“Gaza è il simbolo di un popolo che il mondo lascia morire. Stiamo soffocando la gioia dei bimbi palestinesi”: l’appello di Ghali in concerto a Milano

  • Postato il 21 settembre 2025
  • Musica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Ho soffocato un tesoro, le mie radici. Basta. Oggi guardo Gaza, il simbolo di un popolo intero che il mondo sta lasciando morire. Stiamo soffocando un altro tesoro, la gioia dei bambini palestinesi”. Sono state queste le lucide – e non scontate – frasi che sono comparse sul ledwall principale durante il concerto di Ghali ieri, sabato 20 settembre, a Fiera Milano Live. Lo show, aperto dal rapper Astro, è durato quasi due ore. Il “Gran Teatro” (questo il nome conferito al live) aveva, dietro la sua realizzazione, un’ambizione decisamente elevata. Ghali ha unito musiche, immagini e performance, con le sue visioni, contraddizioni, i suoi eccessi e le sue speranze. Le scenografie, messe in atto sul palco, hanno rappresentato un definito riflesso della società. Un teatro dove si sono alternati momenti più spensierati a quelli di riflessione.

Ad affiancare la voce di Ghali è entrato più volte in scena un corposo (ma ben amalgamato) corpo di ballo, composto da 36 ballerini, per un totale di oltre 50 performer. I visual e le coreografie sono stati scrupolosamente pensati. “È uno show che sfuma i confini tra intrattenimento e riflessione sociale e politica”, ha spiegato Mohamed Sqalli, direttore creativo del live. Si sono percepite le “forti influenze cinematografiche dell’Occidente e lo abbiamo mescolato con molti elementi provenienti dal Sud Globale, come India, Indonesia, Costa d’Avorio e la grande sezione araba con l’orchestra egiziana”, ha proseguito Sqalli. Nell’immaginario di Ghali e del suo “Gran Teatro”, il cinema ha giocato un ruolo centrale. Tra le citazioni ed ispirazioni, sono stati ripescati grandi classici degli Anni 40 e 50, come “Ziegfeld Follies”, “La Strada” e “I Clowns”, con le ultime due pellicole dirette da Federico Fellini.

Un concept show, ovvero uno spettacolo in cui viene seguita una narrazione definita, logica e coerente durante tutta l’esibizione, che non ha visto la presenza di alcun ospite (dettaglio apprezzato). Tra il pubblico erano presenti svariate famiglie, giovanissimi, universitari e alcuni ragazzi della seconda generazione d’immigrati. Provenienti, soprattutto, dal Nord Africa. Si sono viste sventolare anche decine di bandiere della Palestina. Il concerto è iniziato sulle note di “Ninna Nanna” e con delle ipnotiche mummie che danzavano sulle rappate di Ghali. Dopo “Ricchi Dentro”, l’artista italo tunisino si è fermato un secondo per raccogliere a sé il calore del pubblico tra applausi, il gesto “Sto” con la mano (simbolo che da anni viene associato al rapper ed alla sua discografia e consiste nell’unire il dito medio e l’anulare al pollice) e cori che ripetevano il nome “Ghali”.

“Ho paura di quelli vestiti eleganti e con gli orologi costosi”

Oltre all’impattante presenza del corpo di ballo, sul palco è comparso un paio di volte il creator Silvestro Baffo che, per l’occasione, ha agito in veste di presentatore. “Gli unici mostri di cui ho paura sono quelli vestiti eleganti e con gli orologi costosi”, ha detto Baffo per presentare al pubblico il brano “Ora D’aria”, una delle canzoni riuscite meglio sotto il punto di vista canoro e d’intensità emotiva espressa. “Paura e Delirio a Milano” è stata accolta ed accompagnata dai cerchi di parte del pubblico. Nella prima parte del concerto è come se si avesse assistito ad un lato netto di Ghali, senza fronzoli né tantomeno compromessi. Era “consapevolmente deciso”, sia nella scelta del look, che nelle coreografie e scenografie che, pezzo dopo pezzo, si sono susseguite. Il rapper ha cantato alcuni brani usando, idealmente, il microfono presente in un tribunale. E la giuria era stata raffigurata con volti e sembianze da pagliacci felliniani. Ghali, almeno all’inizio, aveva dei (finti) proiettili che gli andavano a completare l’outfit all’altezza del bacino e, che partivano, dalla spalla sinistra al fianco destro. Un po’ alla Rambo.

Per dare il via alla sezione “blocco trap” dello show, Ghali si è poi spostato verso un mini-palco segreto fin pochi istanti prima, lo stage B, a forma della mano (qui il riferimento grafico è alla sua label, Sto Records). L’installazione si trovava in mezzo al pit, nel cuore del pubblico. Il rapper ha poi cantato “Marijuana” mentre si stava fumando una canna. “Dende”, lievemente arrangiata da una chitarra elettrica, è stata eseguita in mezzo ai fan del pit. Il rockeggiare di “Maneskin”, invece, si è ben amalgamato alla produzione acida e distorta presente nel brano.

“Free Baby Gang, free Simba La Rue, free tutti i maranza”

Tra marce di (finti) militari nel ledwall principale ed un veloce cambio outfit che ha visto Ghali indossare un abito che ricordava una divisa appartenente a dei membri di un esercito, il rapper ha intonato “Free Baby Gang, free Simba La Rue”. Baby Gang è stato (nuovamente) arrestato, l’11 settembre 2025, a Milano, per possesso illegale di arma da fuoco. Il collega Simba La Rue, invece, era stato incarcerato lo scorso 11 aprile a Barcellona, in Spagna, perché doveva iniziare a scontare un cumulo di pene pari a oltre sette anni di detenzione per una sparatoria vicino a Corso Como (Milano) e per la “faida tra trapper” del 2022. Il “Gran Teatro” è stato sfruttato da Ghali sia per annunciare l’uscita del suo nuovo disco, nel 2026, e sia per spoilerare tre singoli che verranno inseriti nell’album. Nell’ultimo degli inediti presentati, c’è una strofa del rapper che recita: “Basta, basta. Free tutti i maranza”.

L’intro scenica di “Wily Wily” ha ripreso quella del videoclip pubblicato su YouTube, oramai nove anni fa, dove il rapper aveva il volto “schiacciato” dalla suola di una scarpa poggiata su di lui. “Il popolo italiano che si fa bere, mia mamma che guarda la tele. Uno stato che cambia il presidente, il presidente che non cambia il quartiere”, dice l’artista italo tunisino in “Wily Wily”. Verso la fine dello show sul palco è salita anche un’orchestra. “E’ quello che volevo fare nella vita. Non credete a tutto quello che dicono gli altri. Non fatevi fermare dalle regole stupide che ci rovinano i sogni. La paura è il nostro più grande nemico”, ha detto Ghali ai propri fan, dopo aver cantato l’ultima traccia presente in scaletta, “Niente Panico”.

Dai richiami alla luna tunisina, alla critica alla guerra

Ghali e la sua ampia squadra hanno allestito uno show complesso. Le scenografie, i costumi ed i visual erano spesso impattanti e non fini a sé stessi. Dai richiami alla luna tunisina, all’implicita-esplicita critica alla guerra, in ogni sua forma. Il rapper originario di Baggio, un quartiere della periferia meneghina, era fluido, dinamico e “molleggiante” sul palco. Lo sa tenere bene. Il concerto ha avuto un inizio ed una fine coerente con il “personaggio Ghali”, le sue ideologie ed il suo immaginario portato avanti in questi anni. Tra ballerini e musicisti, il palco era spesso affollato. Si è suonata un po’ di trap, di rap e di pop, con delle influenze arabe, (parzialmente) rock e classiche. Ghali è sì polivalente ma, nello show, è parso che tutto l’insieme fosse, a tratti, poco ordinato. Come se si volesse, a tutti i costi, inserire più generi ed influenze possibili che, musicalmente, hanno suonato sicuramente bene ma, alcuni arrangiamenti, potevano essere anche sorvolati, per non sembrare un “di troppo”, considerati i già impattanti elementi narrativi.

Non è stato comunicato dall’organizzazione il numero dei paganti ma, a vista, il pit (dal costo totale di quasi 74 euro, prevendita compresa, su TicketOne) e, soprattutto, il posto unico (quasi 47 euro a biglietto), presentavano alcuni vuoti. Il tema del caro prezzi dei concerti incide, inevitabilmente, sulla capacità di acquisto dei fan. Per mettere in piedi uno show come quello proposto da Ghali, considerando le spese per la location, la logistica e tutti gli strumentisti e ballerini presenti, inevitabilmente i costi di produzione si alzano sensibilmente. A pagare di più sono sia l’artista che, di riflesso, il pubblico. Ma la domanda è: nel rap, è veramente necessario proporre eventi così tanto elaborati?
Ghali, col suo “Gran Teatro” (complessivamente ben riuscito), sta scalando le gerarchie per diventare una popstar italiana a tutti gli effetti. Il rischio, però, è quello di non rappresentare più al meglio (cosa che Ghali ha sempre fatto) parte dei destinatari delle metriche, dei concetti e delle melodie proposte dal rapper: ovvero i ragazzi e le ragazze della seconda generazione d’immigrati.

La scaletta del concerto

1. Ninna Nanna
2. Ricchi Dentro
3. Boogieman
4. Wallah
5. Ora D’aria
6. Happy Days
7. Paura E Delirio A Milano
8. Boulevard
9. Lacrime
10. Flashback
11. Marijuana
12. Sempre Me
13. Marymango
14. Machiavelli
15. Ghetto Superstar
16. Dende
17. Maneskin
18. 22:22
19. Good Times
20. Habibi
21. Spoiler 1
22. Spoiler 2
23. Barcellona
24. Paprika
25. Wily Wily
26. Spoiler 3
27. Bayna
28. Cara Italia
29. Come Milano
30. Casa Mia
31. Niente Panico

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Il Fatto Quotidiano

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