Giustizia, più che agenti serve la certezza della pena

  • Postato il 26 novembre 2025
  • Di Panorama
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Milena Gabanelli ha scritto sul Corriere della Sera un lungo articolo per spiegare che cos’è propaganda e cosa realtà a proposito di criminalità e sicurezza. L’ex conduttrice di Report nel suo Dataroom ha passato in rassegna le dichiarazioni di Giorgia Meloni, a proposito di nuovi agenti e di inasprimento delle pene per contenere l’aumento dei reati. Il succo del discorso è più o meno il seguente: anche se il governo ha assunto 37 mila poliziotti e carabinieri e altri 31 mila verranno assunti l’anno prossimo, l’organico delle forze dell’ordine continuerà a essere in deficit di 30 mila uomini. Quanto alle pene più severe, scrive Gabanelli, che senso ha aumentarle se poi non si è in grado di applicarle? Insomma, secondo la giornalista la realtà dei fatti sarebbe diversa da come viene presentata.

L’organico non basta

Chiariamo subito: i dati pubblicati da Gabanelli sono corretti. Infatti, rispetto al passato, per effetto del blocco delle assunzioni dei governi precedenti, all’organico delle forze dell’ordine mancano ancora decine di migliaia di agenti. Ma siamo sicuri che la questione della criminalità di cui si lamentano gli italiani si risolva assumendo 10, 20 o 30 mila uomini in divisa? Avendo a che fare spesso con loro, io mi sono convinto di no. Non sono i numeri… a poter cambiare la situazione perché, se le forze dell’ordine non possono fare il loro mestiere, che è prevenire i reati e arrestare i colpevoli, è evidente che i delinquenti continueranno a restare in libertà e dunque a rubare, scippare e stuprare. Il tema vero con cui dobbiamo fare i conti è lo scoramento degli agenti, i quali non soltanto vedono rimesso immediatamente in libertà chi hanno appena fermato, ma si rendono conto che in una colluttazione con un criminale a rischiare di più sono loro. Dunque, o lasciano il delinquente libero di scappare o, se non vogliono voltarsi dall’altra parte, chiedono il trasferimento a un ufficio più tranquillo, dove non rischiano di finire sul banco degli imputati al posto di chi compie reati. Risultato: in strada vanno agenti inesperti, giovani alle prime armi di cui spacciatori e ladri spesso si fanno beffe.

Le statistiche parlano chiaro

Che il problema non sia l’organico non lo dicono soltanto i poliziotti, ma anche le statistiche. Lo scorso anno l’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica, ufficio studi diretto da Carlo Cottarelli, mise a confronto le nostre forze dell’ordine con quelle di altri Paesi europei, per capire se vi fosse una correlazione tra sicurezza e numero di agenti. Beh, su 27 Paesi che fanno parte dell’Unione noi ci collocavamo al settimo posto, con forze superiori a quelle di Spagna, Francia e Germania, Belgio, Svezia e così via. Più dell’Italia ne avevano solo Cipro, Croazia, Grecia, Portogallo, Bulgaria e Malta, non i grandi Paesi. Anni fa, Il Sole 24 Ore mise a confronto i reati all’interno della Ue con il numero di agenti. L’Italia, con 452,7 uomini delle forze dell’ordine ogni 100 mila abitanti, aveva 1.867 furti ogni 100 mila abitanti, la Germania con 297,3 ne aveva 1.570, ovvero quasi 300 reati in meno nonostante a controllare il territorio ci fossero 150 poliziotti in meno. Stesso discorso per la Spagna, con 361 agenti e 351 furti, mentre a Malta, con 505 uomini in divisa, le ruberie superavano quota duemila. In pratica, se si osservano i numeri si capisce che a fare la differenza non sono 100 carabinieri in più. Certo, la presenza aiuta. Ma se poi il criminale è rimesso in libertà, di forze di polizia se ne possono avere anche mille ogni 100 mila abitanti e le cose non cambiano. Se una persona viene arrestata ma poi rilasciata può continuare a rubare, rapinare e stuprare e gli agenti possono al massimo procedere a un altro arresto.

Il nodo: l’applicazione delle pene

Il tema, dunque, è l’applicazione delle pene, che è sempre difficile, perché è a discrezione della magistratura. A decidere se lasciare libero un ladro è un giudice, sulla base dell’interpretazione della legge. Se il tribunale non convalida il trattenimento di un clandestino e poi quell’immigrato compie un crimine, la soluzione non consiste certo nell’aumentare l’organico dei poliziotti. Tutta colpa dunque delle toghe? No. Anche la politica ci mette del suo. Ricordate il ministro della Giustizia Marta Cartabia, del governo Draghi? Sua è la legge per snellire gli arretrati della giustizia. In pratica, alcuni reati sono perseguibili solo a querela di parte. Anche se gli agenti arrestano un ladro con le tasche piene di refurtiva è necessario che le vittime facciano la denuncia, altrimenti il malvivente viene rimesso in libertà pure se c’è la prova del reato. Il problema è questo: per diminuire l’arretrato dei tribunali si depenalizzano i reati e quando le prigioni scoppiano si passa all’indulto, cioè alla cancellazione della pena, rimettendo in libertà ladri e spacciatori. Non sono gli organici delle forze dell’ordine il problema, ma gli sconti sulle condanne e, prima ancora, i colpi di spugna sui cosiddetti reati minori. Se qualcuno insulta o aggredisce un poliziotto, invece di essere messo dietro le sbarre è libero di andarsene a fare altri guai, come succede agli scalmanati che mettono a ferro e fuoco le città. Se si vuole affrontare il tema della sicurezza, oltre alle assunzioni bisogna dunque restituire il potere agli agenti, perché i ladri non li arresta l’esercito della salvezza ma la polizia.

Autore
Panorama

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