Giustizia: chi sbaglia paga, ma le toghe molto meno

  • Postato il 22 novembre 2025
  • Di Panorama
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Una fiammante Porsche Cayenne, concessa in comodato per un anno e mezzo. E poi una Mercedes e un’altra Porsche, comprate a prezzi di favore. O la Range Rover, rivenduta allo stesso prezzo dell’acquisto. L’ex giudice di Caltanissetta, ora in servizio a Palermo, adorava le auto di lusso. E i due imputati, titolari di una concessionaria, l’hanno assecondato. Uno di loro era stato accusato di favoreggiamento a Cosa nostra: assolto da quel magistrato e poi condannato in appello. Una delle ultime decisioni del Consiglio superiore della magistratura racconta l’ennesima storia di intrighi e passioni: il giudice che avrebbe ottenuto macchine e vantaggi «da due imprenditori coinvolti in procedimenti penali da lui trattati». Apocalittica la conclusione: mina la «credibilità dell’intero ordine giudiziario». Più accomodante la conseguenza: stipendio e carriera bloccati per due anni. Può serenamente proseguire il suo lavoro nel tribunale palermitano.

Csm, riforma e Alta Corte

C’è poco da sorprendersi. I supposti illeciti dei magistrati sono valutati dalla sezione disciplinare del Csm. La riforma della giustizia, però, prevede di trasferire questa funzione a un’Alta corte. «Quando un giudice domani dovesse sbagliare, finalmente se ne assumerà anche la responsabilità» dice la premier, Giorgia Meloni. Il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, in un’audizione al senato ha invece esplicitato il rovello della categoria: «Come si fa a valutare fino in fondo il momento patologico, se non si conosce nel dettaglio quotidianamente quella che è la fisiologia del sistema e del funzionamento?». Insomma: solo un togato dovrebbe giudicare un togato. Ma il problema, appunto, sembra proprio questo. «L’Alta corte garantirà maggiore indipendenza» assicura Carlo Nordio, il ministro della Giustizia, «Sarà un organismo composto da elementi altamente qualificati». Era già prevista nella Bicamerale voluta da Massimo D’Alema, quasi trent’anni fa. «È un’idea che nasce per superare un sistema correntizio che tutti definiscono deviato e inaccettabile» aggiunge Nordio. Il presidente della Repubblica continuerà a presiedere i due Csm previsti dalla riforma, mentre l’Alta corte sarà indipendente: «Per evitare di conferirgli responsabilità incompatibili con la sua carica».

Il referendum e la battaglia delle toghe

La battaglia per il referendum s’annuncia campale. Il nuovo tribunale supremo è uno dei punti più sgraditi dalla categoria. Eppure, i dati sono eloquenti. L’aneddotica si spreca. I magistrati non pagano quasi mai. E le rarissime volte in cui capita, le sanzioni sembrano simboliche. Un mese fa, per esempio, la Corte d’appello di Brescia conferma la condanna a otto mesi a Fabio De Pasquale, già aggiunto a Milano, e Sergio Spadaro, ex pm della procura meneghina: hanno nascosto le prove nel processo Eni. S’è concluso nel 2022 con l’assoluzione di tutti gli imputati. De Pasquale, comunque, resta un mito assoluto per i giacobini tricolore. Riecheggia ancora lo scalpo più leggendario. È l’unico pm che è riuscito a far condannare Silvio Berlusconi, per la frode fiscale sui diritti televisivi. Poi, però, arriva la nemesi: «Hanno utilizzato solo ciò che poteva giovare alla propria tesi» scrivono i giudici bresciani, «tralasciando chirurgicamente i dati nocivi».

Il caso De Pasquale e la decisione del Csm

La sentenza è stata preceduta da una pirotecnica decisione del Csm, che aveva deciso di non confermare il delicatissimo incarico di aggiunto: «Risulta dimostrata l’assenza in capo al dottor De Pasquale dei prerequisiti della imparzialità e dell’equilibrio, avendo reiteratamente esercitato la giurisdizione in modo non obiettivo né equo rispetto alle parti nonché senza senso della misura e senza moderazione». Comunque, niente paura: l’irreprensibile continua a fustigare: rimane un agguerrito pm della procura milanese. Come Spadaro, del resto: adesso lavora per la procura europea antifrode.

Il caso Colace

Anche Gianfranco Colace resta un alfiere della magistratura di Torino, nonostante la decisione del Csm dello scorso marzo: trasferimento a Milano, passaggio al civile, perdita di un anno di anzianità. Gli contestano cinquecento intercettazioni all’ex senatore del Pd, Stefano Esposito. Viene rinviato a giudizio ancor prima della richiesta di autorizzazione a Palazzo Madama per l’uso di 151 telefonate. L’inchiesta ipotizza uno scambio di favori con un imprenditore. Il processo dura sette anni. Alla fine, Esposito è prosciolto da ogni accusa. Colace, qualche mese dopo, viene sanzionato. Il 18 luglio scorso sono pubblicate le motivazioni: «Grave violazione di legge determinata da negligenza o ignoranza inescusabile». Un mese fa, però, il Csm capovolge il suo giudizio. Niente passaggio a Milano. Colace deve restare a Torino.

Ritardi, omissioni e sanzioni lievi

I magistrati d’Italia sono giudicati eccellentissimi. «Non esiste al mondo, credo, un organismo in cui i suoi componenti sono sempre considerati bravissimi» dice Nordio. La Procura generale della Cassazione rivela gli ultimi dati. Nel 2024, sono stati segnalati 1.715 magistrati: quasi due terzi dei casi risultano già archiviati. «Il 95 per cento e passa finisce nel nulla» aggiunge il ministro. In effetti, l’anno scorso si contano ottanta azioni disciplinari, mentre il Csm ha emesso novanta sentenze. Insomma, cifre piuttosto esigue. A quel punto, la giustizia è almeno uguale per tutti? Macché: 38 archiviazioni, 28 assoluzioni, ventiquattro condanne.

Le sentenze mai depositate

C’è il giudice che in cinque anni deposita 29 sentenze civili «con ritardo superiore al triplo del termine previsto». Per altre 119, la lentezza è persino maggiore: «Superiore a 200 giorni dalla data di riserva». Il record? Una sentenza dopo 2.555 giorni. Il giudice si difende: carenze d’organico e problemi di salute dei familiari. Ma ha già sei condanne simili. Stavolta: due anni di sospensione e trasferimento.

Le omissioni più gravi

Illuminante anche la storia del pm che seppellisce per lustri le accuse di abusi sessuali su minori. I bambini avevano reso dichiarazioni «univoche e coincidenti». L’inerzia dura sedici anni. Risultato: sei mesi di sospensione.

Errori fatali e censure blande

Tra le decisioni c’è il magistrato che tarda l’ordine di arresto: il condannato resta libero sei mesi e commette un duplice omicidio. Anche qui, solo una censura. O il giudice che lascia in carcere un imputato per quasi due anni in più, per errore. Ancora censura.

Conflitti d’interesse e leggerezze

Poi il giudice in conflitto d’interesse: vacanze, cene e telefonate quotidiane con gli avvocati delle società coinvolte. Quegli avvocati ottengono incarichi milionari. La sanzione? Perdita di un anno di anzianità.

Assoluzioni a pioggia

Assai più corposo il catalogo delle assoluzioni. C’è il marito che scrive al collega per difendere la moglie: caso isolato. Il giudice che tiene in carcere un imputato sei mesi di troppo: nessuna sanzione. L’estensore di commenti sessisti sui social: irrilevante. L’anti governativo che insulta un ministro su Facebook: nessuna eco mediatica, quindi nessun problema.

Autore
Panorama

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