Gaza, che rumore fa la guerra? Il racconto sonoro di Mohammad Yaghi
- Postato il 21 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ci siamo abituati a scrollare le immagini, anche quelle più crude, con i corpi mutilati e i bambini avvolti in lenzuola insanguinate. Abbiamo visto centinaia di video, quasi anestetizzati di fronte alle macerie di Gaza, il grigio delle strade, i profughi in marcia perenne. Abbiamo letto le testimonianze di chi è rimasto, di chi ha perso tutto. Ma che succede se chiudiamo gli occhi? Se non guardiamo le foto, i filmati, i testi? Che rumore fa la guerra? Mohammad Yaghi lo sa benissimo, perché a Gaza ci è nato “e non ne è mai uscito per un momento”. E siccome è un ingegnere del suono, non poteva che accorgersi, come e più degli altri, che una delle innumerevoli cose che erano cambiate nella sua vita era quello che ascoltavano le sue orecchie.
“A Gaza prima di questa guerra c’erano tante voci”, ricorda. E poi c’era il suono del mare, la musica, il rumore dei mercati, delle auto, delle feste. Tutto sparito, da due anni a questa parte. Al loro posto, per l’udito dei gazawi, è diventato familiare il rombo degli aerei dell’esercito israeliano, la sirena delle ambulanze, il rotolìo dei detriti mentre si scava tra le macerie per cercare i superstiti, il vociare degli ospedali da campo. Non c’è più una correlazione tra la durata di un suono e il suo valore, tra il tempo che scorre e la sua efficacia. Il fischio di un razzo dura un istante e distrugge tutto ciò che incontra. Il segnale dei soccorsi può sentirsi a lungo e non salvare nessuno.
Yaghi ha registrato centinaia di giorni di ordinario genocidio. Sulla sua storia Al Jazeera ha girato un documentario, “Gaza sound man”. Ora il suo racconto sonoro arriva in Italia attraverso una installazione che alterna i suoni raccolti da Yaghi ai messaggi vocali che si è scambiato in un dialogo a distanza con i curatori di Audiografie (https://audiografie.mmm.page/), il festival che si apre sabato 25 ottobre a Trento, negli spazi di HarpoLab, e che si propone di “utilizzare il suono come un nuovo spazio di resistenza e di libertà, non ancora completamente colonizzato dall’economia dell’attenzione”. “Silent is not an option”, è il titolo del progetto, sabato alle 11.30 Mohammad Yaghi si collegherà in diretta da Gaza per presentarlo. “Di fronte all’abisso – spiega uno dei creatori dell’installazione, il musicista Johnny Mox – possiamo scegliere di chiudere gli occhi, ma non possiamo tapparci le orecchie”.
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