Genova, i palazzi nobiliari aprono le porte per due weekend: la nostra guida per scoprire le meraviglie nascoste del centro storico (e non solo)
- Postato il 24 aprile 2025
- Viaggi
- Di Il Fatto Quotidiano
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Inutile negarlo: si parla di Genova e subito arriva alla mente il pensiero di Cristoforo Colombo, celebre esploratore che qui trascorse la sua giovinezza, prima di imbarcarsi verso le grandiose imprese vissute per l’Oceano. Ma Genova è anche la città dei cantautori, da Luigi Tenco a Fabrizio De André, del pesto e della focaccia. Con un centro storico, il più grande d’Europa, che offre scorci suggestivi, negozi etnici e locali di tendenza. E quei caruggi dove convivono culture, profumi e lingue diverse.
Genova te la immagini città di porto, operosa, perfino un po’ misteriosa, segreta. Ma che ti sa sorprendere, svelando con naturalezza palazzi meravigliosi, come i Palazzi dei Rolli (durante Euroflora – 13esima Mostra internazionale di piante e fiori – , nei week end del 26-27 aprile e 3-4 maggio ci saranno i Rolli Days: si apriranno le porte dei palazzi nobiliari), le antiche dimore dell’aristocrazia mercantile, oggi patrimonio Unesco, che nascondono al loro interno tesori che solo i Genovesi conoscono.
E genovese è Mariangela Rossi, giornalista e autrice del libro “Genova in Jeans”, la storia del tessuto più iconico del mondo da scoprire tra le pagine dei “Libri della Buonanotte” del Gruppo Duetorrihotels, di cui l’Hotel Bristol Palace fa parte, perla del Liberty – con nuova suite presidenziale La Superba, inaugurata da Alberto di Monaco -, a due passi da piazza de Ferrari. Una raccolta esclusiva, edita Minerva edizioni, dedicata alle città d’arte – Genova, Bologna, Verona e Firenze – viste attraverso una lente particolare. Un racconto curioso e intrigante che riporta a tempi lontani, tra profumi di salsedine, rumore del vento, voci dei lavoratori che rimbombavano tra i muri alti e scrostati, con la tipica parlata e le battute in dialetto. Qui la storica tela di colore blu veniva creata e usata per la fabbricazione delle vele delle navi e per i teloni di copertura, essendo resistente, facilmente lavabile e duratura. Originariamente chiamato “Blu de Genes” o “Blu di Genova”, il fustagno genovese color indaco arrivò – con le migrazioni che ci furono intorno all’Ottocento – in America dove, per la sua alta resistenza e il prezzo contenuto, iniziò a essere utilizzato per creare abiti da lavoro destinati ai minatori. Ed è proprio qui che il nome originario della tela si trasformò in blue jeans, oggi utilizzato in tutto il mondo.


E a proposito di tela blu: una visita d’obbligo è da fare alla bottega storica Lucarda (gestita dalla famiglia Lucarda dal 1920) in Sottoripa 61 R, negozio fuori dal comune, specializzato in abbigliamento marinaresco e in jeans (hanno anche un originale Vintage Jeans corner). Per veri lupi di mare! Da non perdere, lo store inJeans (Gino Repetto), Via Garibaldi 10 R, per ammirare il foulard di Simon Clavière-Schiele, designer parigino specializzato in opere tessili. Il JeansWar Blue di Simon è un foulard in seta che assomiglia ad una narrazione simbolica, con dettagli come i fiori di cotone, i cristalli di indaco, la Lanterna di Genova, la Maison Carrée di Nîmes, la corsa dell’oro. Se la versione originale e unica è solo esposta, si possono comunque ammirare e acquistare fedeli riproduzioni in cui la seta dialoga con la storia.


Tra le mete più ricercate per chi visita Genova, sicuramente il Porto Antico, il Galata Museo del Mare e la Lanterna, simboli del profondo rapporto tra la città e il mare. Uno dei luoghi più spettacolari è il Museo Diocesiano, situato nel chiostro medievale dei canonici di San Lorenzo, che custodisce il cinquecentesco ciclo della Passione di Cristo: 14 grandiose tele blu monocromi, dipinti a biacca (tempera bianca a base piombo) su quella fibra di lino color indaco, considerata l’illustre antecedente del jeans. Provenienti da un’abbazia in Val Polcevera, le tele, databili tra il 1538 e la fine del XVII secolo, e attribuite in parte al pittore Teramo Piaggio, si ispirano alle incisioni di Albrecht Dürer e pare costituissero un apparato effimero allestito in chiesa per la Settimana Santa. Acquistati nel 2001 dallo Stato Italiano, fanno parte della Collezione tessile della Soprintendenza della Liguria.





Tra le strette vie del centro storico scoviamo la Confetteria Romanengo, piccolo gioiello della tradizione dolciaria italiana. Entrare qui è come fare un salto indietro nel tempo, dove si usano ancora le antiche tecniche di canditura. È la più antica confetteria d’Italia, amata da Giuseppe Verdi e Umberto di Savoia che, per le nozze con Margherita, volle i suoi frutti canditi, con una storia che risale al 1780 e si perde tra scaffali di canditi, confetti e pastiglie dolci, che con il tempo sono diventati patrimonio di tutta Genova.
Una chicca? Nel Ponente metropolitano, Pra’ è da sempre sinonimo di basilico, che qui trova condizioni microclimatiche perfette, come si racconta. Si possono visitare le serre (tappeti profumatissimi di migliaia e migliaia di piantine), si impara a preparare il pesto genovese secondo l’antica ricetta al mortaio (si produce qui e va direttamente nel vasetto!) e infine lo si può gustare sui terrazzamenti panoramici, vista golfo di Genova.
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