Gli album che hanno creato il sound del dark: Bauhaus, The Cure, Joy Division…

  • Postato il 27 aprile 2025
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Siete pronti per addentrarvi nelle sonorità più oscure? Nel viaggio di oggi parleremo degli album che hanno creato il sound del dark. Che poi, il dark probabilmente non può neanche essere definito come un vero e proprio genere musicale. Basti pensare che quello che noi chiamiamo “dark” e da cui facciamo derivare tutta una serie di sottogeneri, dal gothic al new romantic fino a un certo tipo di elettronica, per gli anglosassoni è invece una piccola parte di un grande genere contenitore che chiamano “gothic rock”. Non capita spesso che un genere musicale venga definito e pensato in maniere diverse a seconda dell’area geografica… Inoltre, a ben guardare, le caratteristiche musicali del dark non sono poi così esclusive: il basso effettato con il chorus in linee incisive e incalzanti, i ritmi dal sapore tribale delle batterie, le melodie a note singole delle chitarre e le voci pesantemente riverberate sono tratti in comune, ad esempio, con gran parte della new wave.

In effetti, il termine dark sembra essere un’abbreviazione di darkwave, definizione con cui alla fine degli anni Settanta si indicava una certa area della new wave particolarmente caratterizzata da atmosfere oscure. Il termine darkwave è poi passato ad indicare, in tempi più recenti, una delle evoluzioni elettroniche del dark o, se preferite, del gothic. Subito dopo, o addirittura durante, l’esperienza del punk, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, si cercavano nuove strade, nuove sperimentazioni. Il cosiddetto post-punk era un movimento che includeva miriadi di sfaccettature. Alcune di queste sperimentazioni attecchirono di più, ad esempio la new wave, altre però, come il dark, lasciarono segni indelebili. Già all’inizio degli anni Ottanta, diverse band new wave abbracciavano alcuni aspetti dell’estetica dark, tanto da rendere a volte difficile tracciare un confine netto.

I Birthday Party di Nick Cave, ad esempio nel loro album Ho Ho del 1981, si spingevano già al limite del dark. Come anche i Modern English in Mesh & Lace, sempre del 1981. Anche i Mission, che certamente rientrano nell’ambito generico del gothic rock, alle mie orecchie risultano però decisamente new wave: forse il loro God’s Own Medicine è l’album che più si avvicina al dark. E lo stesso si può dire degli And Also the Trees, che sempre nel 1986 hanno prodotto il loro album più scuro, Gathering Dust. E ancora, gli Echo & the Bunnymen, band squisitamente new wave, che però in Porcupine del 1983 si avvicinano molto al dark più puro. Ci sono poi gli esempi più vicini al pop, come Script of the Bridge, album del 1983 dei Chameleons, o gli Sugarcubes di Bjork, in particolare con il loro Life’s Too Good del 1988, o ancora i Cranes, che nel 1991 pubblicarono Wings of Joy.

Se l’aspetto più sperimentale del dark ha portato da una parte a estremizzazioni come quelle di Diamanda Galas, che nel 1990 pubblicò Plague Mass, una delle derive più longeve del dark è invece legata all’uso dell’elettronica, sia nella ritmica che nelle tastiere. It’ll End in Tears dei This Mortal Coil, pubblicato nel 1984, e Head Over Heels dei Cocteau Twins, uscito nel 1983, sono due ottimi esempi. Ma anche i Depeche Mode sono debitori rispetto all’esperienza del dark, insieme ai Jesus and Mary Chain, agli Psychedelic Furs, addirittura ai Diaframma. Ma entriamo più nello specifico ambito del dark.

Menzioni speciali

Il panorama del gothic rock e del dark è estremamente ampio, ma soprattutto variegato. In realtà, spesso ci troviamo di fronte ad artisti che hanno prodotto un album, o addirittura qualche brano dalle sonorità dark e che quindi vengono associati a quella scena musicale, anche se uno sguardo più ampio sulla loro produzione farebbe pensare ben altro. I Damned, ad esempio, vengono spesso definiti punk, e altrettanto spesso con reazioni di orrore da parte dei puristi del punk. I quali preferiscono identificarli come dark, nonostante in gran parte della loro produzione abbiano sostanzialmente fatto rock, anche se alla loro maniera. Nel 1985 hanno pubblicato Phantasmagoria, un album che di certo non è punk, ma che trovo difficile definire squisitamente dark, anche se le tematiche e alcuni stilemi musicali sono presenti. Una band che è già più coerente con il panorama dark sono i Danse Society, che nel 1984 hanno pubblicato Heaven is Waiting.

Dalla fine degli anni Ottanta, poi, il panorama si è ulteriormente ampliato, con l’avvento di tutta una serie di correnti e derivazioni dal dark. I Fields of the Nephilim, con il loro Dawnrazor del 1987, sono un buon esempio della tendenza a inserire venature oscure nell’ambito del rock più duro. Completamente un’altra storia si è sviluppata invece dall’incontro con l’industrial, tipico di band come i Nine Inch Nails, che nel 1989 hanno pubblicato Pretty Hate Machine, o come i francesi Corpus Delicti, autori nel 1993 di Twilight. Tra coloro che portano avanti una poetica vicina al dark in tempi moderni, un posto di rilievo spetta a Paul Roland. Pur non rientrando in un genere strettamente dark, Roland ha sviluppato una poetica legata a un sottogenere, lo steam-punk, che si rifà a un particolare genere letterario che ha molti punti in comune con l’estetica del dark. Il suo album White Zombie è uscito nel 2018. Anche in Italia abbiamo avuto esempi nobili di band dark, alcuni anche recenti. I napoletani Geometric Vision, ad esempio, sono una band contemporanea dalle sonorità fortemente dark: nel 2022 hanno pubblicato il singolo Luna.

The Cure, Seventeen Seconds

Quando si parla di dark, anche l’ascoltatore meno esperto pensa subito ai Cure di Robert Smith. Effettivamente, soprattutto nei loro primi album, i Cure hanno contribuito molto alla costruzione di un’identità musicale del dark. Seventeen Seconds è il loro secondo album, pubblicato nel 1980, dopo l’esperienza che aveva visto Robert Smith suonare la chitarra con i Siouxsie and the Banshees. La seconda traccia del lato B del vinile è la celeberrima A Forest, che credo possa essere considerata quasi un manifesto della musica dark. Nel video, un’esecuzione dal vivo nel 1981.

Siouxsie and the Banshees, Juju

Se i Cure sono forse il primo nome che viene in mente anche ai profani, Siouxsie con i suoi Banshees è senza dubbio la regina e la madrina del dark. Dallo stile nella presentazione alle scelte musicali, sono loro il gruppo di riferimento per chiunque sia venuto dopo. Juju, album del 1981, è il loro quarto lavoro, e rappresenta un buon esempio dell’aspetto di sperimentazione e ricerca che caratterizzava la band come gran parte della scena dark. Spellbound era la traccia di apertura e il primo singolo estratto.

Bauhaus, In the Flat Field

Pur essendo molto diversi dai due esempi precedenti, anche i Bauhaus sono a pieno titolo una bandiera del dark. In the Flat Field è il loro primo album, pubblicato nel 1980. Ma è anche il primo album pubblicato dall’etichetta 4AD, che in seguito avrebbe avuto un ruolo centrale nella produzione di band dark e nel tentativo di creare una vera e propria scena musicale intorno al genere. Il cantante dei Bauhaus Peter Murphy e il chitarrista Daniel Ash crearono in seguito altri progetti interessanti dopo lo scioglimento della band. Dark Entries, non inclusa nella pubblicazione originale, è la prima traccia dell’edizione in cd dell’album, uscita nel 1988.

Joy Division, Unknown Pleasures

Ancora altre atmosfere e altra band che è indubbiamente un pilastro del dark. Unknown Pleasures è il primo lp pubblicato dai Joy Division nel 1979, e l’unico uscito mentre il cantante Ian Curtis era ancora in vita. Contiene diverse tracce memorabili della band, tra le quali ho scelto She’s Lost Control, nel video eseguita dal vivo nell’unica apparizione televisiva dei Joy Division, nel 1979.

The Sisters of Mercy, First and Last and Always

Esaurito il doveroso omaggio ai quattro pilastri fondamentali del dark, addentriamoci ora in territori più insidiosi. I Sisters of Mercy sono in genere definiti a pieno merito come band gothic rock. Il loro album di debutto, First and Last and Always del 1985, è probabilmente uno dei pochi che mi sento di definire pienamente dark. È caratterizzato dall’uso di una batteria elettronica, oltre che dall’iconica voce di Andrew Eldritch e dalle tipiche chitarre distorte. Fra tutte le tracce che compongono l’album, ho scelto Marian, che credo sia rappresentativa del tipo di dark prodotto dai Sisters of Mercy.

Virgin Prunes, …If I Die, I Die

Nenche gli irlandesi Virgin Prunes possono essere definiti una band propriamente dark, ma certamente hanno prodotto del buon post-punk gothic rock. Il loro album di esordio, …If I Die, I Die del 1982, presenta però molti dei tratti caratteristici delle sonorità dark. Caucasian Walk è la penultima traccia dell’album.

Dali’s Car, The Waking Hour

Siamo nel 1984. Peter Murphy, ex Bauhaus, e Mick Karn, ex Japan, uniscono le forze con la collaborazione del batterista e percussionista Paul Vincent Lawford, che nell’album ha programmato le batterie elettroniche. Ne esce un album, l’unico della band, dal titolo The Waking Hour: un esempio di una delle evoluzioni del dark, in cui Mick Karn, oltre al caratteristico basso fretless, suona anche chitarre, tastiere e fiati. Nel video una rara esibizione in uno studio televisivo per The Old Grey Whistle Test. Qui la band suona su una base e Lawford suona una batteria vera. Il brano è la seconda traccia dell’album, His Box.

Clan of Xymox, Clan of Xymox

Album di esordio della band olandese, Clan of Xymox uscì nel 1985 per l’etichetta 4AD. I Clan of Xymox sono considerati fra i pionieri della darkwave, intesa come una delle evoluzioni del dark più legate all’elettronica, che negli anni Ottanta stava prendendo piede nel pop come in molti altri generi. A Day è la traccia di apertura dell’album, di cui vi propongo il video originale.

Dead Can Dance, Dead Can Dance

I Dead Can Dance sono una band australiana guidata dal duo Lisa Gerrad e Brendan Perry. Anche in questo caso, non si può parlare di una band propriamente dark, visto che gran parte della loro produzione è caratterizzata dalla ricerca di sonorità nuove, spesso attraverso l’uso di strumenti provenienti da tradizioni popolari di diverse parti del mondo. Il loro primo album, Dead Can Dance, pubblicato dalla 4AD nel 1984, è probabilmente l’unico che mi sento di definire dark. Anche questo album, comunque, è caratterizzato dall’uso di percussioni e dello yangqin, strumento tradizionale cinese. A Passage in Time è la terza traccia del lato B del vinile.

The Agnes Circle, Some Vague Desire

Tra le tante produzioni di elettronica che, in maniera più o meno esplicita, si rifanno al dark e ne traghettano l’estetica in tempi moderni, ho scelto The Agnes Circle. Si tratta di un duo turco, di base a Londra, che nella propria produzione elettronica mantiene viva un’anima squisitamente darkwave. Some Vague Desire è il loro unico album al momento, pubblicato nel 2016. Porcelain è la seconda traccia.

 

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