Gaza Humanitarian Foundation, il nuovo direttore è Johnnie Moore: reverendo evangelico alleato di Israele

  • Postato il 5 giugno 2025
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Il 26 maggio, poche ore dopo l’avvio delle operazioni nella Striscia di Gaza, Jake Wood, fino ad allora direttore esecutivo della Gaza Humanitarian Foundation, aveva lasciato l’incarico dichiarando di non poter garantire l’indipendenza dell’organizzazione dagli interessi israeliani: è diventato “chiaro – aveva detto l’ex Marine fondatore di Team Rubicon, società di veterani che si occupa della gestione di aiuti umanitari – che non è possibile attuare questo piano rispettando rigorosamente i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza“. La vacatio è durata fino a ieri l’altro. Il nuovo capo dell’Executive Team dell’organizzazione privata incaricata di distribuire gli aiuti a Gaza è Johnnie Moore, reverendo evangelico, fondatore della società di consulenza Kairos Company, presidente dell’agenzia di pubbliche relazioni JDA Worldwide e del Congress of Christian Leaders, già membro su nomina di Donald Trump della Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale. Una garanzia d’indipendenza per la fondazione? Non esattamente.

Sul proprio profilo Linkedin Moore si descrive così: “Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, tra cui la Medaglia al Valore del rinomato Simon Wiesenthal Center“. Ovvero “un’organizzazione globale di attivisti ebrei per i diritti umani che combatte l’antisemitismo e l’odio, difende la sicurezza di Israele e degli ebrei in tutto il mondo”, come da descrizione sul sito internet, fondata da Simon Wiesenthal, ingegnere austriaco che dopo la Shoah passo il resto della sua vita a dare la caccia ai nazisti fuggiti dal crollo del Terzo Reich e sparsi per il mondo. “Costruttore di ponti e costruttore di pace – prosegue Moore descrivendo se stesso su Linkedin -, noto soprattutto per il suo importante lavoro all’intersezione tra fede e politica estera, soprattutto in Medio Oriente”.

Co-presidente del comitato consultivo evangelico della campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016, Moore è da anni il collegamento non ufficiale della Casa Bianca con un gruppo di noti evangelici conservatori e a febbraio era tornato nello Studio Ovale per la famosa photo opportunity della preghiera con il tycoon. Nel novembre 2018 era stato il portavoce della delegazione volata a Riad per incontrare Mohammed bin Salman. Il gruppo era guidato da Joel Rosenberg, stratega politico evangelico diventato scrittore che vive in Israele e scrive libri sulle profezie bibliche. Nel febbraio dello stesso anno il reverendo era stato in Israele dove aveva incontrato Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano aveva porto le sue condoglianze per la recente scomparsa del leggendario pastore evangelista Billy Graham e Moore aveva poi spiegato al Christian Post che durante l’incontro Netanyahu aveva affermato che “non ci sono amici più grandi di Israele della comunità cristiana in tutto il mondo”, aggiungendo che tra loro primeggia la comunità evangelica. “Ha espresso la sua gratitudine per la nostra amicizia di lunga data e diversi membri del gruppo hanno espresso la loro gratitudine per la forza della sua leadership nella regione”, aveva aggiunto il nuovo direttore esecutivo di Ghf.

Una figura espressione dell’amministrazione Trump e molto vicina al governo israeliano, quindi. D’altronde la comunità evangelica statunitense è da sempre a favore del movimento dei coloni, alla costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania e al trasferimento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme. Difficile, quindi, considerare quella di Moore una figura equidistante tra le esigenze di Israele e quelle dei palestinesi che vivono nella Striscia. La sua nomina equivale all’ufficializzazione dell’aderenza della Gaza Humanitarian Foundation alle posizioni e alle necessità del governo Netanyahu.

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Il Fatto Quotidiano

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