Giambellino a mano armata, il nuovo clan dello spaccio nel quartiere cantato da Gaber: “Ho 300 colpi, faccio la guerra”

  • Postato il 20 novembre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Armi e cocaina. Radio malavita gracchia forte: “Con la mitraglietta ho otto caricatori da 36, sai che significa? Trecento colpi, e andiamo!”. “Bamba, bamba!”. Un bel cocktail che oggi a Milano, nonostante i tanti decreti sicurezza sbandierati dal governo, va di gran moda. Al bancone lo servono organizzazioni sempre più robuste che spacciano grammi ad avvocati, giudici, politici e che nei blocchi di cemento della periferia raccolgono consenso sociale alimentando i testi di giovani trapper. A far da timone, a partire dal 2023, le indagini sulla banda del quartiere Barona. Ultima in ordine temporale quella sulla Super Mamacita Katia Adragna, narco-madrina legata al gruppo di Nazzareno e Luca Calajò. Un clan che ricorda, per forza e ramificazioni, quello della Magliana e che come la banda romana sembra una matrioska.

E così il gioco delle bambole mostra oltre al gruppo sovrano della Barona altre batterie di trafficanti che tengono in mano la città. L’ultima e inedita controlla lo storico quartiere del Giambellino, quello del Cerutti Gino cantato da Giorgio Gaber. Ma qui oggi non è più tempo di nebbia e romanticherie, qui il sapore è quello metallico delle armi e dello spaccio en plein air. Con i “cavallini” che, cresciuti alla scuola di Katia Adragna e dei grandi boss, sognano di indossare abiti da trafficanti. Massimo Caivano è un milanese di 47 anni. Al Giambellino tra i civici 64 e 59 è il ras. Dice: “Prima di tutto comando io, sempre e comunque”. Ne parla con Giovanni Licausi, giovane siciliano di 32 anni, il quale dopo aver lavorato per Katia Adragna vuole mettersi in società con Caivano: “Ma se io dovessi venire a lavorare pure, perchè voglio portare persone”. In batteria poi ci sono i fratelli Simula, Davide e Francesco che qualche problema lo hanno con Tony Faraci, trapezzista della cocaina tra il Giambellino e il cuore della Barona, ma soprattutto pistolero dal grilletto facile.

Armi, dunque. Per difendersi e attaccare. Armi da guerra, bombe a mano, mitragliette. E sì perché seguendo i neofiti del Giambellino style si incappa in una Santabarbara che dovrebbe allarmare politica e Comune di Milano. Invece nulla. E così liberamente, fino a pochi giorni prima di finire in carcere assieme alla mamacita e altri manager della coca, Toni Faraci, bolognese trapiantato sotto al Duomo, si permetteva di scendere dall’auto pistola in pugno e colpo in canna. Perché le microspie oltre alle parole ascoltano anche i rumori. Così negli atti si legge: “La registrazione fornisce la prova inequivocabile che Faraci sia in possesso di una pistola visto che, quando lui esce dall’autovettura, scarrella la pistola per inserire il colpo in canna, generando in tal modo il tipico rumore causato dalla predetta operazione”.

A Faraci, stando agli atti d’indagine, la mosca al naso salta non di rado. Anche per stupidaggini come un caricatore del cellulare che non gli vogliono prestare: “Adesso ti ammazzo! Ti sparo ti giuro! Se mi arrestano ti ammazzo! Vai su, infame!”. Finisce così che il gruppo del Giambellino più che organizzato sembra comporsi da “indiani metropolitani” pronti a tutti. I fratelli Simula, vista la loro vicinanza con Martina M. che tempo addietro aveva avuto un relazione con Faraci, temono ritorsioni e si preparano alla guerra: “Ah bè, io devo vivere con la paura che tu mi vieni a sparare?! Eh?! Ma che cazzo me ne fotte a me di lui!! Se troviamo i colpi della Glock gli do due colpi in testa!! M’ha cagato la minchia. La pistola ce l’abbiamo a casa, nell’armadietto. Mi mancano i proiettili della Glock, chiama chi cazzo vuoi e trovaci i proiettili della Glock!!”. Faraci del resto viene definito dagli inquirenti come “soggetto di elevato spessore criminale, che pure si ritiene sia in possesso di diverse armi clandestine e relativo munizionamento”. Una di queste, la mitraglietta, per un po’ l’ha tenuta come foto profilo su Whatsapp fino a quando un amico gli ha consigliato di toglierla.

Quali siano queste è comunque lo stesso Faraci a raccontarcelo intercettato in auto con due amici. E così il Giambellino style diventa far west metropolitano: “Pensa se mi trovavano le armi (…). Una 38, una Glock, menomale che le ho portate qua. Una 38, una 9×21, una mitraglietta, ho la 857 magnum. Otto caricatori, la mitraglietta! Da trentasei! Sai che significa? Trecento colpi! E andiamo! La guerra faccio solo con quello! Mi chiamo John Rambo. Aspetta aspetta dopodomani mi arrivano quattro ananas, le bombe a mano! Così me le metto addosso! Con le catenelle! Venite, venite!”. Corrono le parole come corre la Fiat Punto lungo le strade dal Giambellino alla Barona.

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Il Fatto Quotidiano

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