“Gaza affamata da Israele in maniera calcolata”: l’inchiesta del Guardian sull’afflusso di aiuti alimentari nella Striscia

  • Postato il 1 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Israele ha affamato “in modo calcolato” la popolazione palestinese di Gaza tramite il controllo del flusso di cibo. È quanto denuncia l’inchiesta pubblicata dal quotidiano britannico Guardian sulla situazione nella Striscia col titolo emblematico di “matematica della fame” e la foto di un bambino denutrito. Il giornale sottolinea come le autorità israeliane abbiano, e non da oggi, calcolato quante calorie siano necessarie ai palestinesi per sopravvivere e come abbiano di conseguenza fatto entrare forniture nella Striscia ben inferiori al fabbisogno alimentare.

A riprova vengono citati dati internazionali delle ong e dello stesso Stato ebraico, a partire da quelli di Cogat, l’agenzia israeliana che ancora controlla le spedizioni di aiuti a Gaza. Questo approccio basato sul “calibrare” i livelli di carestia, sempre secondo il giornale, va avanti da decenni. “L’idea è quella di mettere a dieta i palestinesi, ma non di farli morire di fame”, affermò nel 2006 uno stretto collaboratore dell’allora primo ministro Ehud Olmert. Due anni dopo un tribunale israeliano ordinò la pubblicazione dei documenti che mostravano i dettagli di quei “macabri calcoli”.

A distanza di 20 anni, ricostruisce il quotidiano, le cose sono solo peggiorate. Nel 2006 Cogat aveva calcolato che i palestinesi necessitavano in media di un minimo di 2.279 calorie a persona al giorno che potevano essere fornite attraverso 1,836 kg di cibo. Oggi, a quasi due anni dall’inizio dell’occupazione, le organizzazioni umanitarie chiedono una razione minima ancora più piccola: 62.000 tonnellate di cibo secco e in scatola al mese per soddisfare i bisogni primari di 2,1 milioni di persone ogni mese, vale a dire circa 1 kg di cibo a persona al giorno. Per dare una idea delle proporzioni: fra marzo e giugno è stato consentito l’ingresso nella Striscia di sole 56.000 tonnellate di cibo, meno di un quarto del fabbisogno minimo della Striscia per quel periodo. Scrive ancora il Guardian: anche se ogni sacco di farina delle Nazioni Unite disponibile fosse stato raccolto e distribuito e la controversa Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) avesse sviluppato sistemi sicuri per la consegna del cibo, la fame sarebbe stata comunque inevitabile.

Il quotidiano inglese mette sotto accusa il sistema dei lanci, ripreso proprio in questi giorni, ricordando che l’anno scorso almeno 12 persone sono annegate nel tentativo di recuperare del cibo finito in mare e almeno cinque sono morte quando i pallet sono caduti loro addosso. Ma soprattutto ricordando che nei primi 21 mesi di guerra, 104 giorni di lanci aerei hanno fornito l’equivalente di soli quattro giorni di cibo a Gaza, secondo gli stessi dati israeliani.

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