Gesù disse: cerchiamo di capire il significato della parabola dei talenti, regola di umiltà che vale sempre
- Postato il 23 novembre 2025
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Gesù disse: cerchiamo di capire il significato della parabola dei talenti, regola di vita e di umiltà che vale sempre.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 9,. 35), ha ammonito Gesù.
Non conta se abbiamo ricevuto 5 o 1 talenti, non conta se siamo nati duchi o plebei o contadini: non è dipeso dal nostro merito né dalla nostra scelta, è il caso o il destino o gli astri o la volontà di Dio.
Il nostro merito viene dopo.
La parabola dei talenti è una delle 4 ritenute autentiche e originali senza ombra di dubbio.
Secondo il biblista cattolico John Paul Meier, rispettato da Benedetto XVI e autore dei 5 volumi di “Un ebreo marginale”, quella dei talenti è una delle quattro parabole riferite dai Vangeli sinottici che si possono considerare autentiche cioè uscite con certezza originariamente dalla voce di Gesù (le altre essendo quella del seme di senape, Mc 4:30–32, Mt 13:31–32, Lc 13:18–19; dei vignaioli omicidi, Mc 12:1–11, Mt 21:33–43, Lc 20:9–18; e del banchetto nuziale, Mt 22:2–14, Lc 14:16–24).
Ne abbiamo due versioni, una di Matteo e una di Luca, simili nella struttura e nella sostanza, diverse nella entità dei valori in gioco. Matteo parla di talenti, Luca di mine.
Un talento valeva 22 mesi di lavoro di un operaio, la mina poche giornate. La parola talento è arrivata fino a noi nel significato traslatorio di dote congenita. La mina c’è ancora ma vuol dire altra cosa.
Secondo Meier le due versioni sono arrivate a noi da differenti tradizioni e autonomamente ai due evangelisti. Che poi una volta Gesù abbia parlato di talenti e una di mine dipende sicuro dal fatto che la avrà ripetuta chissà quante volte, chissà con quante varianti.
Gesù nel Vangelo secondo Luca

(Lc 19,11-28) Gesù disse: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».
La versione di Matteo
Matteo scrive (Matteo 25,14-30):
“Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.
Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: ‘Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque’.
‘Bene, servo buono e fedele- gli disse il suo padrone- sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone’.
Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: ‘Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due’.
‘Bene, servo buono e fedele -gli rispose il padrone- sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone’.
Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: ‘Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo’.
Il padrone gli rispose: ‘Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti’.”
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La parabola dei Talenti
Il racconto di Gesù nota come la parabola dei talenti è un metro di vita anche nel XXI secolo.
Nella parabola dei talenti, una delle 4 ritenute autentiche e originali senza ombra di dubbio, c’è l’essenza della nostra ragione di vita.
Abbiamo avuto 5 o 1 talenti, siamo nati duchi o plebei o contadini ma non è dipeso dalla nostra scelta: è il caso o il destino o gli astri o la volontà di Dio.
Il nostro merito viene dopo.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 9,. 35), ha ammonito Gesù.
E sul rapporto fra quel che hai avuto e quello che hai dato al tuo prossimo si baserà la misura del giudizio divino.
Secondo il biblista cattolico John Paul Meier, rispettato da Benedetto XVI e autore dei 5 volumi di “Un ebreo marginale”, quella dei talenti è una delle quattro parabole riferite dai Vangeli sinottici che si possono considerare autentiche cioè uscite con certezza originariamente dalla voce di Gesù (le altre essendo quella del seme di senape, Mc 4:30–32, Mt 13:31–32, Lc 13:18–19; dei vignaioli omicidi, Mc 12:1–11, Mt 21:33–43, Lc 20:9–18; e del banchetto nuziale, Mt 22:2–14, Lc 14:16–24).
Alla versione di Matteo si aggiunge quella di Luca, simile nella struttura e nella sostanza, diversa nella entità dei valori in gioco. Matteo parla di talenti, Luca di mine.
Un talento valeva 22 mesi di lavoro di un operaio, la min poche giornate. La parola talento è arrivata fino a noi nel significato traslatorio di dote congenita. La mina c’è ancora ma vuol dire altra cosa.
Secondo Meier le due versioni sono arrivate a noi da differenti tradizioni e autonomamente ai due evangelisti. Che poi una volta Gesù abbia parlato di talenti e una di mine dipende sicuro dal fatto che la avrà ripetuta chissà quante volte, chissà con quante varianti.
La versione di Matteo
Matteo scrive (Matteo 25,14-30):
“Un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque.
Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: ‘Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque’.
‘Bene, servo buono e fedele- gli disse il suo padrone- sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone’.
Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: ‘Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due’.
‘Bene, servo buono e fedele -gli rispose il padrone- sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone’.
Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: ‘Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo’.
Il padrone gli rispose: ‘Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti’.”
La versione di Luca
Gesù disse dunque: “Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: ‘Impiegatele fino al mio ritorno’.
Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasceria a dire: ‘Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi’.
Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: ‘Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. Gli rispose: ‘Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città’.
Poi si presentò il secondo e disse: ‘La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. A questo disse: ‘Sarai tu pure a capo di cinque città’.
Venne poi anche l’altro e disse: ‘Signore, ecco la tua mina, che ho tenuto riposta in un fazzoletto; avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato’.
Gli rispose: ‘Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi’.
Disse poi ai presenti: ‘Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci’.
Gli risposero: ‘Signore, ha già dieci mine!’
Vi dico: ‘A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me’.”
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