi. Anche la difesa di Stasi sta preparando una contro-consulenza.

Marco Panzarasa, l’amico tornato dal mare

Tra le presenze ingombranti di quell’agosto, c’è anche Marco Panzarasa. Amico intimo di Stasi, era tornato proprio il 13 agosto da una vacanza in Liguria. Doveva rientrare prima, ma perse il treno. Secondo la memoria del PM Barbaini, fu protagonista di una fitta rete di messaggi e chiamate tra l’11 e il 13 agosto. Un segnale, per la Procura, che qualcosa di grave era già successo. Panzarasa abitava a pochi passi dalla casa di Chiara e possedeva una bicicletta nera da donna, simile a quella vista quella mattina nei pressi della villetta.

La sua posizione non è mai stata centrale, ma il ritorno così tempestivo a Garlasco, la vicinanza fisica e simbolica alla scena del delitto, riaccendono le domande. Perché tornare proprio il 13, con tanto anticipo su Ferragosto?

Le gemelle Cappa, il telefono e lo studio

Paola e Stefania Cappa erano tra le figure più vicine a Chiara e ad Alberto. Figlie di una famiglia nota in paese, il 13 agosto erano entrambe a casa. Stefania, che oggi è avvocato, ha raccontato con precisione cosa fece: studiò diritto penale dalle 7 del mattino, telefonò a un’amica alle 10, andò in piscina nel pomeriggio. Paola, che non stava bene ed era convalescente, dormiva. Si alzò solo per andare in bagno. Verso le 11.30 sentì la madre rientrare. Poi si riaddormentò. Alle 15.30, la zia le telefonò: Chiara era morta.

Testimonianze nette, cronologicamente dettagliate. Ma anche qui, come in tutta la vicenda, resta la sensazione che in paese molti sapessero, e pochi volessero parlare.

Il paese immobile: la strana estate del 2007

In tutto questo, ciò che più sorprende è la fotografia collettiva di un Ferragosto atipico. I ragazzi della Garlasco bene, dai più giovani come Sempio agli universitari come Stasi, sembravano tutti bloccati in paese. Chi per la tesi, chi per riposare, chi per motivi mai del tutto chiariti. Una sola eccezione: Maristella Gabetta, la migliore amica di Chiara, era in vacanza. Proprio lei, che descrisse Chiara come una sorella, notò subito ciò che nessuno disse: «Alberto non ha speso una parola per ricordarla».

“Fake news e processi paralleli”: l’appello dei legali

Venerdì sera, durante Quarto Grado, gli avvocati Giada Bocellari, Massimo Lovati e Gian Luigi Tizzoni hanno firmato un appello congiunto. «Da marzo assistiamo a una deriva informativa. Ogni giorno si pubblicano notizie false che infangano la famiglia Poggi e danneggiano l’indagine», si legge nella nota. È un invito al silenzio e al rispetto, ma anche una presa di posizione netta contro la spettacolarizzazione del dolore. Perché Chiara Poggi non è un caso mediatico. È una ragazza uccisa. E chi ha mentito — dentro o fuori quella villetta — deve essere chiamato, prima o poi, a rispondere.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti