Gergiev non dirigerà in Italia: l’opposizione politica ferma il maestro russo
- Postato il 22 luglio 2025
- Di Panorama
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Dalla forza del destino alla forza del cretino, si sa, il passo è breve. E così il maestro russo Valery Gergiev non suonerà l’opera di Verdi che era in programma il 27 luglio per la rassegna Estate da Re, alla reggia di Caserta. E non suonerà nemmeno il Bolero di Ravel e tanto meno la sinfonia n. 5 di quell’altro pericoloso putiniano di Cajkovski. Ha vinto la forza del cretino: no pasaran i contrabbassi, tutti in trincea contro i violoncelli, questo concerto non s’ha da fare. L’Occidente mostra finalmente i muscoli e spezza le reni al mi minore, forse anche al sol maggiore, sempre in attesa del sol dell’avvenire. Non riuscendo a fermare l’avanzata dell’Armata Rossa, i noti eurocombattenti da divano si sono limitati a fermare l’avanzata della musica di Verdi, noto collaborazionista del regime putiniano insieme ovviamente al direttore d’orchestra Gergiev. Per fortuna la battaglia è stata eroicamente vinta: Valery non suonerà a Caserta. Niente Estate da Re. Al massimo un’estate da reietto.
Fiato alle trombe, dunque, ma soprattutto fiato ai tromboni. I quali, mi pare, sono gli unici che possono continuare a suonare indisturbati attorno alla Reggia di Caserta. È stata grande, infatti, la mobilitazione contro il direttore Gergiev, l’amico di Putin, il collaborazionista, «arma lampante di infiltrazione culturale»: firme di intellettuali, petizioni on line, articoli di giornale, conferenze stampa di politici indignati. Ora per fortuna possiamo assistere al trionfo di tutti gli eroici combattenti della resistenza sinfonica, con in testa i nostri Pina Picierno, Carlo Calenda, Riccardo Magi, per non dire del ministro della Cultura Alessandro Giuli, che quando c’è da farsi notare ci riesce sempre (e infatti aveva parlato del concerto di Gergiev come di «propaganda» e di «messaggio sbagliato»). Resta solo da capire da tutti questi feroci e integerrimi anti putiniani, ministro compreso, come giustificano il fatto che nel 2024 l’Italia ha aumentato le importazioni di gas della Russia, arrivando a 6 miliardi di metri cubi, 4 in più rispetto alle 2023, record in Europa. Forse che dalla Russia si può importare il gas e non la sinfonia di Cajkovski? Forse che l’infiltrazione di un clavicembalo è più pericolosa che un’infiltrazione di affari?
L’annullamento del concerto è stato deciso dalla direzione della Reggia di Caserta. Nella motivazione si dice che si «temevano manifestazioni di protesta» da parte degli ucraini. Non è meraviglioso? Difendiamo la democrazia a tal punto che abbiamo paura delle manifestazioni democratiche. Difendiamo la civiltà a tal punto che cancelliamo la manifestazione più alta della nostra civiltà, che è la musica. Resta solo un dubbio: il 13 agosto a Torre del Lago per il Festival di Puccini si esibirà la pericolosa soprano russa Anna Netrebko, amica di Putin pure lei. Che cosa aspettiamo a cancellarla? E il 5 agosto è previsto a Bologna il concerto del pericoloso pianista russo Alexander Romanovsky, collaborazionista di Putin pure lui. Che cosa aspettiamo a cancellare pure quello? (Il concerto, infatti, è stato cancellato, ndr.) E poi, se la musica è davvero una forma di propaganda putiniana, perché non la vietiamo direttamente? Perché non proibiamo ai negozi di dischi di vendere pericolosi compositori russi come Cajkovski? E già che ci siamo perché non impediamo alle librerie di vendere pericolosi autori russi come Dostoevski? Non c’è il rischio che qualche ucraino protesti davanti allo scaffale della letteratura russa? Che si opponga all’infiltrazione di Tolstoj nella cultura occidentale? E perché non diamo una bella ripulita anche alle nostre biblioteche? Così mettiamo al riparo la nostra democrazia. E pazienza se dobbiamo rinunciare del tutto alla nostra intelligenza.
Ci siamo già passati, purtroppo. Abbiamo già visto cancellare le conferenze sui grandi autori della letteratura russa, abbiamo visto escludere dalla paralimpiadi gli atleti russi e abbiamo financo visto escludere dai concorsi felini i gatti russi, sospetti evidentemente pure loro di «infiltrazione putiniana». Adesso abbiamo fatto un altro passo in avanti su questa meravigliosa strada che porta alla vittoria della democrazia, del civile confronto e della pace fra i popoli: la cancellazione di un concerto. Non è stato dato nemmeno il tempo dal direttore d’orchestra di preparare l’exit strategy, che secondo alcuni era già pronta, inventandosi un altro impegno, un raffreddore improvviso, un’intossicazione alimentare. Niente: si è voluto dare una dimostrazione della forza culturale dell’Occidente, come solo Pina Picierno e Riccardo Magi detto fantasmino possono dare: porte sbarrate e non se ne parli più. Abbatteremo il fa diesis putiniano, distruggeremo il si bemolle del Cremlino. I Paesi che invadono, che aggrediscono, che bombardano e che massacrano i bambini, non hanno spazio nella manifestazioni culturali del nostro Paese. A meno che, naturalmente, non si chiamino Israele.
Resta un ultimo punto di questa meravigliosa sinfonia degli ipocriti. Un piccolo caso umano, marginale nel grande corso degli eventi, ma che merita di essere considerato. Ora come si riprenderà da questa vicenda Vincenzo De Luca? C’è da essere preoccupati. Pensateci: proprio lui, lo sceriffo, l’uomo duro, quello tutto d’un pezzo, quello sempre tagliente, sprezzante, quello che voleva il napalm contro chi non si vaccinava e il kalashnikov con chi si ostinava a vivere nonostante la pandemia, il governatore del mondo, il grande leader, il comandante in capo, il ras della Campania, bene: ha sostenuto per settimane, con parole di buon senso, che il concerto di Gergiev si doveva fare, che la cultura non ha nulla a che fare con la propaganda, che la musica è fatta per unire non per dividere. Difficile dargli torto. E invece gli hanno dato torto. Proprio lì, a casa sua. Uno sgarbo. Un affronto. Lui voleva che si suonasse, e invece è finito suonato. Voleva la forza del destino. E invece, persino lui, è stato travolto dall’immensa forza del cretino. Una prece.