Genoa e Fiorentina cercano di fuggire dalla paura della disfatta

  • Postato il 8 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Genoa e Fiorentina cercano di fuggire dalla paura della disfatta

Maggio 2019. In un clima di terrore misto a sconforto, Fiorentina e Genoa mandano in scena il più classico dei match della paura: un punto potrebbe salvare entrambe, è l’ultima giornata, ma l’Empoli deve uscire indenne da San Siro. Il dramma genoano non si concretizza soltanto per un paio di occasioni sprecate dalla formazione azzurra e così, tra i fischi di un pubblico costretto ad assistere a 90 minuti di non calcio pur di non intaccare l’importanza di quello 0-0, tutti salvi, e se ne riparla a settembre. Della Fiorentina del secondo tragico Montella e del Genoa di Cesare Prandelli sarebbe rimasto ben poco alla ripartenza. La speranza comune? Non soffrire mai più in questo modo.

 

Novembre 2025. Cambia il teatro, perché non si giocherà al Franchi ma a Marassi, eppure Genoa e Fiorentina sembrano incredibilmente tornate a quel punto di partenza. Hanno aspettato, rimandato l’addio di Vieira e Pioli fin quando hanno potuto. Hanno visto saltare i rispettivi direttori sportivi a distanza di poche ore: prima Pradé, uscito di sua spontanea volontà, e poi Ottolini, al quale invece è stata mostrata la porta. Si sono affidate a un tecnico ad interim: Criscito (supportato da Murgita) ha quantomeno raccolto la sfuriata d’orgoglio che è servita per portare a casa la prima vittoria stagionale; Galloppa, invece, ha incassato una sconfitta amarissima in casa del Mainz, in Conference League. Si sarebbero persino litigate gli stessi profili di nuovo allenatore, in una settimana uscita direttamente da un thriller pasticciato. Ma rieccole, Genoa e Fiorentina, in campo per una domenica da brividi, divise dalla miseria di due punti, quelli che hanno consentito al Grifone di non presentarsi da ultimo in classifica allo scontro con l’altro fanalino di coda: la differenza la fa il gol di Ostigard a Reggio Emilia, altrimenti avrebbero fatto davvero pari in tutto.

 

E in questa voglia di uscire dalla crisi c’è anche un vago richiamo al passato. Paolo Vanoli è uno dei nomi decisivi per l’ultimo trionfo della storia viola, la Coppa Italia del 2001, targata Terim e Mancini, rocambolesco avvicendamento in corso d’opera tra l’Imperatore e il Mancio in una Fiorentina che annusava già i miasmi della crisi. Segnò lui, da ex, il gol che piegò il Parma nella finale di andata. Torna e deve mettere insieme i cocci di una squadra che pare costruita senza troppo pensiero: tre prime punte, un trequartista intristito rispetto ai fasti genoani, tantissime mezze ali, la sensazione che qualunque sia il modo di assemblare il tutto possa finire male. Sembra tutto apparecchiato per il 3-5-2 caro all’ex tecnico di Torino e Venezia, ma servirà del lavoro per far sì che funzioni: con Pioli, del resto, è andata malissimo.

 

Daniele De Rossi riparte invece dallo stadio in cui tutto era finito, tant’è che non sarà in panchina per squalifica, incomprensibile atto di burocrazia a oltre un anno dalla sua ultima comparsata giallorossa. Aveva lasciato il campo del Ferraris espulso, con la Roma in vantaggio: nella pancia di Marassi aveva sentito il boato del pubblico, la rete di De Winter. Mai, nemmeno in quel momento, avrebbe però pensato che sarebbe stato esonerato da lì a poche ore. Trova una squadra che potrebbe incarnare ciò che gli piace: avrà il compito di valorizzare una batteria di giocatori tecnici finiti ai margini con Vieira. Ma dovrà anche trovare gol in un organico che non sembra avere un nove fatto e finito: troppo sciupone Colombo, ancora molto giovane Ekhator, più adatto a subentrare a gara in corso Ekuban. Genoa-Fiorentina sarà attraversata da brividi e ricordi, dalla paura di non farcela, dalla voglia di non pensarci più. La necessità di dimenticare per ripartire.

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Autore
Il Foglio

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